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| [12/22/2025, 20:15] | Panettone & Pandoro ? Natale 2025 le selezioni personali di VG (Disclaimer: non ? una classifica) |  |  Panettone & Pandoro ? Natale 2025 | La mia selezione personale (Disclaimer: non ? una classifica) Dicembre ha un linguaggio tutto suo: burro caldo, vaniglia, agrumi, lievito madre che fa il suo lavoro in silenzio (ma con effetti speciali). Ogni anno mi prendo il tempo, quello vero, per ricercare, assaggiare, confrontare, riascoltare il palato. Non inseguo ?il migliore? in senso assoluto: questa non ? una classifica. ? una ricerca/selezione personale alla ricerca del meglio e dei migliori, fatta di prove sul mercato, di consistenze, profumi, equilibrio zuccherino, qualit? dei canditi, pulizia aromatica, ?masticabilit?? dell?impasto e quel dettaglio che fa la differenza: la voglia di tornare alla seconda fetta. La selezione 2025 mette insieme firme iconiche e artigiani con una mano precisissima. Tradizione, s? – ma senza nostalgia: qui la tradizione ? una cosa viva. Qui sotto la mia personalissima selezione 2025, in rigoroso ordine alfabetico: CAPOLINEA ? Panettone tradizionale  Un tradizionale che non fa filosofia: fa Natale. Arancia, uvetta, impasto morbido, comfort immediato. Quello da portare a pranzo ?anche se siamo gi? in troppi?, perch? tanto poi sparisce. E la cosa pi? bella ? che resta artigianale e sincero. Capolinea nasce con l?anima da laboratorio (e da golosi curiosi): dal gelato ai lievitati il passo non ? breve, ma quando lo fai ?coccolando? davvero il lievito madre, il risultato si sente. Qui l?idea ? chiara: lavorare di tecnica e stagionalit?, con un approccio artigianale che non si prende troppo sul serio? ma fa molto sul serio le cose buone. In degustazione: panettone tradizionale confortante, schietto, natalizio nel senso migliore. Impasto morbido e profumato, dolcezza composta, finale pulito. Quello che ?metti in tavola e sei gi? a posto?. CIACCO LAB ? Panettone + novit? ?Torta di Rose?  Ciacco alias Stefano Guizzetti ? pulizia e personalit?: un panettone umido il giusto, soffice, con aromi netti e una dolcezza mai urlata. ? il classico esempio di lievitato ?moderno? che non cerca di piacere a tutti: cerca di piacere bene. La Torta di Rose (novit?) ? la cosa conviviale che ti aspetti: si stacca, si condivide, si finisce troppo in fretta. E va benissimo cos?. Ciacco ? un laboratorio che dichiara una cosa che mi piace: ricerca e innovazione, ma con l?ossessione della precisione. Profili aromatici netti, texture umida e soffice, ingredienti scelti con intenzione: non ? estetica, ? metodo. In degustazione: panettone dalla trama setosa, profumo centrato, dolcezza mai invadente: sa essere contemporaneo senza diventare ?furbo?. La Torta di Rose ? la sorpresa conviviale: morbida, da staccare con le mani, da finire troppo in fretta. ? quel dolce che mette tutti d?accordo senza nemmeno provarci. DA VITTORIO ? Panettone Classico  Un classico di una “grande casa?: impasto pieno, elegante, con quella dolcezza ben dosata che non copre mai la parte burrosa. Canditi e uvetta in equilibrio, profumo lungo, finale pulito. ? il panettone che apparecchia la tavola da solo: lo apri e la stanza capisce che ? Natale. Qui parliamo di una firma che non ha bisogno di presentazioni: famiglia, cucina, rigore e una cultura dell?ospitalit? che ? diventata scuola. Anche nel panettone si sente quella mano ?da grandi numeri?, dove la tradizione viene rispettata ma rifinita con disciplina e gusto.? In degustazione: classico importante, profumo lungo, impasto soffice e dorato. Uvetta e canditi stanno al loro posto, la vaniglia resta elegante, e l?insieme ha una rotondit? da tavola delle feste: non stanca, accompagna. DOLCEMASCOLO ? Panettone & Pandoro artigianali  DolceMascolo gioca in una categoria tutta sua: impasti setosi, equilibrio, eleganza. Il Panettone ha materia prima riconoscibile (burro, vaniglia, canditi) e una trama che resta fine, ?signorile?. Il Pandoro ? soffice, profumato, e ti fa capire perch? questo dolce, quando ? fatto bene, non ha bisogno di nient?altro. Una storia di famiglia e di mestiere, costruita su generazioni e su una certa idea di ?alta pasticceria? che non deve dimostrare nulla: lavora bene e basta. Burro buono, vaniglia naturale, lievitazioni lunghe e una ricerca costante sulla pulizia del gusto.? In degustazione: -
Panettone armonico, gentile, dalla dolcezza misurata: ti invita a rientrare. -
Pandoro soffice, burroso, vanigliato, con un morso uniforme e ?luminoso?: perfetto anche tiepido, senza bisogno di trucchi. FORNO FOLLADOR ? Panettone & Pandoro  Qui si gioca sul registro della tradizione fatta bene: profumi nitidi, lievitazione che punta alla fragranza e alla golosit? senza pesantezza. Il Panettone ? morbido, con canditi importanti e una vaniglia che resta educata. Il Pandoro ? dorato, burroso, vanigliato: quello che, se lo scaldi appena, diventa quasi una crema d?aria. Forno Follador racconta bene la sua identit?: artigianato che diventa impresa senza perdere l?anima, con una filiera e una selezione materie prime dichiarate e coerenti. Tradizione s?, ma aggiornata da una mentalit? moderna. In degustazione: panettone pieno e profumato, pandoro pulito e rotondo: due prodotti che puntano alla sostanza e alla riconoscibilit?. Quelli che piacciono a tutti, ma fatti bene davvero. LOISON ? Panettone al Mandarino Tardivo di Ciaculli  Loison ? una maison storica della pasticceria italiana: ?dal 1938? non ? una scritta, ? un?impronta. E quando Dario Loison decide di lavorare un ingrediente identitario come il Mandarino Tardivo di Ciaculli (Presidio Slow Food), lo fa con un?impostazione quasi sartoriale: canditura su misura, intensit? agrumata riconoscibile, equilibrio studiato. Qui l?agrume non ? ?nota?, ? firma. Il mandarino di Ciaculli porta un profumo intenso, naturale, con quella dolcezza agrumata che resta luminosa. ? un panettone che sembra fatto apposta per chi ama i finali freschi, puliti, e per chi cerca un regalo natalizio che si ricorda. In degustazione: qui l?agrume ? protagonista ma non prepotente: profumo vivo, bocca fresca, finale luminoso. Panettone ?da regalo? (anche a te stesso) perch? resta in memoria. OLIVIERI 1882 ? 