Da un’indagine svolta nel Regno Unito prendendo un campione di 1000 persone che consumano regolarmente vino, ? emerso che la recessione non intaccher? il consumo di vino. All’interno del paniere del consumatore tipo saranno al contrario penalizzati prodotti come birra, dolci/caramelle e bibite gassate. L’indagine, svolta da Wine Intelligence, offre dei risultati particolarmente confortanti tenendo [...]
Nell'ambito delle strategie di comunicazione dell'impresa, le pubbliche relazioni risultano uno strumento molto efficace a disposizione del management per raggiungere nello stesso tempo una pluralità di scopi e un pubblico molto ampio e variegato. Col termine di relazioni pubbliche, si intende il lavoro di ?ponte? tra l?azienda e gli interlocutori più qualificati (in particolare giornalisti, ma anche più in generale gli opinion leader del settore) utili alla conoscenza della qualità dei prodotti, dell?azienda stessa e delle persone che la formano. Si prende cura dell'immagine aziendale, ovvero dell'immagine che si vuole trasmettere ma anche e soprattutto dell'immagine percepita dagli interlocutori. Il suo intervento va armonizzato, in primis con gli obiettivi dell?azienda e di conseguenza con i responsabili dei settori commerciale e produttivo perchè gli obiettivi di mercato ed i prodotti per raggiungerli, vanno definiti insieme affinchè il lavoro di responsabile delle relazioni pubbliche, ne sia supporto e complemento. In sintesi, si occupa di promozione, ufficio stampa, pubbliche relazioni, supporto alla scelta di indirizzi qualitativi, supporto alla scelta di mercati, campagne pubblicitarie, etc Le pubbliche relazioni lavorano prevalentemente sulla notorietà , sulla credibilità e sulla reputazione dell'azienda e hanno anche un elevato impatto nella costruzione da parte dell'azienda della Customer Social Responsability (CSR), contribuendo a creare una immagine che risulti duratura nel tempo e che identifica e valorizza la mission o visione dell'azienda.
Le pubbliche relazioni on line
L'obiettivo principale della PR online è massimizzare i commenti positivi sulla propria azienda, marca, prodotto o sito web nei siti web di terzi che possono essere visitati con più probabilità dal proprio target audience. Internet offre la possibilità di fruire di un interazione ?a due vie? (interazione), per comunicare con opinion leader e giornalisti, clienti e di rafforzare la marca o immagine di impresa. Favorendo l'aumento del numero di utenti qualificati ad un determinato sito web, dei contatti;e conseguentemente amplificando le possibilità dell'aumento delle vendite; la ricerca di potenziali nuovi clienti; l'offrire informazioni a persone che stanno completando il loro processo d'acquisto; l'affermazione del brand. E? importante quindi monitorare le varie sfere della rete, con particolare riferimento ai blog, ai forum, ad usenet, per conoscere la reale percezione che il mondo esterno (addetti ai lavori e consumatori ) ha della azienda, quale sia la percezione del marchio e del prodotto e se questa percezione sia o non sia in linea con quella che vorremmo effettivamente trasmettere. Tra le attività delle Pubbliche Relazioni online ricordiamo: Comunicazione con i media (giornalisti), scambio links o ottenimento di links, redazione di materiale editoriale, partecipazione a Comunità e networks, analisi della conversazione in rete sui brand, servizio di monitoraggio e alert. Gli obiettivi, in sintesi, della programmazione di una attività on line: fornire informazioni a opinion leaders e al consumatore: _aumentare _popularity _aumentare sentiment _aumentare fidelizzazione _ottenere feedback dagli utenti finali _consolidare immagine _azienda/prodotto
Incede l'autunno, stanno per terminare le fatiche della vendemmia... A Soave si potr? festeggiare tutto ci? ascoltando alcuni "Canti di Bacco" in tre sedi: Venerd? 17 ottobre presso il Duomo di San Lorenzo alle 20.45 Sabato 18 ottobre presso l'Auditoriun...
Io non avr? la possibilit? di esserci, mannaggia a me!, impegnato come sar?, sempre in terra di rosati, anzi di Chiaretto, in un confronto tavola rotonda con i produttori di Bardolino. Invito per? chiunque si trovi nella Campania felix e abbia la possibilit? di raggiungere Battipaglia nel Salernitano, a non mancare oggi, dalle 21 all?alba, allo stuzzicante appuntamento denominato ?La grande notte del rosato: il meglio delle Due Sicilie?, ospitato marted? 15 luglio 2008 presso ?La Fabbrica dei Sapori?? antica fabbrica conserviera restaurata e trasformata in centro polifunzionale, con spazi dedicati alla valorizzazione e all?utilizzo dei prodotti tipici. L?evento, In diretta tv su Telecolore e sul canale satellitare 849 di SKY, coordinato dal giornalista del Mattino di Napoli ?Luciano Pignataro, recente Premio Veronelli, vedr? la partecipazione di un sacco di personaggi che sui rosati del Sud, nelle loro diverse espressioni, hanno parecchie cose interessanti da dire, ovvero
Silvia Imparato: il vino ? donna
Antonello Del Vecchio, segreteria nazionale Slow Food
Rita Abbagnale, Slow Food Campania
gli enologi Severino Garofano, Sebastiano Fortunato, Vincenzo Mercurio, Angelo Pizzi, Nicola Venditti: lezioni di rosato
Piernicola De Castris: il Five Roses e la leggenda del rosato
Marco Gallone, amministratore della Feudi di San Gregorio: le bollicine del rosato
Gerardo Giuratrabocchetti, Cantine del Notaio e Roberto Ceraudo, Dattilo: il legno del rosato
Andrea De Palma, Slow Food Castel Del Monte: l’Adriatico in rosa
Francesco Muci, Slow Food Neretum: Rosalento rosato show
e giornalisti, sommelier, operatori, i produttori presenti
Ci sar? anche, verso le 22, un collegamento audio dalla zona del Bardolino, con l?autore di questo blog
Nel corso della serata ? poi prevista la presentazione della favola ?Sorrisi di Latte? con Rosanna Marziale, chef Giovanni? Lamanna, direttore editoriale Edizioni Spartaco.
In diretta dentro la Fabbrica, a partire dalle ore 20, ci saranno seminari, degustazioni guidate, banchi d?assaggio. Si parte alle 20, con La filosofia francese, conversazione tenuta dal bravissimo Giovanni Ascione, relatore Ais sulla Francia, che presenter? un seminario sui vini rosati francesi: C?tes de Provence R?serve 2006 Domaine Saint Jean de Villecroze (cuv?e di Cinsault e Grenache) Touraine Pineau d?Aunis La Ros? 2007 Jean Fran?ois M?rieau (il Pineau d?Aunis ? un vecchio autoctono della Loira molto adatto a ros? speziati) Vin de Pays des C?tes de Thonghue Les Oliviers 2007 Domaine de MontMarin (cuv?e di Syrah e Cinsault) Champagne Brut Rose Premier Cru Aubry. E? necessaria la prenotazione telefonando allo 0828/630021. A seguire, dalle 21, ?Aspettando l’alba?, banco di assaggio? dei rosati delle seguenti aziende campane, pugliesi, calabresi, abruzzesi e lucane:
Antica Masseria Venditti
Armando Martino
Azienda Monaci
Azienda Vitivinicola Francesco Candido
Cantina del Taburno
Cantina di Venosa
Cantina Tollo
Cantine Barone
Cantine del Notaio
Colli di Castelfranci
Conti Zecca
Dattilo
Feudi di San Gregorio
Fontanavecchia
Il Poggio
Ippolito
I Vini del Cavaliere ? Casa Vinicola Cuomo
Leone De Castris Vini
Librandi
Masseria Frattasi
Mille Una
Mustilli
Polito?
Reale
Santi Dimitri
Terra di Vento??????????
Terredora
Terre Longobarde
Terre Nobili di Calabria
Torre a Oriente
Torre dei Beati
Torre Gaia
Valle dell?Asso?
Vestini Campagnano
Villa Matilde
Viticoltori del Casavecchia
C?? anche una parte gastronomica in programma, ovvero Fornelli solo Rosa per gli abbinamenti con i piatti di:
Rosanna Marziale delle Colonne di Caserta
Maria Mone dell?Ex Libris di Capua
Maria Rina del Ghiottone?di Policastro, Cilento
Irene Muccilli de La Pignata di Pontelandolfo, Sannio
Franca de Filippis de La Pergola di Gesualdo, Irpinia?