3 panettoni + Pandoro  Olivieri 1882 porta addosso una data che pesa bene: famiglia e forno dal 1882, oggi con una visione contemporanea e un respiro internazionale, senza perdere l?ossessione per la lievitazione e la qualit?. Olivieri ? la dimostrazione che il panettone pu? essere anche ?alta manifattura?: impasti ricchi ma leggibili, texture ariosa, gusto che resta lungo. Nella mia degustazione 2025 ho messo in fila tre interpretazioni (dal Classico alle varianti pi? golose e particolari) e poi il Pandoro, che lavora sulla purezza: burro, vaniglia, morbidezza e una sensazione finale pulita. Se cercate la scatola ?importante? che fa scena, e sostanza, siete nel posto giusto. Il Pandoro ? ?puro?: burro e vaniglia in primo piano, texture soffice, finale pulito. Uno di quelli che ti ricorda perch? il pandoro, quando ? fatto bene, ? un grande dolce. In degustazione Focus: Panettone Nero con Mou e Nocciole C?? anche il lato ?rock? del Natale, e Olivieri lo firma in nero. Il Panettone Nero con Mou e Nocciole ? scuro, soffice, goloso, ma con una precisione da alta manifattura: quattro giorni di lievitazione, una glassa al cacao che ti prende al primo sguardo, mou vellutato in trama e nocciole tostate che danno ritmo e croccantezza. ? uno di quei lievitati che non chiedono permesso: entrano in tavola e si prendono la scena. E s?, si capisce che dietro c?? stato un lavoro vero: provato, riprovato, calibrato fino a farlo diventare ?nuovo classico? per chi ama il lato pi? dark (ma elegantissimo) delle feste.  PAV? MILANO ? Panettone classico + Albicocca, Limone & Tonka  Pav? lavora come una boulangerie che ha studiato pasticceria: precisione, ritmo, struttura. La versione Albicocca?Limone?Tonka ? la deviazione felice: agrume brillante, frutta che ?morde? e una spezia finale che non fa scena ? fa profondit?. Panettone contemporaneo, ma con buon senso. Pav? ? parte della nuova grammatica della colazione milanese: nato nel 2012 in Porta Venezia, pasticceria artigianale con un?idea precisa di qualit? quotidiana.? In degustazione: -
Classico: lineare, compatto ma soffice, profumatissimo, senza fronzoli. -
Albicocca, Limone & Tonka: pi? ?scintillante?, con agrume che alza il ritmo, frutta che d? polpa e una spezia finale che aggiunge profondit? senza profumare di profumeria. PEPE MASTRO DOLCIERE ? Pandoro artigianale  Pandoro d?autore: burro e vaniglia in primo piano, con una struttura che resta ariosa e composta. ? quel tipo di pandoro che non chiede creme o salse per diventare interessante: lo ? gi?. (Poi se vuoi giocare, una zabaione leggerissima ? il suo smoking.) Qui c?? una continuit? di scuola e di famiglia: il solco del Maestro Alfonso e un?identit? campana che sa essere generosa ma precisa.? In degustazione: pandoro opulento ma non stucchevole: burro e vaniglia con un profilo aromatico ricco, impasto soffice, finale che resta. Il pandoro ?da zabaione? ? ma anche da solo, a luci basse, funziona benissimo. RENATO BOSCO ? Panettone & Pandoro tradizionali + pairing con Champagne  Bosco ? ?impasto? nel senso pi? alto: mano da lievitista, energia controllata, ritmo. Il Panettone tradizionale ha profumo classico, struttura ariosa e una masticazione pulita: ? un dolce che si fa mangiare con facilit? disarmante. Il Pandoro lavora di burro e vaniglia, ma con un finale preciso, non stucchevole. E poi c?? il mio gioco serio del 2025: Panettone + Champagne V. Etien ?Classique Brut? (selezione Dalmaso). Un abbinamento che funziona perch? lo Champagne ?pulisce?, rialza gli agrumi e lascia il burro pi? nobile, pi? lungo. Bosco ? un nome che ha spostato l?asticella sul tema lievitazioni, con la sua ?Pasta Madre Viva? e un approccio da ricercatore (prima ancora che da artigiano). In degustazione: -
Panettone tradizionale: impasto soffice, profumo nitido, equilibrio classico. -
Pandoro tradizionale: burroso, elegante, con note agrumate/vanigliate ben dosate. E poi il mio ?twist? 2025: panettone + Champagne V. Etien 1er ?Brut Classique? (selezione Dalmaso). Uno Champagne sapido e fresco, che pulisce il burro e accende gli agrumi: pairing natalizio da segnare. VIGNOLA ? Panettone Classico Milanese  Il Milanese nella sua grammatica pi? corretta: arancia e cedro, uvetta ben presente, profumo che richiama subito la fetta ?da colazione di festa?. Ha un carattere pulito, tradizionale, e una bella sensazione di pasticceria vera: niente effetti speciali, solo solidit?. Pasticceria Vignola (Solofra, Irpinia) ? una storia di famiglia dal 1967, con un?identit? da lievitista che negli anni ha raccolto attenzioni e premi. In degustazione: ?Classico Milanese? fatto con rigore: arancia e cedro ben presenti, uvetta in equilibrio, impasto soffice e profumato. Tradizione rispettata, ma con una pulizia moderna: il classico, senza polvere.  Eccovi l?elenco della selezione VG Natale 2025,? in ordine alfabetico per produttore, con citt? (provincia) e link diretto a sito/shop:  Questa selezione ? il mio modo di dire: Natale non ? solo un giorno, ? una somma di dettagli. E un grande lievitato ? uno di quei dettagli che cambiano l?umore della tavola. Il grande lievitato, per me, ? questo: un lusso gentile. Non l?oggetto pi? costoso, ma quello pi? curato. Se avete assaggiato qualcuno di questi, sono curioso: su quale vi siete ritrovati a tornare con la seconda fetta?  E, secondo voi, quali altri nomi meritano un posto nella selezione 2026? Vi aspetto sui nostri social: voglio leggere i vostri pareri (e le vostre segnalazioni). Instagram: @viaggiatoregourmet Grazie dell’attenzione e Buone Feste, VG / Viaggiatore Gourmet  L'articolo Panettone & Pandoro ? Natale 2025 le selezioni personali di VG (Disclaimer: non ? una classifica) proviene da ViaggiatoreGourmet alias AltissimoCeto!. | | TrackBack> |  |  |  |