Carmela Bruno dell?Osteria La Piazzetta di Valle dell’Angelo, Cilento
Valentina Martone del Megaron di Paternopoli, Irpinia
Antonella Iandolo della Maschera di Avellino
Antonella Principe di Luna Galante di Nocera Superiore
“Andrea Moser e Gerhard Sanin sono due Kellermeister, ovvero responsabili enologici rispettivamente della Kellerei Kaltern-Caldaro e della Erste+Neue, le due cantine cooperative di Caldaro. Ciclisti nel tempo libero, hanno dedicato la loro vita professionale alla valorizzazione dei vitigni tipici dell’Alto Adige, accettando in particolare la sfida della varietà Vernatsch (Schiava), l’uva con cui si produce il Kalterersee (Lago di Caldaro DOC).”
Sono stato invitato e coinvolto in una tappa della loro simpatica iniziativa:
“Portare il Kalterersee in un viaggio lungo l’Italia. Incontrare cuochi, artigiani del cibo, appassionati di vino; andare nei mercati, provare nuovi abbinamenti; raccontare l’Alto Adige in un modo nuovo, grazie all’ incrocio con altre cucine e altre culture.
È su questi basi che si origina il progetto Pirati del Kalterersee, attraverso il quale Andrea Moser e Gerhard Sanin porteranno da Caldaro e Capri il vino Kalterersee per farlo scoprire ad un pubblico vasto ed eterogeneo, che probabilmente finora l’ha conosciuto poco e forse distrattamente. Per farlo hanno scelto il mezzo più semplice ed ecologico, ma al tempo stesso il più vicino alla gente: la bicicletta. Il mezzo che incarna quello spirito fresco e spontaneo, coinvolgente e per certi versi trasgressivo che appartiene proprio al Kalterersee”.
Bella questa idea di portare in giro su una bicicletta-tandem una certa immagine scanzonata e rilassata del mondo del vino dell’Alto Adige. Due testimoni per due vini, il Pfarrhof Kalterersee Classico Superiore 2015 e il Leuchtenburg Kalterersee 2015. Due Vernatsch molto buone, da due cru del Lago di Caldaro.
E, per una volta, si può dire che per certe azioni di marketing occorre il fisico. Bravi.
__________________ Alcune foto del pranzo che abbiamo condiviso con i pirati sul Lago di Garda, all’Albergo-Locanda Punta San Vigilio:
La crêpe ? una antica ricetta francese fatta con pochi e semplici ingredienti come farina, uova, latte, sale, zucchero e burro. È un preparato squisito sia salato sia dolce (in questo secondo caso, si aggiunge agli ingredienti anche la vanillina).
Vediamo la ricetta per fare le crêpes. In successivi articoli la useremo per alcune delizie. Considerate per? che questa ricetta delle crêpes semplici, senza prevedere alcun ingrediente con il quale farcirle, potrebbe subire qualche lieve modifica in fase di preparazione. La cosa bella ? che, una volta capita la procedura per fare le crêpes, l’unico requisito richiesto ? la fantasia.
Ingredienti: 250 gr di farina 500 ml di latte sale q.b. burro q.b. (circa 50 gr dovrebbero bastare)
Preparazione: in una coppa ampia e con bordi sufficientemente alti, mettete 250 gr di farina, un pizzico di sale e mezzo litro di latte. Mescolare accuratamente finch? non ottenete un composto assolutamente fluido e privo di grumi. Potete aiutarvi con un frullatore ad immersione o una frusta, se preferite. A parte, sbattete per bene 3 uova e unitele poi all’impasto precedente. Mescolare ancora con cura e lasciar riposare la pastella per almeno mezz’ora.
Prendete un padellino antiaderente con bordi molto bassi e mettetelo sul fuoco con fiamma abbastanza bassa. Mettete un po’ di burro a fondere e poi versate un mestolo di pastella (o comunque la quantit? di pastella sufficiente per riuscire giusto a ricoprire tutto il fondo della padella). Distribuitela su tutta la base della padella e lasciate per qualche minuto a cuocere. Quando il lato della crêpe sar? dorato, giratela e fatela cuocere anche sull’altro lato.
Ripetete l’operazione per ciascuna crêpe aggiungendo sempre un po’ di burro nel padellino (con le quantit? di ingredienti qui riportate verranno fuori all’incirca una dozzina di crêpes - dipende ovviamente anche dalla dimensione della padella).
A questo punto, le crêpes sono pronte. Sul cosa farci di preciso, vediamo nei prossimi giorni di dare alcuni suggerimenti, sia per crêpes salate sia per crêpes dolci. Teniamo qui la ricetta della base per i riferimenti futuri (ultimamente mi sono scatenato con le crêpes, quindi conto di riuscire a fare pi? post con parecchi spunti).
E' passato ormai un mese da quando ? partito l'Appello in difesa del vino italiano (al momento quasi 1000 firmatari) scritto e pubblicato sulla versione online di Porthos, il cui testo ? frutto dell'impegno di Marco Arturi e Sandro Sangiorgi. Un appello il cui testo chiarisce in modo inequivocabile quale pensiero ne abbia determinato l'esigenza, e che invito a leggere per esteso tutti coloro che ancora non lo hanno fatto e a firmare se ne condividono gli intenti.Trattandosi di una rivista a pagamento, vi riporto un estratto dell'articolo di Mancini:"La vicenda Brunello, con il suo lungo strascico, non solo sta causando danni economici e d'immagine ma ha generato un livore da barricate tra comunicatori ammantando l'intero comparto di un'atmosfera cupa. Nei momenti di difficolt? si dovrebbero innescare solidariet?, coesione, riflessione costruttiva, ma cos? non ?. Ancora una volta si rischia di gettare al vento l'opportunit?, sia pure sofferta per come si ? determinata, di un ampio confronto tra addetti ai lavori per giungere a un chiarimento onesto che spinga il settore fuori dalle sabbie mobili nelle quali sta sprofondando. Ma i puristi, lancia in resta, tornano all'assalto armati fino ai denti di micidiali autoctoni."E' evidente che Mancini si riferisce alla questione del disciplinare del Brunello di Montalcino e a quel benedetto 100% di sangiovese previsto. Ma che i "puristi" si siano fissati sul sangiovese per un forte amore per l'autoctono ? cosa assai ridicola oltre che riduttiva.Le motivazioni sono altre e ben pi? profonde e si inseriscono in un discorso pi? ampio che coinvolge l'intero comparto vitivinicolo e, ancora di pi?, il modus operandi e la filosofia del mondo commerciale.Se Mancini vuole fare finta di non aver capito ? suo diritto, ma farebbe bene a concentrarsi sui reali contenuti del pensiero di chi non ? d'accordo con questa linea che segue pedissequamente l'andamento di un mercato che non ha alcun interesse verso la qualit? e la diversit? di ciascun territorio.Il concetto ? molto ben espresso proprio nel testo di presentazione dell'appello:"I disciplinari di produzione sono stati creati allo scopo di salvaguardare e garantire l'identit? e l'integrit? dei vini italiani. Negli ultimi quarant'anni, con la complicit? e la disattenzione delle autorit? di controllo, alcuni dei territori pi? significativi sono stati trattati come dei contenitori da riempire, occupare o allargare a dismisura. In numerosi luoghi la vite si ? trasformata da coltura specializzata a coltivazione dominante, togliendo variet? e respiro al paesaggio. S? ? assistito a un'invasione di vitigni alloctoni con l'obiettivo di "migliorare" le specialit? italiane e realizzare prodotti pi? facili da consumare, senza badare allo svuotamento di contenuti a cui molti vini sarebbero andati incontro. L'establishment continua a modificare i disciplinari senza alcuna progettualit?, ma fotografando di volta in volta il cambiamento proposto dal marketing. Tutto ci? in nome di un riscontro economico immediato e seguendo i capricci del mercato. Un grave errore dal punto di vista etico ma anche sotto il profilo economico: la standardizzazione dei nostri vini ha come diretta conseguenza, nel medio-lungo periodo, un calo delle vendite e dell'attrattiva turistica esercitata dalle zone di produzione."E' proprio questo il punto focale. Ogni giorno si scopre che in una zona a denominazione, qualcuno non ha rispettato le regole del disciplinare, disciplinare che ? stato creato dai produttori stessi. Come dire: "Vi dimostriamo che siamo seri stabilendo delle regole da rispettare", per poi scoprire che da un numero variabile di aziende questi stessi disciplinari non vengono rispettati. Allora qual ? la proposta dei "non puristi", di quelli che, come Mancini stesso propone, sono per il "parliamone"? Visto