| [12/18/2025, 11:11] | Franciacorta, L?Albereta: una sera con Franco Pepe, tra cultura della pizza e ospitalit? d?autore ? Erbusco (BS) |  | L?ALBERETA RELAIS & CH?TEAUX OSPITA LA PRESENTAZIONE UFFICIALE DEL LIBRO DI FRANCO PEPE ?FRANCO PEPE: PIZZA CHEF?  Erbusco, 17 dicembre 2025?? L?Albereta Relais & Ch?teaux ? lieta di annunciare la presentazione del libro di Franco Pepe, ?Franco Pepe: Pizza Chef?, edito Phaidon (L?Ippocampo, Planeta Gastro). Il volume racconta la visione, la storia e la ricerca instancabile di Franco Pepe sull?impasto e sul gusto, portando la cultura della pizza oltre i confini della tradizione. ??  ?  Ci sono presentazioni che non sono ?solo? presentazioni: diventano dichiarazioni d?intenti, piccoli manifesti contemporanei sul modo in cui l?Italia sa raccontare s? stessa a tavola. Per questo, come Altissimo Ceto / Viaggiatore Gourmet, ho voluto essere presente a L?Albereta Relais & Ch?teaux per la presentazione ufficiale di ?Franco Pepe: Pizza Chef? (Phaidon ? L?Ippocampo / Planeta Gastro), volume disponibile in pi? lingue e pensato per portare la cultura della pizza oltre i confini della tradizione, senza tradirne l?anima. La serata dedicata alla stampa ha avuto il tono giusto: elegante, vero, concreto. Ad accogliere gli ospiti, Carmen Moretti e Franco Pepe, in un dialogo con Elisia Menduni (coautrice del libro), moderato da Chiara Maci. Un racconto fatto di visione e dettagli: impasti, gusto, ricerca, territorio, memoria. Ma soprattutto una cosa che ci interessa da sempre: identit?. Quella che non si improvvisa, e che si sente al primo morso.  Poi, il passaggio naturale dal racconto all?esperienza: la cena degustazione a La Filiale, la pizzeria d?autore di Franco Pepe all?interno de L?Albereta, in abbinamento ai Franciacorta di Contadi Castaldi. Un pairing che ha un senso preciso: qui la pizza non ?si abbina? per moda, si dialoga davvero con il vino. E quando succede, la tavola smette di essere un format e torna ad essere un momento.  C?? anche un contesto simbolico che rende questa tappa ancora pi? potente: la coincidenza, ricordata durante l?incontro, con i giorni successivi al riconoscimento della Cucina Italiana come patrimonio culturale dell?umanit? UNESCO. Un promemoria attualissimo: il nostro saper fare non ? solo tecnica, ? cultura viva. E la pizza, quando ? nelle mani giuste, diventa uno dei suoi linguaggi pi? universali. Nel libro sfilano ricette che sono ormai icone: La Ritrovata, omaggio alla marinara del padre; la Crisommola del Vesuvio in versione dessert; Sensazione di Costiera; e la celebre Margherita Sbagliata, che ?sbagliata? non ? mai: ? una firma, un?idea, una traiettoria.   Franco Pepe: “Per me presentare questo grande progetto a L?Albereta, insieme alla famiglia Moretti, ? un grande onore. Nel raccontare il mio percorso non posso che sentirmi profondamente ispirato dai nove anni trascorsi qui, a La Filiale, accanto alla famiglia Moretti. Un?esperienza che ha rafforzato una visione condivisa, fondata su valori autentici, rispetto del territorio e ricerca della qualit?. Gli stessi valori che guidano il nostro lavoro a Caiazzo e che, fin dall?inizio, abbiamo voluto trasferire anche qui in Franciacorta, dando vita a un dialogo continuo tra luoghi, persone e cultura del cibo” Elisia Menduni, coautrice del libro: ?Questo libro nasce dall?amicizia decennale con Franco Pepe e dalla mia passione e ricerca sulla pizza. Tutto ? partito da un vero colpo di fulmine che Franco scaten? in me quando assaggiai per la prima volta il suo Calzone con la scarola. Scrivere questo libro ? stata un?avventura straordinaria, un?immersione nella passione di un uomo unico, il cui amore per la pizza ? autentico e profondo. Lavorare con il team di Pepe in Grani mi ha fatto sentire parte di una famiglia e mi ha permesso di conoscere meglio un territorio pazzesco.? 18 dicembre: L?Albereta apre l?esperienza anche agli appassionati: cena a La Filiale in compagnia di Franco Pepe e possibilit? di acquistare il volume. Un?occasione rara, perch? qui non si viene a cercare ?la pizza pi? famosa?: si viene a capire perch? una pizza pu? diventare cultura, e come un Relais & Ch?teaux possa accoglierla senza snaturarla, anzi elevandone il racconto. Noi c?eravamo. E come sempre, quando il contenuto ? vero, non serve alzare la voce: basta ascoltare, osservare, assaggiare. E poi raccontare. Nel nostro modo.  Un grande grazie e arrivederci alla prossima esperienza. La Filiale @ L’Albereta Relais&Chateaux Indirizzo: Via Vittorio Emanuele, 23, 25030 Erbusco BS – Tel. 030 776 0550 L'articolo Franciacorta, L?Albereta: una sera con Franco Pepe, tra cultura della pizza e ospitalit? d?autore – Erbusco (BS) proviene da ViaggiatoreGourmet alias AltissimoCeto!. | | TrackBack> |  |  |  |
| [12/09/2025, 20:29] | Ristorante Berton ? Chef Andrea Berton ? Milano (MI) |  | Ci sono ristoranti che raccontano una storia prima ancora che il primo piatto arrivi in tavola. Il Ristorante Berton ? uno di questi: un luogo in cui la modernit? incontra la precisione, dove ogni dettaglio, dalle linee essenziali degli arredi alle ampie vetrate che abbracciano il profilo futuristico di Porta Nuova, sembra essere parte di una narrazione pi? ampia, coerente, profondamente milanese. L?esperienza qui non ? mai una sola. Si pu? scegliere l?intimit? raffinata del tavolo ?Carrozza?, avvolto in una nicchia di legno e affacciato, tramite un vetro garzato, direttamente sulla cucina; oppure spingersi oltre e accomodarsi allo Chef?s Table, un tavolo per due che regala la possibilit? di vivere la cucina ?senza filtri?, lasciandosi guidare in un menu libero, pensato al momento. Per chi cerca riservatezza assoluta, una saletta privata accoglie fino a otto ospiti, completata da uno schermo a parete che la rende ideale per incontri di lavoro o esperienze personalizzate. Chiaramente oltre alla sala principale, noi questa volta ci siamo accomodati nella splendida new entry del dehor. Al centro di tutto c?? lui, Andrea Berton: friulano classe 1970, nato professionalmente nella scuola rigorosa di Gualtiero Marchesi e formatosi nelle cucine che hanno definito l?alta ristorazione europea, da Londra a Firenze, da Montecarlo al ritorno milanese. Stella dopo stella, riconoscimento dopo riconoscimento, Berton ha costruito un percorso cristallino, fino all?apertura del ristorante che porta il suo nome, nel 2013, alle Varesine: proprio l? dove, passando ogni giorno davanti al cantiere, aveva immaginato che un giorno avrebbe preso forma la ?sua? cucina. Una cucina che mette al centro l?ingrediente, la sua storia e la sua verit?. Una cucina moderna ma mai criptica, dove il brodo diventa piatto, linguaggio, firma. Dove stagionalit? e precisione si incontrano in piatti che ricercano l?equilibrio, pi? che l?effetto. E dove la brigata, guidata da passione e rigore, trasforma ogni servizio in un racconto sensoriale fatto di consistenze, profondit? e trasparenze. ? in questo contesto, tra modernit?, rigore e una visione tanto nitida quanto personale, che si pu? vivere un percorso che attraversa il pensiero gastronomico di Berton, ne svela le geometrie, e restituisce, piatto dopo piatto, l?essenza di una cucina che non ha bisogno di alzare la voce per farsi ricordare. La squadra Chef Patron: Andrea Berton Direttore di sala: Gianluca Laserra Sommelier: Luca Enzo Bert? Executive chef: Simone Sangiorgi Sous chef: Luca Seccatore Ci accomodiamo al tavolo…  Subito a sintonizzare lo scenario di quartiere.  Iniziamo con un calice di Franciacorta “Annamaria Clementi” 2016 – Ca’ del Bosco Dal colore giallo paglierino, rivela al naso profumi di lievito, fiori bianchi, agrumi e spezie. Al palato regala un gusto intenso, corposo e persistente.   La sequenza degli amuse bouche apre il percorso con piccoli assaggi che giocano su freschezza, contrasti e richiami mediterranei. Il croccante con tzatziki e cetriolo ? un morso pulito e rinfrescante, che spezza subito il ritmo e prepara il palato. Il wafer al mais accoglie una crema di tonno arricchita da pomodoro piccante e mandorle salate: un boccone ricco, rotondo, che si chiude con una nota croccante. Il cono di alghe con salmone e panna acida profuma di mare e richiama consistenze morbide, iodate, immediate. La sfera di parmigiana di melanzane ? un omaggio elegante alla tradizione, un piccolo concentrato di comfort food avvolto in una veste moderna. Infine, amaranto e barbabietola restituiscono un sapore pi? vegetale, terroso e gentile, che riporta l?attenzione sull?essenzialit? degli ingredienti.    Iniziamo il nostro percorso con il brodo di verdure e Grana Padano Riserva: un brodo limpido e aromatico che esalta la purezza delle verdure e la profondit? del Grana Padano, definendo immediatamente la filosofia della cucina.   Pane e grissini fatti in casa…   Segue il minestrone di verdure, fungo Portobello, prezzemolo e acetosella: un minestrone contemporaneo, preciso nei tagli e nei sapori, arricchito dalla presenza del Portobello e ravvivato dalla freschezza acida dell?acetosella.     Al quale abbiniamo Sauvignon ‘Quarz’ 2021 – Cantina Terlano Il “Quarz” ? una ricca, complessa e corposa espressione di?Sauvignon?della cantina Terlano. Sprigiona profumi di mela, frutta gialla, frutta esotica ed erbe aromatiche. Al palato ? morbido, caldo e vellutato, di esuberante freschezza e sapidit?.  Che accompagna divinamente anche il brodo di calamari ? calamaro, melanzana alla brace e more: un brodo marino avvolgente che incontra la morbidezza del calamaro, l?affumicato della melanzana e la nota scura e sorprendente delle more.   Assaggiamo ora Gr?ner Veltliner Weinviertel DAC Reserve R?schitz Ried M?hlberg 2021 – BIO Weingut Gruber R?schitz Giallo brillante con riflessi verdognoli. Il naso ricorda la mela fresca in contrapposizione a fini note erbacee. Il sorso ? succoso e fruttato, un po’ di pepe bianco, continuano anche le sfumature di pomacee fresche, delicato retrogusto speziato.  Che si sposa con la lasagna di piccione: un?interpretazione moderna e raffinata della tradizione, con sfoglie sottili e un ripieno intenso ma perfettamente equilibrato.    Segue la ricciola scottata e cruda, basilico, glassa al pomodoro, finocchio marino e limone confit: un gioco di consistenze tra crudo e cotto, armonizzato dalla dolcezza della glassa al pomodoro, dal profumo del basilico e dalla freschezza salmastra del finocchio marino. Il limone confit illumina il piatto.       Passiamo ai rossi con Bourgogne Dubreuil Fontaine 2023 – Notre Dame de Bonne Esperance? Questo Pinot Noir ? ottenuto da uve vendemmiate manualmente; la vinificazione avviene in vasche di acciaio e l?affinamento, che dura da 10 a 12 mesi avviene in parte in botti di rovere usate. Un vino che si presenta con un piacevole profumo di frutti rossi, soprattutto more e lamponi. Al palato ? raffinato e leggermente speziato, con un bel finale di mora e fragola.  Ottimo matrimonio con la pluma di maiale al carbone, peperoni, zenzero e arachidi: carne succosa e affumicata al carbone, accompagnata dalla dolcezza dei peperoni, da note aromatiche di zenzero e dalla croccantezza delle arachidi.   Pluma di maiale al carbone, peperoni, zenzero e arachidi  Prima di passare ai dessert: Vermouth Rosso “721” – Dibaldo Sprigiona un dolce profumo delicato di rosa, al palato ? irresistibile, la dolcezza, tutta naturale ovviamente, senza aggiunta di caramello o coloranti, ? perfettamente bilanciata da una sensazione amaricante che dona anche grande aromaticit?.  Spettacolare il brodo di foglie di fico ? ricotta, fichi e olio di foglie di fico: un intermezzo che profuma d?estate, dove la dolcezza del fico dialoga con la cremosit? della ricotta e con la delicatezza verde dell?olio di foglie di fico.   Che apre la strada al brodo di lamponi e cascara ? meringa, lamponi, olio al caff?, sorbetto alla menta e limone: un dessert costruito su acidit? e freschezza, bilanciato dalla leggerezza della meringa e dalla complessit? dell?olio al caff?, con un sorbetto che risveglia il palato.  Terminiamo con caff? e piccola pasticceria: un finale goloso con cioccolato declinato in varie combinazioni: amarena, passion fruit, arachidi, gianduia e nocciola,?insieme al morbido marshmallow al cocco, alla tarteletta al pistacchio, al bab? al rum e al biscotto bretone con frutti rossi, per una chiusura ricca e giocosa.  Grazie di cuore e…alla prossima! CUCINA La cucina di Andrea Berton ? una dichiarazione di intenti: modernit? limpida, tecnica misurata e una ricerca dell?essenza che non rinuncia mai alla profondit?. Ogni piatto nasce da un?idea chiara, spesso costruita attorno a un ingrediente che diventa protagonista assoluto, raccontato attraverso consistenze e temperature calibrate con precisione. L?uso del brodo, nobilitato a piatto e non pi? semplice preparazione di servizio, sintetizza perfettamente la filosofia dello Chef: estrarre l?anima dell?ingrediente, renderla riconoscibile, e trasformarla in un?esperienza gustativa che rimane impressa. SERVIZIO E ACCOGLIENZA Il servizio ? attento, discreto, misurato. La squadra di sala accompagna con naturalezza lungo il percorso gastronomico, senza invadenza ma con una professionalit? evidente in ogni gesto. L?accoglienza ? sartoriale: che si scelga l?atmosfera pi? conviviale della sala, la privacy del tavolo ?Carrozza? o l?immersione totale dello Chef?s Table, ogni ospite viene guidato attraverso un?esperienza costruita su misura. Ritmi, spiegazioni e cura dei dettagli risultano armonici, contribuendo a un senso di totale fluidit?. CONCLUSIONI Il Ristorante Berton si conferma un luogo dove eleganza e contemporaneit? convergono in una proposta gastronomica solida, identitaria e priva di ridondanze. Lo stile dello Chef, rigoroso ma empatico, tecnico ma mai freddo, emerge in ogni piatto e trova nella sala un prolungamento coerente. ? un?esperienza pensata per chi cerca autenticit?, precisione e una cucina che racconti davvero ci? che vuole dire. Un indirizzo che continua a evolversi senza tradire la propria essenza. Ristorante Berton Via Mike Bongiorno 13 – 20124 Milano Tel: +39 02 67075801 Sito web: ristoranteberton.com Mail: info@ristoranteberton.com Marted?: 19:30 ? 22:00 | Da mercoled? a sabato: 12:30 ? 14:00 e 19:30 ? 22:00 Domenica e luned?: chiuso L'articolo Ristorante Berton – Chef Andrea Berton – Milano (MI) proviene da ViaggiatoreGourmet alias AltissimoCeto!. | | TrackBack> |  |  |  |