che molti non rispettano i disciplinari, visto che per il consumatore quello che conta ? che il vino sia buono e non costi molto, perch? non adeguare i disciplinari alle esigenze del mercato?E visto che ad essere sotto inchiesta a Montalcino sono le aziende pi? grosse e importanti, cio? coloro (e Biondi Santi non conta nulla?) che hanno reso famoso il Brunello nel mondo, perch? non dargli una mano rendendo legale ci? che oggi non ??E' questo il modo di affrontare i problemi? A quanto pare non ? un tema caro solo a certi nostri politicanti, ma l'idea di modificare le regole in base alle proprie esigenze appare un fenomeno sempre pi? di massa.Continua Mancini: "Anche dinnanzi a fatti oggettivi gravidi di conseguenze si persevera a inneggiare istericamente alla tradizione dall'alto della propria torre d'avorio, con un atteggiamento intriso di snobismo drammaticamente distante da ci? che realmente chiede il consumatore. Cio? un vino buono e dal prezzo accessibile al di l? della purezza di razza vegetale."Dunque secondo Mancini il consumatore se ne frega delle regole, se ne frega delle tradizioni e della cultura da cui nasce il vino, peccato che oggi pi? che mai si stia avvicinando con grande interesse ai cosiddetti "vini veri" o "vini naturali", espressione certamente colorita e non proprio corrispondente, ma ? un fatto che non sono tutti dei semplici "compratori". La cultura, la conoscenza, la semplice curiosit?, le miriadi di corsi a cui un sempre pi? vasto numero di persone partecipano, sono la dimostrazione lampante che la gente non ? tutta uguale e che chi si informa, chi capisce come vanno le cose, di certo non condivide una politica basata solo su interessi economici totalmente privi di qualsiasi etica.E l'articolo prosegue: "Altro elemento pesante come un macigno, continuamente rimosso e sempre rotolato a valle, come la pena eterna di Sisifo, ? quello dei controlli. Cos? come congegnati evidentemente non funzionano, ne abbiamo gi? le prove ma certamente altre ne arriveranno. Parliamone!" Giusto, peccato che poi prosegue: "Certi disciplinari di produzione galleggiano sospesi in galassie poste a distanza siderale dal mercato, quindi dai consumatori; senza addentrarci in filosofiche acrobazie attorno al concetto di tipicit? e tradizione, forse ? il caso di intervenire con qualche ritocco. E il problema non riguarda soltanto il Brunello. Parliamone!" E ricadiamo nello stesso furbesco tema, modificare i disciplinari perch? vecchi, obsoleti ecc., dimenticando che il parametro con cui si vorrebbe considerarli vetusti non ha nulla a che vedere con la qualit? e la grandezza dei vini prodotti. Nel caso del Brunello di Montalcino, sono forse "vecchi" i vini di Soldera, Palmucci, Salvioni, Le Potazzine, Salicutti per citare i primi che mi vengono in mente?Infine Mancini conclude: "L'immobilismo al pari del puro discettare sono molto pericolosi come sta dimostrando l'esperienza. Ecco perch? faccio molta fatica a comprendere l'appello dei colleghi di Porthos dai toni cos? esasperati, estremi rivolto contro un mostruoso nemico: l'establishment", "...Ma il riscontro economico non ? alla base di qualsiasi attivit? imprenditoriale? E saper interpretare la domanda del mercato non ? una sana quanto necessaria abilit?? Ma di cosa stiamo parlando, di un'attivit? economica, sia pure dalla straordinaria ricchezza storico-culturale, oppure di un gingillo da vetrina per feticisti? Su questo tema provo un naturale feeling per molti colleghi, mentre altri, pur stimandoli come professionisti, non riesco a comprenderli e tra questi proprio i firmatari dell'appello. Forse, riconoscendone l'onest? intellettuale, il loro peccato ? l'eccesso d'amore. E troppo amore pu? anche soffocare, essere fatale e scatenare fanatismi. Il vino ha bisogno s? di passione ma soprattutto di lucidit? e visioni strategiche di mercato, altrimenti gli amici di Porthos non potranno pi? godere del loro "Nutrimento dello spirito"."Senza troppi giri di parole, il concetto ? e rimane di una banalit? sconcertante, ovvero solo adeguando costantemente i disciplinari all'andamento del mercato si pu? rimanere competitivi", errore madornale che non tiene conto minimamente dell'inevitabile appiattimento, in parte gi? ben visibile in molte denominazioni, a cui si andrebbe incontro, della mancanza totale di progetti a medio e lungo termine, dell'enorme rischio di perdere definitivamente proprio ci? che pi? ci rende unici e inimitabili, che fa del nostro vino una ricchezza fondamentale, il nostro patrimonio ampelografico, culturale e territoriale.Patrimonio che viene soffocato da pratiche sempre pi? spinte, e sulle quali i nostri "vecchi" disciplinari sono gi? molto "larghi". Ma allora perch? non essere del tutto onesti? Togliamoli del tutto, i disciplinari, che senso ha mantenerli se vanno bene solo se modificati ogni volta che cambia il vento?Come dice bene il testo dell'appello: "In questo momento le aziende vinicole possono utilizzare prodotti sistemici che, progressivamente, tolgono vita alla terra e ai vigneti; nella realizzazione del vino non lesinano lieviti, batteri ed enzimi selezionati dalla biotecnologia; inoltre, sono autorizzate sostanze, giustificate da una supposta origine enologica, che dovrebbero aggiustare il liquido. Tutte queste azioni rendono vano il concetto di territorialit?". E aggiungo che sono il sintomo di una politica dissennata, volta esclusivamente a compiacere un mercato viziato ma anche senza strumenti per potersi evolvere verso una cultura del vino, pressato a sua volta da un concetto produttivo massificante, dove la ragione non deve entrare, perch? il denaro ? l'unica regola e l'unica ragione. Il vino ridotto a puro fenomeno industriale, di business, non pu? che impoverirci tutti, la terra e gli uomini, perseguendo un fine autodistruttivo e autolesionistico, come sta avvenendo in modo a quanto pare inarrestabile in tutti i settori. Consumare meno e meglio ? un bello slogan, peccato che finch? le regole le detteranno le grandi industrie non potr? essere mai realizzato.
Stormhoek ha usato strategie di marketing 2.0 sin dal suo debutto nella blogosfera nel 2005, quando veicol? il suo brand attraverso una campagna virale tra i blogger inglesi. Nel giro di un anno aument? le casse di vino vendute nel Regno Unito di sei volte con un budget annuale speso in comunicazione di appena 20.000 dollari. Non male per un brand del vino locale con una riconoscibilit? ormai globale.
Ma, poche settimane fa, il suo partner inglese Orbital ha dichiarato bancarotta, una crisi che va al di l? del controllo di Stormhoek. Sebbene l’azienda sia ancora in una situazione finanziaria buona, tuttavia i suoi sub-contractor non lo sono: il che significa licenziamenti.
Fin qui ci siamo. Ma cosa sta succedendo adesso? Stormhoek vuole evitare questa situazione di crisi e di licenziamenti. Come? Con un altra campagna di marketing online virale.
Own a vine. Save a job
Sfruttando sempre il passaparola della blogosfera, l’azienda a chiesto al suo pubblico un prestito di poche centinaia di euro per affittare una vigna sulla quale verr? posto il nome del supporter. Quest’ultimo ricever? una fotografia della vigna e una bottiglia di vino fatta con l’uva di quella vigna.
Nello stesso tempo Stormhoek stanzier? il 5% dei suoi costi di produzione a un fondo per la restituzione del prestito, per restituirlo con gli interessi.
In pochi giorni dal lancio della nuova iniziativa sono stati pubblicati oltre 70 articoli online su di essa; il gruppo Facebook si ? attivato; il passa parola si ? diffuso all’interno del servizio di social bookmarking del Sud Africa Muti e del microblogging Twitter. Inoltre, il servizio di social media locale Zoopy.com sta facendo la sua parte anch’esso. Oltre 11 mila persone hanno visitato il nuovo sito di Stormhoek (www.stormhoek.co.za ? il vecchio sito www.stormhoek.com era controllato dalla compagnia inglese e sta finendo di funzionare). Per il momento poi sono state vendute 22 vigne, ancora ben lontani dall’obiettivo di 3000 vigne, ma Graham Knox, il proprietario, sembra essere confidente nel fatto che anche stavolta i social media faranno il loro dovere.