| [12/03/2025, 09:06] | Cortile Spirito Santo Chef Giuseppe Torrisi ? Palazzo Salomone Luxury Suites a Ortigia ? Siracusa (SR) |  | Tra le strette vie di Ortigia, dove la pietra calcarea del Seicento racconta ancora di mare e dominazioni antiche, sorge Palazzo Salomone: un boutique hotel che incarna l?essenza della Sicilia pi? autentica e raffinata. ? qui, nel suo cuore silenzioso e carico di fascino, che trova casa Cortile Spirito Santo, ristorante insignito di una stella MICHELIN e affacciato sull?omonima chiesa. Una location che unisce storia, cultura e contemporaneit?, avvolgendo l?ospite in un senso di intima eleganza?quella che si pu? trovare solo nei luoghi in cui ogni dettaglio ? pensato per accogliere. La filosofia culinaria che guida la cucina di Cortile Spirito Santo si fonda sulla stagionalit?, sulla territorialit? e sull?eticit? degli ingredienti: pesce locale di primissima scelta, carni siciliane, tartufi e funghi raccolti nei boschi dell?Etna e degli Iblei. Una selezione accurata che diventa materia di racconto gastronomico grazie allo Chef Giuseppe Torrisi, interprete di una Sicilia che non rinuncia alle proprie radici ma le rilegge con sensibilit? contemporanea. Il men?, costruito seguendo il ritmo delle stagioni e ci? che il mercato offre nel suo momento migliore, esprime un equilibrio fine tra tradizione e innovazione. Piatti di mare e di terra si susseguono con un?intenzione chiara: valorizzare l?identit? siciliana attraverso una cucina che accoglie, sorprende e appaga. Cenare qua significa investire in una serata che ? in grado di regalare autenticit? e ricerca, bellezza e gusto, dal retrogusto indimenticabile. La squadra: Executive Chef: Giuseppe Torrisi Head Chef: Rino De Gregorio Chef de partie: Parves Md Pastry chef: Daniele Licciardello Direttore di Sala: Raffaele Cond? Maitre: Rosario Campailla Sommelier: Antonino Amato Chef de rang: Imran Imu Chef de rang: Santino Marc? Commis de rang: Miriam Samindi Apriamo le danze con gli amuse-bouche: -
Siciliana di tuma e acciughe: una piccola pasta ?siciliana?, farcita con morbida tuma e un cuore sapido di acciughe, avvolta da un crumble di mollica tostata che richiama la pi? autentica tradizione isolana. Il boccone ? accompagnato da un?acqua di recupero di tuma servita in un delicato bicchierino: prima si assapora la croccantezza, poi si chiude il cerimoniale sorseggiando il brodo lattiginoso, in un gesto semplice ma denso di memoria. -
Pan Bao alle verdure orientali: un soffice pan bao introduce un inatteso ponte culturale: verdure lavorate all?orientale, cipolla rossa marinata e una maionese alla senape che lega con freschezza e aromaticit?. Un boccone agile, immediato, quasi un soffio speziato. -
Macco di fave fritto: il macco, pilastro della cucina povera siciliana, qui si trasforma in una crocchetta dorata e fragrante: l?esterno ? croccante, l?interno cremoso. Ad accompagnarlo, una maionese al limone e piccoli frammenti di limone candito che amplificano la parte agrumata e donano verticalit? al piatto. -
Crespellina con ricotta fermentata e sgombro marinato: una sottile crespellina custodisce ricotta di pecora leggermente fermentata, dal carattere deciso e lattico. In superficie incontriamo sgombro marinato, una maionese al limone e menta e un gel di cipolla che aggiunge freschezza e profondit? aromatica. Il risultato ? un equilibrio tra mare, erbe e note acidule. -
Tartelletta di pelle di pollo con fegatini e spuma alla cacciatora: una tartelletta inusuale, realizzata con pelle di pollo cotta al BBQ fino a diventare croccantissima, accoglie un morbido ripieno di fegatini e una spuma alla cacciatora, intensa e avvolgente. A completare l?esperienza, un piccolo bicchiere di consomm? di pollo aromatizzato al limone, pensato per ripulire il palato con eleganza e riportare tutto all?essenziale.  Abbinati a Terre Siciliane IGT Noblesse Carricante Spumante Brut Metodo Classico – Benanti Alla vista appare giallo paglierino scarico con accesi riflessi verdi. Perlage caratterizzato da bollicine numerose, fini e persistenti. Intenso e delicato al naso, con sentori agrumati di fiori di zagara e mela acerba. Al palato si presenta secco, minerale, con una piacevole acidit? e una gradevolissima persistenza aromatica al retrogusto.   La selezione del pane: in tavola arrivano grissini al sesamo sottili e fragranti, seguiti da cialde di cracker alla curcuma, arricchite da rosmarino e un tocco aromatico di pepe verde: leggeri, profumati, quasi eterei. Il cuore della proposta resta per? il pane della casa, preparato con un blend di due grani antichi siciliani?Tumminia e Russello?lavorati con pazienza in una lievitazione di 48 ore che regala struttura, intensit? e una naturale dolcezza. Il piattino del pane amplia ulteriormente il ventaglio dei sapori: una girella di sfoglia alla carota, tirata con burro d?alpeggio e rifinita con sale di Mozia, una focaccina di patate al cipollotto dal morso morbido e aromatico, e una fetta di pane ai cereali che arricchisce la degustazione con note tostate. A completare il servizio: - Olio Sciabacco, monocultivar Moresca della zona di Mazzarrona, intenso e verde, capace di raccontare la Sicilia in una sola goccia.
- Burro affumicato, montato con origano secco, foglie di limone essiccate, scorza fresca, erbette aromatiche (origano, timo, salvia, alloro) e un sottile velo di polvere di capperi: una crema vellutata e persistente, che profuma di macchia mediterranea.