Considerazioni
Apertura e trasparenza Nella sua prima campagna online, Stormhoek invit? i blogger ad assaggiare il loro vino gratis. Non c’era alcun obbligo di scrivere qualche post su di esso, n? di scrivere solo cose buone. La trasparenza ha pagato e il passaparola si ? diffuso velocemnte online.
Conversazione continua Sebbene ci siano stati periodi di stallo nella conversazione, Stomhoek possiamo dire che abbia comunque tenuta sempre alta l’attenzione su di s?. In Sud Africa sponsorizza il suo vino laddove i geek, i tecnologici, si radunano. E questi, ovviamente, parlano del brand.
Evoluzione continua Niente ? stabile sul web, tutto ? mutevole. Anche Stormhoek lo ?, mutando continuamente la sua conversazione online e offline. La prossima mossa sar? quella di inserire i video attraverso il sistema di aggregazione Zoopy. Tra l’altro l’azienda sta mutando anche fisicamente.
Lato umano
In questo mondo virtuale ? importante che ci sia la presenza effettiva di una persona dietro al blog, in altre parole il suo lato umano. Visitando il blog di Stormhoek si possono vedere le facce delle persone che lavorano nelle vigne (vedi immagine sopra), le loro vite, le loro esperienze. Vedrete quindi le persone cui realmente andrete a salvare il lavoro con il vostro prestito.
Maggiori info sull’iniziativa e la strategia di Stormhoek cliccando qui.
E' stata resa nota la lista (quasi) definitiva dei partecipanti al prossimo meeting di Tigulliovino, che si terr? il 16 giugno a Genova, nello splendido scenario del Palazzo Ducale, e che avr? come tema conduttore il binomio terroir-vino.
L'Azienda Agricola Riccardo, che ho avuto modo di conoscere un po' di tempo fa grazie ad un tour nelle splendide colline di Conegliano Valdobbiadene, ? un'azienda relativamente giovane ma che ha voluto scommettere su un sistema di certificazione molto importante.
L'Azienda Riccardo ?, infatti, una delle prime aziende nella zona del Conegliano/Valdobbiadene DOC e DOCG a produrre Prosecco garantito dalla certificazione di filiera agroalimentare che documenta l'intero processo produttivo dalla vigna alla bottiglia. Questa certificazione gli consente di attestare l'integrit? e l'autenticit? dei vini che produce.
"Il consumatore ? sempre pi? consapevole e attento alle origini e al sistema produttivo dei cibi e le bevande che consuma. La certificazione di filiera agroalimentare ? un passo importante in quanto offre la trasparenza richiesta e necessaria alla catena alimentare. Questa certificazione (basata su ISO 22005) consente ai produttori che la scelgono di dimostrate la loro dedizione nei confronti dei consumatori, della sicurezza e della qualit? dei loro prodotti ad ogni stadio del processo produttivo."
Direi che ? un passo importante nel mondo del vino, in un momento in cui il consumatore richiede delle garanzie, aziende come l'Azienda Riccardo, ci offrono uno strumento di garanzia a dimostrazione che la qualit? e la seriet? possono essere certificate :-)
Premessa: per me (libert? di opinione articolo 21 della Costituzione, lo penso io che sono un cittadino), la querela ? un atto fascista (spiegazione: lo ? la querela, non il querelante che ? quel che ? o preferisce essere). Penso...
C'? un cambiamento climatico in atto, una tendenza all'aumento della temperatura media. Tutti lo sostengono oramai, con dosi pi? o meno elevate di allarmismo. Non si sa ancora esattamente se il fenomeno abbia origine antropica (effetto serra) o dipenda da altri fenomeni geolocici ciclici. Questa cosa devo dire che mi turba; forse sar? che soffro il caldo! Dal punto di vista enologico sono ancora pi? turbato. Se un milesimo come il 2003 diventasse la normalit? e non l'eccezione, cosa occorerrebbe fare per evitare di ripetere i disastrosi risultati espressi dai pi? blasonati vini italiani? Che tipo di gestione della vigna occorrer? mettere in pratica? A queste domande sta pensando un sacco di gente. Nuovi indici pedologici aiuteranno a selezionare nuovi terroir (di questo parleremo pi? avanti); pratiche come la sfogliatura intorno ai grappoli andranno in pensione; le esposizioni dei filari andranno ripensate; anche i vitigni subiranno la loro bella rivoluzione, ed inevitabilmente tutto ci? avr? un riflesso sui disciplinari di produzione. E in cantina cosa occorrer? fare per preservare aromi e fragranze? Esattamente su questo tema ho letto alcuni scritti del Prof. Mario Fregoni pubblicati da VQ, da cui mi sono permesso di estrarre alcune frasi, che riporto letteralmente.
Non ? semplice vedere grandi idee di marketing del vino online provenienti dal Vecchio Mondo, per cui vale la pena parlarne, se non altro per trarne degli spunti di riflessione.
Il video che avete appena visto, gi? pubblicato da VINO24.TV qui, viene dalla Francia (per la versione sottotitolata in lingua inglese cliccare qui). Ne abbiamo scritto il 4 dicembre del 2007: a quella data il video era stato visto 38.338 volte. Oggi siamo giunti a quota 192.722! Un ottimo risultato che si avvale della forza virale del video, linkato all’interno della blogosfera del vino globale, ma non solo, come vedremo.
La campagna di viral marketing rimanda l’utente, una volta terminato il video, al sito da cui ? possibile acquistare il prodotto. Il successo di questo video ? stato dato dal sito internet MensUp.fr, un sito che condivide news e informazioni tra giovani e adulti interessati alla tecnologia e al social networking.
Ci? che ? successo ? stata la diffusione del messaggio e del prodotti in un luogo in cui il wine marketing non era ancora arrivato (i giovani interessati alla tecnologia): un potenziale segmento di consumatori molto dedito al networking, per cui molto portato a diffondere i messaggi al proprio interno in maniera virale.
Infatti, gli utenti di MensUp.fr hanno passato il video l’un l’altro in quello che si ? rivelato un ottimo word of mouth, usando i loro legami di community e i loro network di amici. Da notare: tutto questo passaparola non ha avuto costi aggiuntivi all’azienda, la quale ha sostenuto spese solo per la realizzazione del video e per la sua messa in visione su un apposito spazio del sito.
Col risultato di ritrovarsi oggi a quota 192.722 visualizzazioni per la versione in lingua francese e 154.504 per la versione sottolitolata, entrambe su youtube.
Sul nostro blog, maisazi.com, pubblichiamo tanto ricette, spesso proponendo dolci e creme. Noi ci diamo da fare per inventare nuove proposte, ma alla fine scopriamo che le persone vogliono qualcosa di semplice, come la torta di mele di Gioi e quella di copertina75, sempre alle mele.
Queste due ricette, da poco pubblicate, sono tra le pagine più visitate del nostro blog, assieme alla Torta Caprese, che ha la palma di pagina più letta in assoluto. Segnale evidente di come si orientino i gusti dei nostri utenti e monito per chi sta ai fornelli.
Giusto sperimentare, quindi, ma ricordiamoci anche delle tradizioni e dei ricordi che abbiamo della nostra fanciullezza. A volte una torta è importante non in quanto buona, ma perché si porta dietro un ricordo importante, un momento felice, un giorno di festa, un traguardo giovanile raggiunto.
In questo caso, poi, la semplicità è massima. Le due torte di mele proposte da Gioi e copertina75 sono ai limiti del minimalismo, ma piacciono sempre. Io non sto a ripetervi le ricette, dato che potete facilmente leggerle sul blog alle pagine che vi ho indicato.
Se avete voglia, preparatele con qualche variante, comunicandoci poi il risultato. In particolare, provate ad aggiungere qualche ingrediente che estenda i profumi, che in un dolce non sono mai troppi. Potreste anche pensare a qualche altro ingrediente corollario che completi la mela o faccia contrasto con essa. Non scostatevi troppo dalla ricetta, però, perché la snaturereste.