 Per il prossimo abbinamento stappiamo un Gewurztraminer Beblenheim 2019 – Domaine Trapet Di colore giallo paglierino medio e brillante. Al naso note agrumate chiare e brillanti, come quelle dei limoni di Amalfi e del cedro, accompagnate da affumicature, calcare ed erbe aromatiche. Presenta un’acidit? elettrizzante con una vibrazione minerale, ricca di agrumi e frutta a nocciolo croccante con una nota salata.  Alalunga e Gambero Rosso d?Ortigia. Il piatto si apre con una base fresca di finocchio e sedano, che prepara il palato alla delicatezza del crudo. Sopra, si alternano le trasparenze dell?alalunga, la sapidit? del gialletto di Paceco e la dolcezza inconfondibile del Gambero Rosso d?Ortigia. Una maionese al limone e un gel di cipolla aggiungono profondit? acida e aromatica, mentre una leggera affumicatura all?origano avvolge l?insieme in una nota quasi rituale. A completare, un?essenza di agrumi siciliani che illumina il piatto.   Passiamo ora a Carricat – Alessandro Viola? Sapido e minerale, con note di fiori bianchi e frutta gialla. Ricco di acidit? e freschezza, ma anche di profondit? e struttura. Sicilia in un calice, dal profilo classico, eppure decisamente naturale.  Splendidamente abbinato alla?cipollata, un omaggio raffinato allo street food catanese. La cipolla, sbollentata per alleggerirne la forza, diventa involucro morbido che accoglie seppie e guanciale. Il piatto si completa con tenerumi, nero di seppia e ricci di mare, in un gioco di mare e terra che affonda nella memoria gastronomica dell?isola.    A lato, un sorprendente ?cappuccino? ottenuto dagli scarti della sacca del nero di seppia, con spuma di patate arrosto, polvere di olive e un?aria ottenuta dal liquido di cottura della seppia: un piccolo gesto contemporaneo che esalta il tema del recupero.  Coloriamo il calice con Venezia Giulia IGT “Jakot” 2019 – Dario Princic Nel calice si presenta con un colore aranciato brillante. Intenso e ampio al naso con note di erbe officinali, fieno, agrumi, frutta candita e zenzero. Il sorso rivela un discreto corpo, freschezza e grande sapidit?, oltre ad una lieve sensazione tannica sul finale.   Che degustiamo assieme alla sinfonia di carote d?Ispica: un piatto che celebra la dolcezza ancestrale della carota. La protagonista ? la carota d?Ispica, glassata con la sua stessa riduzione speziata. Intorno, piccole carotine marinate in una soluzione di aceto, zucchero e limone, che aggiungono verticalit? e acidit?. Alla base, una beurre blanc montata con burro al timo di mare, un hummus di pistacchio e un fondo vegetale ricavato dagli scarti della carota: una composizione che gioca su consistenze, tonalit? dolci-sapide e sentori vegetali.    Proviamo INTEGER Zibibbo Terre Siciliane IGP 2023 – Marco De Bartoli Di colore giallo oro brillante con riflessi luminosi, esprime al naso una complessit? di prugna mirabella, pesca, albicocca, arancia rossa, mandarino, fiori di acacia e mandorlo, con tocchi di curcuma e zafferano, mentre al palato ? potente, succoso e slanciato, sostenuto da una fine struttura fenolica, tannini gentili, acidit? precisa e una elegante nota amaricante a chiusura.  Accompagna splendidamente il signature dish dello chef: Tributo a Santa Lucia. Uno spaghettone mantecato in un pesto di finocchietto selvatico, arricchito da bottarga, alici e dalla presenza antica e potente della salsa garum?un rimando alla cucina dell?Impero romano, ottenuta da colatura di alici, interiora di pesce e latte d?asina. Un piatto dal carattere deciso, che intreccia memoria storica e contemporaneit?.   Ci spostiamo sui rossi con P?nkler Pinot Nero S?dtirol DOC 2019 – Franz Haas Winery Dal colore rosso rubino elegante e brillante, con un cuore luminoso, offre al naso una finezza ricca di lamponi maturi, salvia e note verdi-speziate nobili, con richiami finali a zenzero candito, rosa canina e arancia rossa; al palato mostra grande profondit? ed eleganza, si distende con aromi sottili, equilibrati e cesellati, animati da una vivace speziatura e da accenti leggermente minerali, chiudendo con un finale lunghissimo.   Passiamo alla Braciola Messinese, qui la tradizione diventa gesto tecnico. Un raviolo di pasta fresca, cotto a vapore e poi arrostito al BBQ, viene laccato con un?estrazione di cipolla arrosto. Il ripieno ? quello della tipica braciola messinese: vitellina, prezzemolo, origano, provola dei Nebrodi, pane saporito e limone. Al centro del piatto, una spuma di patata e una polvere di sommacco donano freschezza e acidit?. Il fondo di cottura del ripieno e una salsa salmoriglio completano l?esperienza con un richiamo ai sapori pi? autentici dello Stretto.  Alla cieca…  Scopriamo un sorprendente Cerasuolo di Vittoria Classico 2011 – COS Di splendido colore granato intenso, con riflessi violacei giovanili ai bordi. Al naso si esprime con frutta ricca e ben definita, accompagnata da una speziatura intensa, mentre al sorso stupisce con un’acidit? vivace ed equilibrio perfetto.   Che abbiniamo a Mupa: un trancio di mupa avvolto in una crepinette, ripieno come una beccafico, si adagia su una salsa mugnaia morbida e avvolgente. Broccoletto, lattuga di mare e caviale aggiungono marezza, sapidit? e verticalit? a un piatto che gioca su consistenze e stratificazione gustativa.    Segue l’agnello, un piatto che esplora il tema della doppia cottura e della variet? delle carni. Da un lato, la spalla ? lavorata come una porchetta e glassata con il suo fondo; dall?altro, carr? e filetto vengono cotti al BBQ, sprigionando note affumicate e succulente. Il tutto ? accompagnato da frutti rossi, una spuma di zabaione al dragoncello e verdure di stagione, in un equilibrio tra grassezza, acidit? e freschezza.    Abbinato al Chianti Classico Riserva DOCG 1993 – Carpineto Il vino si presenta di un intenso colore rubino-porpora e offre al palato una sensazione vellutata, piena e generosa, calda, con toni di frutta succosa su un delicato fondo vegetale, tannini morbidi, acidit? equilibrata e un lungo e persistente finale, mentre al naso si rivela elegante e armonioso, con un intreccio di lamponi maturi, prugne, vaniglia e cioccolato.  Un intermezzo fresco a base di sorbetto di pesca gialla, crumble di mandorle e una spuma di ?mojito siciliano?: vino alla mandorla infuso con rum, menta, basilico e limone verdello. Un ponte aromatico tra agrume, erbe e frutta.    Che fico! Dalla foglia al frutto Un dessert che rende omaggio al fico in tutte le sue forme. Si alternano composta di fichi, crumble all?amaretto, yogurt cagliato con latte di fico, gelato alle foglie di fico, polvere e olio di foglie di fico, fichi nature e piccole meringhe. Accanto, una tarte tatin al fico che aggiunge morbidezza caramellata e calore.    E infine…  La piccola pasticceria servita con caff? Illy intenso, comprende: - un rocher all?amaro dell?Etna,
- un?arachide pralinata,
- una caramella morbida al limone,
- un torroncino meringato con pistacchio e mandorle