Vincenzo D'Antonio entra in VinoClic con il suo "Il Comm. Ensale", blog dedicato a quelle soste gastronomica che dopo cena consentono il pernottamento a km zero. Ecco come si presenta Vincenzo : "Ci si pu? definire oggi, nel XXI secolo, patrioti ? Io ritengo di s? e molto degnamente, allorquando diamo al termine la sua valenza dolce e giammai patriottarda. Ecco, allora, come definirei lo starter di questo blog: il patriottismo dolce che mi pervade, la sana voglia che ho di arrecare il mio piccolo contributo a chi, negli USA, si accinge a pianificare il suo trip to Italy. Il mio target, sia chiaro, non ? costituito dai neofiti. E' doveroso e normale che costoro, in viaggio di prima volta, optino per le mete imperdibili e magari, scotto di noviziato, si affidino all'ombrello rassicurante di un tour operator."La presentazione completa su VinoClic
Cantine Aperte, l'evento ideato e promosso da Movimento Turismo del Vino su tutto il territorio nazionale ha scelto VinoClic, per la promozione della sua versione umbra. Il Comune di Montefalco, probabilmente anche grazie alla giovane et? e quindi probabile freschezza di vedute, ha incaricato VinoClic di promuovere l'evento su tutto il network per tutta la settimana precedente la manifestazione nazionale. Come gi? rilevato in altra occasione, la promozione di eventi ? a nostro avviso uno dei settori in cui il nostro network esprime il meglio di se dal momento che la pubblicit? cos? veicolata porta con se non solo un marchio ma un'informazione utile e quindi ben accolta dal suo potenziale destinatario.
Torniamo a parlare di un'azienda che si sta dimostrando sempre pi? interessante, condotta con intelligenza e bravura da oltre trent'anni dalla famiglia Ferrari. Ci troviamo nel cuore dei Chianti Colli Fiorentini, una delle sette sottodenominazioni del Chianti...
Here's the thing nobody's saying out loud: northern Italy is dying faster than the south.
Not literally. Not yet. But the vines are telling a story that contradicts oodles of years of wine history. Barolo is sweating. Chianti is scrambling. Prosecco is looking nervously at the thermometer. Meanwhile, on a volcano in Sicily and in the forgotten hills of Basilicata, indigenous grapes that have spent millennia dealing with heat and drought are suddenly looking like the smartest bet in Italy.
For the first time in modern wine history, the center of gravity is shifting. Not because of fashion or critics or investment. Because of physics. Because southern Italy?the part that was always too hot, too rustic, too other?turns out to be the part that already knows how to survive what's coming.
This isn't about eight random wines from across Italy. It's about eight wines from the south?Sicily, Basilicata, Puglia, Calabria?that show what the next twenty years might look like.
The Counterintuitive Reality
In 2024, climate scientists published projections that should terrify anyone who loves Italian wine: 90% of traditional wine regions in coastal and lowland areas could be at risk by century's end.1 Not "might struggle." At risk of disappearing.
But here's the twist. Northern vineyards?Nebbiolo in Piedmont, Sangiovese in Tuscany, even Chardonnay in Emilia-Romagna?are showing more heat stress than vineyards in Sicily and Basilicata, despite getting more rain.2 Why? Because northern vines evolved for cool, damp conditions. They're planted on steep hillsides with shallow soils designed to shed water. When extreme heat arrives, they have no defense. They're climate refugees on their own land.
Southern indigenous varieties?Aglianico, Nero d'Avola, Carricante, Nerello Mascalese?have been coping with drought and sun for eons. Deep roots. Late ripening. Thick skins. They're not adapting to climate change. They were built for it.3
Winemakers in Emilia-Romagna are already ripping out Chardonnay they planted thirty years ago and replanting indigenous varieties.4 Some experts now predict Chardonnay won't be viable anywhere in Italy within a generation.5 Meanwhile, on Mount Etna and in Vulture, production is expanding.
The wines that will define the next twenty years aren't the ones fighting the future. They're the ones that already live there.
The Evidence: High-altitude volcanic viticulture as the blueprint.
James Suckling named this Italian Wine of the Year for 2025.6 Not as a trend pick?as a model. Made from Nerello Mascalese planted in the 1950s at 600-900 meters on volcanic ash, it captures everything the future demands: late ripening, natural acidity, minerality, freshness despite warmth.
Etna isn't just making great wine. It's showing other regions what survival looks like. Ungrafted vines on porous volcanic soil. Elevation that creates natural cooling. Indigenous varieties that ripen slowly even when the mercury climbs. This isn't innovation?it's validation of what southern Italy knew all along.
The next twenty years will see this model replicated: higher, cooler, volcanic, indigenous. Etna got there first.
Elena Fucci "Titolo" (Aglianico del Vulture, Basilicata)
The Evidence: Southern volcanic terroir competing with the North?and winning.
Aglianico has always been Italy's secret weapon. Planted on the slopes of an extinct volcano in Basilicata, it makes wines with the structure of Barolo, the aging potential of Brunello, and the effortless ability to handle heat.7 Elena Fucci's "Titolo" is single-vineyard, ungrafted, aged in large oak?proof that southern Italy doesn't need to imitate Piedmont. It already has the goods.
Basilicata is positioned to become what Etna was fifteen years ago: the overlooked southern region that suddenly everyone realizes has been making world-class wine all along. Volcanic soils, high altitude (600-800m), late-ripening indigenous grapes. All the climate advantages, none of the hype.
When collectors discover Vulture?and they will8?Elena Fucci will be one of the reasons.
The Evidence: Biodynamic viticulture + research = understanding what actually works.
Gerardo Giuratrabocchetti isn't just making wine?he's running experiments. Testing how altitude affects ripening. Studying ancient cave-aging systems carved into volcanic tuff in the 1600?s. Documenting which biodynamic practices actually build resilience in a warming climate.
"L'Atto" is the estate's research-driven single vineyard bottling. It's structured, mineral, built to age for decades. But more importantly, it represents southern Italy doing the unglamorous work of figuring out why these vineyards work?so the knowledge can travel.
If Basilicata emerges as a serious global player, it'll be because producers like Cantine del Notaio did the science.
The Evidence: Volcanic whites rivaling the world's great expressions?and just getting started.
While the world fell for Etna Rosso, Carricante was quietly evolving into one of Italy's most compelling white grapes. Electric acidity, volcanic minerality, precision that draws comparisons to Chablis and Mosel Riesling. High-altitude (eastern slopes, 700-900m), cool microclimate, built to age.
Carla Maugeri's family estate is making some of the most profound whites in Italy9?proof that Etna's potential goes far beyond red wine. In twenty years, this could be the white wine sommeliers obsess over. The architecture is already there.
The Evidence: The next generation claiming the volcano?on their own terms.
Benedetto Alessandro represents the third wave.10 He grew up making wine in western Sicily, studied the pioneers (de Grazia, Foti), then convinced his cousins to buy land on Etna's northeastern slopes in 2016. His wines are modern, fruit-forward, precise?intentionally different from the brooding traditional style.
Some will call them too clean. Others will call them the future. What matters: young Sicilian winemakers are taking over Etna, and they're not interested in imitating anyone. That creative tension?between reverence and rebellion?is where the next twenty years will be written.
The Evidence: Rescued indigenous varieties that thrive in drought.
Susumaniello nearly went extinct in the 1990s. The grape's production drops dramatically after a decade?less than a kilogram per plant?which made it economically unviable when Puglia focused on volume. But Luigi Rubino understood something others missed: those few bunches that remain produce wines of extraordinary concentration and elegance.11
The grape is naturally hardy and resistant to extreme climate.11 Bush-trained vines with deep root systems, grown in Salento's arid soils with minimal water, Susumaniello is precisely what climate resilience looks like. Tenute Rubino's "Torre Testa" is their flagship single-vineyard bottling?intense, structured, built for aging?proof that Puglia's forgotten grapes are actually its future.
When the Mediterranean gets too hot for irrigation-dependent varieties, Susumaniello will still be thriving.
The Evidence: Ancient terroir meeting the future head-on.
Cir? is considered one of the oldest wines in the world?allegedly served to Olympic champions in ancient Greece. The Librandi family brought it to international attention in the 1990?s, proving that Calabria's indigenous Gaglioppo grape, grown on calcareous marl soils near the Ionian Sea, could make world-class wine.12
Gaglioppo has thick skins and thrives in hot, dry conditions.12 Sea breezes moderate the intense summer heat. Many vineyards still use alberello?traditional bush-vine training that's naturally drought-resistant. "Duca Sanfelice" is Librandi's top Cir? Riserva, aged two years before release, made from old alberello vines. It's structured, complex, and built for the long haul.
Calabria faces "harsh climate, persistent drought and high temperatures"12?but Gaglioppo was born for this. While northern Italy scrambles to adapt, Cir? just keeps doing what it's done for ages.
The Evidence: Drought-tolerant indigenous variety as climate solution.
Nero d'Avola is Sicily's most important red grape, and for good reason: it thrives in scorching heat, retains refreshing acidity at high sugar levels, and requires minimal irrigation thanks to deep root systems.13 In a region receiving under 550mm of rain annually, these aren't luxuries?they're survival traits.
Planeta's "Santa Cecilia" comes from the Noto hills in southeastern Sicily, where Nero d'Avola originated. Dry-farmed, grown on sandy soils in extreme heat, this is wine made exactly as the climate crisis would design it. The 2024 InnoNDA research project is exploring how to reduce alcohol levels by up to 4% without sacrificing flavor13?direct response to both consumer and climate pressures.
Nero d'Avola isn't adapting to climate change. Climate change is proving that Nero d'Avola was right all along.
What They Share
Every wine on this list is responding to the same pressure: a world that's getting hotter, drier, more extreme. But they're not responding by adapting?they're responding by being exactly what they've always been. Southern volcanic terroir. Indigenous late-ripening varieties. Drought-resistant root systems. Traditional bush-vine training. These aren't innovations. They're inheritances.
But none of them is pretending the climate isn't changing.
The great irony is that southern Italy?historically dismissed as too hot, too rustic, too far from the action?is suddenly the part of Italy with structural advantages. Volcanic soils retain water. High altitude creates cooling.14 Indigenous varieties already know how to handle stress. These aren't adaptations. They're inherent in the legacy of Southern Italy.
Northern Italy will adapt?it's already happening. But the momentum, the resilience, the built-in advantages? For the first time in modern history, they belong to the south.
Twenty years from now, when someone asks what defined Italian wine in the 2020s and 2030s, will the answer be Super Tuscans or cult Barolos? Or will it be the moment Italy remembered that the grapes that thrived before air conditioning, before irrigation, before chemical interventions? ?the ones that inherently knew how to survive?
The future was always there. It just had to get as hot as a volcano to be noticed.
Notes
1. Van Leeuwen, C., et al. "Climate change impacts and adaptations of wine production." Nature Reviews Earth & Environment, March 26, 2024. Study projects that "about 90% of traditional wine regions in coastal and lowland regions of Spain, Italy, Greece and southern California could be at risk of disappearing by the end of the century because of excessive drought and more frequent heatwaves."
2. Guado al Melo, "Climate change and viticulture: appropriate or irresponsible choices?" The analysis notes: "It may sound absurd, but in recent summers there have been more stress problems in certain parts of the north of Italy than in the center and south, albeit that it has rained even less here." The explanation: northern vines evolved for cool conditions with shallow root systems on steep hillsides designed for drainage, while southern varieties and growers are already adapted to semi-arid conditions.
3. Decanter, "Beating the heat: How Italy's winemakers are responding to climate change," January 19, 2023. - by Aldo Fiorelli. Consultant Antonini: "The most resistant varieties are usually the indigenous ones in specific regions, for example Carricante in Sicily."
4. VinePair, "Italian Winemakers Are Finding Creative Ways to Battle Climate Change," - by Rebecca Van Hughes. January 6, 2022. Expert Bordini notes that "many wine producers in the region he lives in, Emilia-Romagna, began favoring Chardonnay over native varieties like Albana around 30 years ago. Now, however, they are returning to the indigenous varieties."
5. Ibid. Bordini states: "I think soon, it will not be possible to cultivate Chardonnay anywhere in Italy."
6. James Suckling, "Top 100 Wines of Italy 2025." The Tenuta delle Terre Nere Etna Rosso San Lorenzo 2023 was named Italian Wine of the Year with a 98/100 score. Available at jamessuckling.com.
7. Eric Guido, "Getting in on the Ground Floor: Aglianico del Vulture." Vinous, May 2024. Comprehensive report on the region's producers, including Elena Fucci, Basilisco, Grifalco, and Cantine del Notaio.
8. WineNews, "Vulture is 'Citt? Italiana del Vino' 2026," September 23, 2025. The Vulture region was selected for the prestigious 2026 designation, recognizing its "strategic vision and inter-municipal cooperation" in wine tourism and territorial development.
9. Gambero Rosso, "Italy wine guide 2025: the special awards," October 17, 2024. Maugeri was recognized with a special award: "In just three harvests, the winery of Renato Maugeri and his daughters Carla, Michela, and Paola has established itself as one of the denomination's most significant."
10. Wine Spectator, "The Volcano's Third Wave: What's New in Etna Wine?" February 23, 2024. By Robert Camuto. Feature on Benedetto Alessandro and other young Sicilian winemakers representing Etna's new generation.
11. Vinissimus, "Susumaniello." The grape is described as "vigorous, resistant to extreme climate, excellent for blending." Tenute Rubino's website notes: "Despite its notorious hardiness and resistance to pathogens, for many years Susumaniello was on the verge of falling into oblivion, until Tenute Rubino recovered it, enhancing its versatility and making it the emblem of its production philosophy."
12. Concours Mondial de Bruxelles, "Cir? ? Calabria's flagship wine." Raffaele Librandi, head of the Consortium of Doc Cir?: "In addition to our unique terroir, a great tradition of winemaking is reflected in the quality of our wines." Gaglioppo has thick skins and is genetically linked to Sangiovese. VinoVoss notes that Calabria's "harsh climate, with its persistent drought and high temperatures" has shaped the region's viticulture.
13. Vinerra, "Nero d'Avola: An In-Depth Grape Profile." The grape "retains a lively acidity even at high sugar levels, producing fresh, balanced wines in extreme heat." It excels under dry-farmed conditions thanks to "its deep root system and drought resistance." The 2024 InnoNDA Project is "aiming to reduce alcohol levels by up to 4% without sacrificing flavour or intensity?a direct response to consumer and climate pressures."
14. Gambero Rosso International, - by Donato Notarachille. "Above 1,000 meters: wine moves to higher altitudes to face climate change," October 17, 2024. Winemaker Michele Lorenzetti: "There are areas where high-altitude winemaking has been practiced successfully for a long time, like Valtellina, Valle d'Aosta, and Mount Etna, where excellent wines are made around 1,000 meters."
Quando le cose si mettono male, le vecchie tradizioni ritornano ?
I rapporti dell?uomo con il vino avevano avuto alti e bassi durante la lunga storia della civiltà. Bevanda degli dei concessa anche al popolo con grande magnanimità, era poi diventata alla portata di tutti nel periodo romano: erano sorte taverne e botteghe di mescita dove, ovviamente, la qualità era piuttosto scarsa. Ma tanto bastava per dare ebbrezza e far dimenticare la dura vita di quei tempi. I commerci fiorivano e le navi lo trasportavano in giro per il Mediterraneo e successivamente nei paesi del nord. Il vino aveva superato egregiamente i cosiddetti periodi bui del medioevo, lo splendore del rinascimento, lo sfarzo delle regge barocche ed era giunto senza tentennamenti fino ai tempi moderni. Ovviamente anche la sua qualità era cambiata. Le tecniche di vinificazione avevano permesso di eliminare tutti gli additivi, quali spezie, miele, resine, che avevano cercato di rendere piacevole un liquido piuttosto aspro, il cui solo scopo era quello di inserire alcol nel corpo umano e fargli abbandonare per un poco le miserie quotidiane. Poco alla volta era diventata anche bevanda raffinata, le cui migliori espressioni erano privilegio di nobili e di potenti. Nel ventesimo secolo la base di chi poteva permettersi anche le migliori produzioni s?allargò sensibilmente ed il vino ?buono? divenne alla portata di tutti o quasi. In realtà però restava profondamente diverso l?approccio che i differenti strati sociali davano al nettare degli dei. Ma non vi era una corrispondenza banale tra ricchezza e qualità. Chi se lo poteva permettere a volte beveva vini di dubbio valore, magari solo perché il prezzo era alto e forniva un segno chiaro del livello sociale raggiunto. Spesso non capiva neanche cosa trangugiava e la sua capacità gustativa era veramente misera. Chi riusciva invece a penetrare veramente nelle innumerevoli sfumature di una bevanda estremamente complessa, non aveva i mezzi per procacciarsela ed era costretto ad accettare compromessi più o meno onorevoli. In poche parole, difficilmente chi apprezzava il ?grande? vino poteva berlo, mentre normalmente chi ne aveva abbondantemente le possibilità si trovava a tracannare o a centellinare prodotti molto cari, che poco o nulla riuscivano a trasmettergli. La stragrande maggioranza della gente beveva invece quello che trovava e ben poco si curava della qualità. Vino, sempre e dovunque, ma basta che fosse a basso prezzo. Poi, lentamente, le divisioni sociali diminuirono la forbice tra ricchi e poveri, ed anche il vino più prezioso divenne teoricamente una bevanda che chiunque, con maggiore o minore sacrificio, poteva permettersi almeno qualche volta all?anno. Tuttavia, restava ancora ben difficile da superare l?approccio culturale che durante i secoli ne aveva scandito il rapporto con il consumatore abituale. Il vino buono si poteva trovare anche facilmente, ma ben pochi erano in grado di riconoscerlo. Le vere sensazioni che un prodotto di alto livello sapeva elargire, rimanevano privilegio di pochi, senza alcun diretto rapporto con la loro possibilità economica. In questo caos qualitativo e quantitativo emerse finalmente una delle figure più importanti nella storia enoica del nostro pianeta: l?esperto di vino. Più che un mestiere era un vera missione: egli doveva sacrificarsi a degustare di tutto e di più per definire finalmente in modo oggettivo una scala di qualità per gli innumerevoli prodotti che uscivano sul mercato. Alla fine, la sua titanica opera di ricerca, di confronto, di valutazione, sarebbe stata offerta a tutti i miseri mortali, che finalmente avrebbero potuto conoscere esattamente cosa stavano per bere. Il modo migliore per allargare a tutti le conclusioni di quei pochi illuminati era senz?altro un libro che riassumesse sinteticamente lo sforzo compiuto in mesi e mesi di sacrificio. Nacque così la ?guida dei vini?. Anzi ne nacquero molte, in quanto ogni nuovo benefattore era convinto di essere più oggettivo degli altri e di aver eseguito con maggiore serietà ed attenzione la valutazione finale. A lato di queste vere e proprie ?Bibbie? comparvero innumerevoli discepoli che iniziarono a portare il Verbo enoico in giro per il mondo.