Un commiato dolce, vario e ben calibrato, che chiude il percorso con equilibrio e misura.   …a un gin tonic non si dice (quasi) mai di no!  Eccoli!!    Il mattino seguente colazione ricca e golosa!           Grazie di cuore e…alla prossima! Cucina La cucina si distingue per una visione chiara e coerente, radicata nel territorio ma capace di slanci contemporanei. La selezione rigorosa delle materie prime, dal pescato locale ai prodotti dell?entroterra, trova espressione in piatti che combinano tecnica, equilibrio e sensibilit?. Tradizione e innovazione si intrecciano senza forzature, dando vita a una narrazione gastronomica che valorizza la Sicilia in forme nuove, rispettose e raffinate. A nostro giudizio siamo gi? a livello due stelle. Servizio e accoglienza Il servizio ? misurato, professionale e attento ai tempi della sala. La brigata riesce a trasmettere competenza senza rigidit?, con spiegazioni puntuali e un approccio cortese che accompagna l?ospite senza sovrastarlo. L?accoglienza riflette lo spirito del luogo: calda ma elegante, discreta ma sempre presente, capace di far vivere l?esperienza in modo fluido e confortevole. Conclusioni Cortile Spirito Santo si afferma come un ristorante in cui storia, tecnica e materia prima dialogano con naturalezza. L?ambientazione suggestiva, la solidit? della cucina e la qualit? del servizio creano un percorso gastronomico completo, armonioso e memorabile. Una tappa indispensabile per chi cerca una Sicilia autentica ma capace di guardare avanti, con consapevolezza e stile. CORTILE SPIRITO SANTO Via Salomone, 21 – 96100 SIRACUSA Tel. +39 0931 181 54 04 | +39 347 61 93 240 Mail: info@cortilespiritosanto.com Sito web: www.cortilespiritosanto.com L'articolo Cortile Spirito Santo Chef Giuseppe Torrisi – Palazzo Salomone Luxury Suites a Ortigia – Siracusa (SR) proviene da ViaggiatoreGourmet alias AltissimoCeto!. | | TrackBack> |  |  |  |
| [11/27/2025, 07:26] | Braccialieri Luxury Resort ? Ristorante Dodici Zappe ? Chef Francesco Giura ? Noto (SR) |  | Braccialieri ? un invito a rallentare, a respirare profondamente, a lasciarsi abbracciare dalla Sicilia pi? autentica. A sud-est, tra ulivi secolari e pietra bianca, a pochi minuti dal centro di Noto, prende forma un nuovo modo di intendere l?ospitalit?: un viaggio lento, multisensoriale, in cui paesaggio, tradizione e design dialogano nella stessa lingua. Luxury resort ed eco-glamping allo stesso tempo, Braccialieri ? prima di tutto una casa condivisa. Sorge all?interno di un uliveto archeologico popolato da piante plurisecolari che custodiscono memoria e trasmettono serenit?. Qui la Sicilianit? si esprime attraverso un?estetica contemporanea, essenziale e accogliente: una bellezza sobria, mai ostentata, che mette al centro l?ospite e la natura circostante. La filosofia ? chiara: raccontare il lusso della semplicit?, dei ritmi lenti, dell?armonia con il territorio. Omaggiare la terra e chi l?ha lavorata nei secoli, i braccialieri, custodi silenziosi di un ecosistema rimasto integro e generoso. ? a loro, e alla loro eredit? fatta di cura e umilt?, che questo luogo rende tributo. Ed ? proprio all?interno di questo luogo sospeso tra natura e memoria che prende vita Dodici Zappe, il ristorante che incarna la visione gastronomica di Braccialieri. Qui il racconto dell?ospitalit? si completa a tavola, dove il gesto del nutrirsi torna a essere un dialogo profondo con la terra. Un ristorante custodito tra le mura di un antico palmento dell?Ottocento, dove la memoria contadina pulsa ancora viva. Il nome rievoca l?antica unit? di misura dei braccianti, dodici colpi di zappa che scandivano il lavoro nei campi, simbolo di radici profonde, dedizione e rispetto per ci? che la natura offre. In questo contesto autentico, lo chef Francesco Giura intreccia tecnica stellata e identit? territoriale, dando vita a una cucina essenziale e moderna, capace di emozionare senza superfluit?. Il suo percorso ? dall?Istituto Alberghiero Gasparrini di Melfi alle esperienze internazionali, fino alle cucine prestigiose del Marchesino di Gualtiero Marchesi e del Mandarin Oriental sotto la guida di Antonio Guida ? ha affinato uno sguardo gastronomico elegante, rigoroso e profondamente personale. Oggi, alla guida della cucina di Braccialieri, Giura porta avanti una visione che valorizza memoria e territorio, trasformando ogni piatto in un racconto. Buon viaggio! La squadra Executive Chef: Francesco Giura? Pastry Chef: Mattia Savoca? Capo partita: Giuseppe Iuvara? Direttore di sala e Sommelier: Alessandra Fortunato? Barista e Cameriere di sala: Gabriele Lippolis? Il Benvenuto!     Ci avviamo verso il ristorante…  Il caf? ??un?area incantevole circondata da un tripudio di bouganville e piante tipiche siciliane. Un?oasi di colori vivaci e profumi inebrianti che evocano il cuore autentico della Sicilia.   La piscina.  Tavolo conviviale… ideale per la nostra tappa primaverile in Sicilia VG Roadshow (Stay tuned)  L’ingresso a Dodici Zappe….  Sala e mise en place.  Aperitivo!  La cena si apre con una trilogia di amuse-bouche che introduce con immediatezza la filosofia della cucina. La Sfera alla Norma ? un piccolo omaggio al grande classico siciliano, riletto con leggerezza e rigore tecnico. Un frollino al basilico e Parmigiano fa da base croccante a una semisfera di pomodoro datterino gelificato, farcita con una crema di melanzane montata a caldo. Completano il boccone ricotta salata e foglie di basilico. Nessuna frittura: solo precisione e pulizia di sapori. Segue la tartelletta di pasta fillo ripiena di uno stracotto di cinghiale morbido e succoso, glassato con fondo bruno e rifinito con delicati fiori di sciso rosso. La lunga cottura a bassa temperatura garantisce una texture setosa, mentre la croccantezza della fillo aggiunge un piacevole contrasto al boccone servito tiepido. Chiude il trittico il gambero rosso in tempura, leggero e fragrante grazie a una pastella a base di farina di riso e acqua frizzante. In accompagnamento, una maionese al sommacco e la sua polvere regalano una nota acida e speziata che pulisce il palato e prepara alla portata successiva.    Pane e grissini tirati a mano realizzati con lievito madre e semola 100%.  Stappiamo un Metodo Classico Brut Sicilia DOC – Terzavia La ?terza via? del Grillo, uno spumante metodo classico che rappresenta la tradizione di un territorio in evoluzione, esaltando caratteri fino ad oggi inesplorati. Tradizione francese e spiccata personalit? siciliana. Una variet?, quella del Grillo, che continua a stupire per la sua poliedricit? e forza, in questa ?Terzavia? capace di comunicare una terra fortemente vocata ai grandi vini.  Splendidamente abbinato con il carpaccio di manzo che viene servito in una composizione fresca e mediterranea. La carne, tagliata finemente e condita all?ultimo per preservarne delicatezza e brillantezza, incontra una frisella cunzata resa morbida dall?idratazione con acqua di pomodoro. I pomodorini dry portano una dolcezza concentrata, mentre la cucuzza in agrodolce aggiunge la nota acidula necessaria a bilanciare il piatto. Un insieme equilibrato, che alterna morbidezze, croccantezze e sfumature dolci-acide con grande naturalezza.   