Le degustazioni pubbliche crebbero a dismisura così come le tavole rotonde, le lezioni, i congressi, ecc. Fortunatamente, si allargò anche il numero dei veri esperti, in grado di valutare le migliaia di profumi nascosti ai comuni mortali: non solo frutta, fiori e verdure, ma anche petrolio, animali, liquidi organici e così via. Finalmente chiunque avrebbe saputo cogliere quello splendido sentore di pollaio o di muffa, di radice amara o di pelo bagnato, che gli sarebbe stato precluso per sempre senza la sapiente guida degli eletti. Inoltre, non solo i consumatori avevano ormai degli angeli custodi pronti a guidare le loro scelte, ma anche gli stessi produttori potevano approfittare di chi avrebbe in poche e sintetiche parole osannato o distrutto il loro lavoro di vigna e cantina. Avrebbero capito velocemente se l?annata era stata buona o cattiva, se meritava o no mettere in vendita ciò che avevano costruito in un anno di dura fatica. Bastava seguire le prediche pubbliche dei ?santoni? e tutto sarebbe stato chiaro. E poco importava se ciò accadeva normalmente a vendemmia conclusa. Il consumatore era comunque felice: aspettava con trepidazione spasmodica l?uscita delle ?Guide? e si scatenava nella caccia delle bottiglie più osannate. Il vino, benché spesso prodotto in grandi quantità, finiva quasi subito. Tutto era già venduto ben prima di uscire. Recuperare una sola bottiglia diventava un?opera di persuasione e di preghiera. I più fortunati riuscivano a commuovere il produttore e potevano portarsi a casa il gioiello tanto ambito anche se avevano dovuto pagare una cifra ben più alta del previsto. D?altra parte i prezzi erano per forza destinati a crescere. Gli ?esperti? benefattori dovevano sopravvivere e le guide dovevano essere pubblicate. Malgrado per loro fosse solo una missione culturale, i giornalisti, i curatori, gli esperti, i collaboratori ed i portaborse erano costretti gioco forza a mangiare, dormire, viaggiare, mantenere una famiglia. Dovevano, anche se controvoglia, chiedere una parte dei guadagni ai vignaioli che grazie a loro erano saliti nell?Olimpo della celebrità. La situazione continuò così per molti anni tra la soddisfazioni di tutti: il vino era diventata una realtà ?popolare? e la sua comprensione era saldamente nelle mani di chi lo sapeva analizzare con sapiente lucidità ed oggettività. Ma i sobillatori ed i rivoluzionari sono sempre esistiti nella storia dell?umanità. E così qualcuno, sicuramente in malafede, cominciò ad inserire qualche dubbio: perché lo stesso vino aveva giudizi così diversi da guida a guida? Perché le aziende più facoltose conquistavano sempre le migliori valutazioni? Perché si osannavano i vini più veri e tipici e poi si premiavano quelli più monotoni e ripetitivi? Furono subito accusati di eresia, ma la calunnia iniziò ad infiltrasi e ad ottenere i suoi primi frutti. Alcuni consumatori osarono addirittura degustare da soli, senza alcun appoggio esterno. In altre parole, si vollero sostituire agli esperti, dopo tutto i sacrifici che questi avevano fatto per loro. Qualcuno arrivò perfino a comprare bottiglie non recensite da nessuno dei portatori di verità. Il mondo del vino stava per crollare per colpa di pochi facinorosi. Si sarebbe tornati alla barbarie ed alle scelte individuali. Si sarebbe bevuto un Sauvignon anche senza apprezzare compiutamente e profondamente quello splendido profumo che solo il gatto di casa riusciva così bene e inconsciamente a riprodurre. Ci furono anni di caos e di sgomento, finché non comparve sulla scena enoica la poderosa e illuminata figura del ?Grande Estimatore?. Nessuno seppe mai quale fosse veramente il suo nome né come riuscì ad imporsi su tutto e su tutti. La sua scalata fu imperiosa e senza ostacoli. Cancellò facilmente ogni tipo di guida e ridusse all?anonimato il nutrito gruppo di portatori delle verità vinicole. E pensare che non dava classifiche e nemmeno consigli od ordini da seguire come atti di fede. Tutto ciò che faceva era di mostrarsi in qualche cantina e discorrere allegramente con i produttori davanti ad un bicchiere. Poi ringraziava ed usciva contento, tallonato dai Mass Media che lo seguivano ovunque, ma che non riuscivano mai ad ottenere il benché minimo commento. Le cantine visitate erano sempre più numerose ed i vignaioli facevano di tutto per migliorare i prodotti, sperando di accoglierlo un giorno o l?altro nelle loro abitazioni. Non chiedeva mai niente: assaggiava e parlava, parlava ed assaggiava. Sorrideva sempre, anche quando magari il vino non era stato di suo completo gradimento. Riusciva a non fare trasparire alcuna emozione.
I consumatori iniziarono a seguire il suo esempio ed a decidere con il proprio naso e palato. Costretti a provare in prima persona, iniziarono essi stessi a valutare ed a confrontare, sempre più coinvolti non solo dalle caratteristiche del vino, ma anche dalla simpatia del produttore, dalla bellezza del territorio circostante e da tutte quelle sfumature difficilmente esprimibili con aridi punteggi. Scomparve in una giornata di autunno. Fu visto l?ultima volta su una collina delle Langhe, seminascosta da una fitta ed umida nebbiolina. C?è chi giura che non era solo, ma circondato da un gruppo di giovani festanti e giocosi che suonavano e ballavano. Poi più nulla, ma il vino ormai veniva apprezzato per quello che riusciva a trasmettere: praticamente tutti erano in grado di decidere da soli. Nessuno volle mai credere a quel vecchio ?maestro di vigna? che in mezzo all?umida foschia di quel giorno, con il mozzicone di sigaro in bocca, si stava godendo solitario il languido panorama delle sue vigne di Nebbiolo. Eppure lui era proprio convinto di aver udito il gruppo festante chiamare il ?Grande Estimatore? con quello strano nome mai sentito prima ?Διονύσος, Διονύσος !!? (Dioniso, Dioniso !!)
Dopo meno di un anno e mezzo di attivit?, Bardoc, almeno per il format attuale, ? arrivato al capolinea. La funzione che ha sin qui svolto questo blog, ossia soprattutto informare su quel che succede in terra bardolinista, e dimostrare che non v'era (non v'?) immobilismo, e semmai svegliare dal torpore chi si fosse assopito, ? conclusa. D'ora in poi, questo genere di informativa la dar? ufficialmente il Consorzio di tutela del Bardolino sul suo nuovo sito internet, www.ilbardolino.com, che ha in home page, appunto, un blog. Per quanto mi riguarda, ho accettato di dare una mano - pro tempore - al Consorzio e ai produttori bardolinisti: mi occupo, insieme con un piccolo staff di collaboratori, della promozione e della comunicazione consortile, mentre l'area tecnica ? affidata ad Andrea Vantini. Chiaro che per me si tratta di un cambio notevole: si chiude un periodo della mia attivit? di wine writer e se ne apre un altro, diverso, e con quali orizzonti non so. Una sfida, ma a (quasi) cinquant'anni, le sfide si possono accettare, appunto. Bardoc comunque non chiude. Penso di tenerlo aperto per dire - di tanto in tanto - la mia su alcune questioni bardoliniste. Per esprimere opinioni personali. Perch?, vivaddio, le mie idee son mie. E il sito consortile non ? la palestra per questo genere di esercizi. A presto, spero. E grazie per la simpatia che in tanti avete fin qui accordato a Bardoc: 30mila pagine viste in un anno per un web site che si occupa del "piccolo" Bardolino non sono cosa da poco. Assolutamente.
ore 20.30 Trimani Wine bar Via Goito, 20 - Roma "Sangiovese plurale" Degustazione e cena per la serie "aquattromani" Le tre zone storiche: Chianti classico, Montepulciano e Montalcino guidata da Giampaolo Gravina della Guida Espresso e da Paolo Trimani All’interno del programma “aquattromani” ci sarà, in buona compagnia, la degustazione del Brunello di Montalcino DOCG 2003 Franco Biondi Santi Tenuta Greppo. “aquattromani” è un nuovo modo di proporre il vino ideato da Cristiana Lauro ...
La sangria ? una bevanda alcolica a base di vino e frutta di origine spagnola e portoghese. Inoltre, va servita fredda. Per il resto, non esiste una ricetta unica. La sangria ? un drink che viene fatto molto con l’ispirazione, mettendo un po’ di questo e un po’ di quello.
Una versione base (che quindi lascia ampio spazio all’improvvisazione) pu? essere quella che segue.
Ingredienti: - 1 bottiglia di vino rosso (di qualit?, se volete una sangria all’altezza delle aspettative!) - 2 arance - 2 limoni - 2 pesche - 1 cucchiaino di zucchero - soda (o gassosa), circa 25 cl
Procedimento: spremete una arancia ed un limone e versate il succo in una grossa coppa o un’ampia caraffa. Tagliate invece a fettine sottili l’altra arancia e l’altro limone. Mettete anche queste fettine nella coppa. Tagliate le pesche a pezzetti e mettete anche questi nella coppa. Versate anche il vino e aggiungete lo zucchero. A questo punto, mescolate un po’ il tutto e mettete in frigo per diverse ore (la sangria deve essere fredda!). Prima di servire, aggiungete la soda e del ghiaccio.
Come detto, questa ? una versione base (molto base) della sangria. Spesso nella sangria si trovano anche altri ingredienti, come chiodi di garofano, cannella, vaniglia, qualche superalcolico (gin, cointreau, rhum, brandy, vodka, etc…), altra frutta (mele, pere, etc.).
Inoltre, in alcune zone della Spagna esiste anche una versione fatta con vino bianco anzich? rosso e prende il nome di sangria blanca.
Non esistendo una ricetta ufficiale, ? chiaro che un ingrediente chiave diventa l’ispirazione del momento. L’unica cosa davvero importante da tenere a mente ? che tutti gli ingredienti (a partire dal vino, ovviamente) devono essere di qualit?. Con questo non dico che vada usato del Barolo, ovviamente. Per? evitate vini da 1€ al litro, ecco
In particolare, vi consiglio un rosso abbastanza corposo: aglianico, cannonau, primitivo, etc.
E? davvero con grande curiosit? che ho deciso di dedicare tutta la giornata di oggi ad una full immersion (grande degustazione ed incontro-tavola rotonda con i produttori) nel mondo, che voglio decisamente conoscere meglio, di uno dei vini italiani pi? noti in casa nostra e nel mondo, il veronesissimo-gardesan-lacustre Bardolino, Doc dal lontano 1968. Sar? difatti, come pubblicamente annunciato qui da qualcuno che di Bardolino si occupa da anni, parlo di Angelo Peretti, curatore del blog BarDoc, non nella celebre localit? gardesana che d? il nome alla denominazione, bens? nella pianura di Sommacampagna, che insieme ad altri comuni (Torri del Benaco, Caprino, Rivoli, Pastrengo, Bussolengo, Castelnuovo del Garda, Sona, Peschiera del Garda, Valeggio sul Mincio) che diventano sedici, ovvero Affi, Bardolino, Bussolengo, Caprino veronese, Castelnuovo del Garda, Cavaion, veronese, Costermano, Garda, Lazise, Pastrengo, Peschiera del Garda, Rivoli veronese, Sona, Valeggio sul Mincio e Torri del Benaco, nel caso del Bardolino Docg, forma l?area di produzione del vino, per degustare nel corso della giornata non meno di una sessantina di Bardolino nelle diverse tipologie (Bardolino e Bardolino Classico, Bardolino Chiaretto e Bardolino Chiaretto Classico, Bardolino Superiore Doc - ?mi sono risparmiato il Bardolino Chiaretto spumante e Bardolino Novello e Bardolino Novello Classico?). E quindi, al termine di una prova assaggio che mi auguro stimolante, ampelograficamente e dal punto di vista dei riscontri qualitativi varia (le uve utilizzate sono diverse, Corvina, Rondinella, Molinara e Negrara soprattutto, che poi nel caso della discussa tipologia Superiore Docg diventano Corvina veronese (35-65%) pi? Rondinella (10-40%), oltre a Barbera, Cabernet Sauvignon, Corvinone, Marzemino, Merlot, Molinara Rossignola e Sangiovese che possono concorrere congiuntamente per un massimo del 10% oer ogni singolo vitigno) avr? il piacere di incontrare i produttori, per una discussione non solo sui vini che avr? provato e sulle mie impressioni, ma sulla realt? odierna, i problemi, le prospettive future di questo classico vino veronese e veneto. Tante le mie curiosit?: capire se la variet? di tipologie del Bardolino (da Novello a Chiaretto, da vino fresco e beverino a pi? impegnativa variet? Superiore quasi da ?invecchiamento?) siano un pregio o un limite della denominazione, comprendere se davvero il Bardolino Chiaretto costituisca la quintessenza dell?anima ?lacustre? del vino, e poi verificare quale armonia e collaborazione ci sia, nel Superiore Docg, tra le uve autoctone e quelle internazionali, e se l?area pi? antica, che produce il Bardolino D.O.C. classico e comprende tutto il territorio dei comuni di Bardolino e Garda ed in parte quello di Lazise, Cavaion, Costermano e Affi abbia davvero una ?marcia in pi?? rispetto al resto della denominazione. E ancora, visto che tra i produttori aderenti al Consorzio ci sono piccole aziende agricole, imbottigliatori, grandi case, cantine sociali, capire come si armonizzino filosofie e realt? produttive ben diverse tra loro. Sono persuaso che l?area di produzione del Bardolino, che si pu? visitare tramite una bella Strada del vino, sia un?area molto interessante e bella da visitare, soprattutto nella bella stagione, e che il vino, con la sua popolarit? universale (popolarit? che non ? sempre sinonimo di grande immagine: nel Regno Unito, ad esempio, non hanno un?immagine sconvolgente del Bardolino?), e la sua storia meriti di essere conosciuto, indagato, ?auscultato? con attenzione. Sono ben felice che il Consorzio tutela vino Bardolino, con grande disponibilit?, abbia accettato la mia proposta di organizzarmi questa degustazione, che vado a fare con assoluta apertura mentale e senza arri?res pens?es, con quella curiosit? intellettuale e volont? di capire che dovrebbe essere sempre, credo, il giusto atteggiamento di un cronista del vino. Che si accinga a degustare Barolo o Brunello di Montalcino, oppure, pi? semplicemente Bardolino, Soave oppure (altra verifica che prima o poi dovr? decidermi a fare) Gavi.
E' in corso un dibattito veramente interessante e un dato curioso è che lì, tra le decine di interventi, così come altrove (IDR, il mangione) il mondo viene diviso in fighetti, gourmet & appassionati da un lato e "la gggente"...