L?Uovo a 65? arriva al tavolo come un esercizio di equilibrio tra dolcezza, grassezza e freschezza. La cottura a bassa temperatura lascia il tuorlo morbido e avvolgente, mentre il capuliato di pomodoro ne accentua la sapidit? mediterranea. Una spuma di cipolla, leggera e “sifonata”, aggiunge volume senza appesantire, e il limone salato fermentato introduce un?acidit? fine, quasi volatile, che bilancia il piatto. A completare, erba cipollina e un filo di olio verde per un finale aromatico e brillante.   Per il prossimo abbinamento proviamo un calice di AltroVerso Grillo Sicilia Doc 2024 Bio – Porta del vento Di colore giallo dorato e brillante, al naso regala sensazioni fruttate e agrumate con note di pietra focaia e idrocarburi. Il sorso ha un’ottima struttura ed eleganza, la sensazione sapido/salata lo rende fresco e persistente.   Il Risotto al peperone ? un piatto che gioca sulla purezza del gusto e sulla profondit? aromatica. La base nasce da una tostatura classica del riso, portato poi in cottura con un?estrazione limpida di peperone che ne definisce colore e intensit?. La mantecatura con burro e Ragusano dona cremosit? e una nota sapida elegante, senza mai coprire la componente vegetale. In chiusura, una finitura di peperoni arrostiti, ?all?abbraccio?, aggiunge una sfumatura affumicata e calorosa, completando un piatto che ? al tempo stesso essenziale e ricco di personalit?.    Passiamo ora all’incredibile Spaghetto con burro affumicato e alici di Cetara ? un piatto che vive di contrasti ben calibrati. Il burro, affumicato con delicatezza, avvolge la pasta senza sovrastarla, mentre le alici apportano una sapidit? profonda e pulita. L?uvetta introduce un tocco dolce che dialoga con i pinoli tostati, creando un equilibrio mediterraneo di grande armonia. Il finocchietto selvatico chiude il piatto con una nota erbacea luminosa, mentre la mantecatura con l?acqua di cottura garantisce una texture cremosa e avvolgente.   Passiamo ora a Firraru Family & Friends? Bianco Terre Siciliane IGT 2022 – Feudo Maccari Nel calice si presenta di un giallo paglierino brillante con riflessi dorati e verdolini. Al naso offre un bouquet complesso e stratificato: agrumi gialli, albicocca fresca, pesca bianca e mela gialla, accompagnati da sfumature di ananas, mango e un delicato sentore di finocchio. Le note affumicate, dovute a un uso del legno misurato, si intrecciano a toni di pietra focaia, gelsomino e mandorla, creando un profilo aromatico ampio e articolato. Il sorso ? potente ma sempre preciso: un?acidit? lucida attraversa la frutta matura, sostenuta da una texture cremosa e da una freschezza armoniosa. La struttura rimane leggera ma ricca, con un finale lungo e persistente, segnato da una salinit? sottile, spezie fini e un elegante ritorno tostato. Una chiusura che sembra restituire l?eco del mare che modella questo vino.  Che accompagna con grande eleganza l?Ombrina all?abbraccio, che arriva con una cottura delicata che ne preserva tutta la morbidezza. Accanto, una tartare di pomodoro fresca crea un piacevole contrasto termico e di consistenze, mentre la salsa alle olive, finemente emulsionata, aggiunge profondit? e sapidit? al piatto. A completare, un friggitello fritto al momento che dona una nota croccante e leggermente amara, chiudendo l?insieme con equilibrio e personalit?.   Ed ora… dessert! Cioccolato e pomodoro ? un dessert che sorprende per equilibrio e coerenza aromatica. La sfera di cioccolato fondente, perfettamente temperata, racchiude un cuore di gel di pomodoro che introduce una freschezza inattesa ma perfettamente integrata. La crema inglese, delicatamente aromatizzata, avvolge il boccone con morbidezza, mentre origano e buccia di pomodoro completano il piatto mantenendo un filo conduttore vegetale che lega ogni elemento. Un finale dolce-sapido che gioca sulla finezza delle sfumature mediterranee.  Come piccola pasticceria: gelatina di lampone, tartelletta alla carruba, frutta invernale.  Se il buongiorno di vede dal mattino, qua ? dolcissimo…      Nel cuore della tenuta Braccialieri nasce?l?Orto Bio Pizzuta, un luogo autentico dove la terra racconta la sua storia attraverso profumi, colori e sapori. Coltivato con metodi?biologici e sostenibili, l?orto rappresenta l?anima pi? genuina di Braccialieri e il legame profondo con la tradizione agricola siciliana. Tra i filari di?pomodori ,?melanzane, zucchine, peperoni, erbe aromatiche e antiche variet? locali, ogni pianta cresce seguendo i ritmi naturali delle stagioni e viene curata con passione e rispetto per l?ambiente. L?Orto Bio Pizzuta non ? solo un luogo di produzione, ma anche?un?esperienza sensoriale e culturale: gli ospiti possono visitarlo, raccogliere personalmente i prodotti freschi e partecipare a?percorsi di degustazione?o?cooking class insieme al nostro chef, per riscoprire i sapori autentici della campagna siciliana. Ogni ingrediente che nasce qui diventa protagonista delle creazioni del ristorante?Dodici Zappe, dove la cucina si trasforma in un racconto di territorio, stagionalit? e amore per la natura. L?Orto Bio Pizzuta ?, in definitiva,?un piccolo ecosistema di armonia e bellezza, simbolo della filosofia di Braccialieri: vivere la terra, rispettarla e condividerne la sua ricchezza con chi la ama.     Per il light lunch: vitello tonnato  Focaccia con pomodorini      Tiramis?  La Piscina privata della nostra Suite.   La sera torniamo a fare visita a Dodici Zappe, d’altronde dove si ? stati bene…  Iniziamo con un calice di Metodo Classico Rosato Nero d?Avola Extra Brut 2020 – Cristo di Campobello? Elegante e raffinato colore rosa cipria, brillante e trasparente, dal perlage fine e persistente. Profumi delicatamente fragranti, petali di rosa e ciliegia fresca, lampone e melograno. Al sorso ? ben strutturato, armonioso nella sua equilibrata acidit?-sapidit?, con riverberi di persistenza floreale e freschezza.   Gli amuse-bouche di questa sera sono tre piccoli assaggi che raccontano tecnica e identit?. La tartelletta di tonno e buzzonaglia, completata da cipolla dolce e bottarga, ricorda la merenda del pescatore: un boccone crudo e saporito, in cui la componente ematica della buzzonaglia trova equilibrio nella sapidit? della bottarga e nella rotondit? vegetale della cipolla. Segue il fungo croccante del bosco, un guscio dorato ottenuto con doppia panatura che racchiude un cuore morbido di patate e porcini. La ?polvere di terra?, ricavata da funghi essiccati, aggiunge un ulteriore livello aromatico e completa il richiamo al sottobosco. Chiude la trilogia l?Uovo all?uovo, un gioco di consistenze in cui la crema d?uovo incontra la fonduta di caciocavallo, mentre la senape di bigione porta un contrappunto aromatico vivace. A lato, pane tostato e condito per accompagnare il boccone con una nota croccante.  Proviamo ora Salina Bianco Malvasia 2024 – Caravaglio Questo vitigno a bacca bianca ? originario della Sicilia e, sui suoli vulcanici del territorio di Malfa, nell?isola di Salina, sviluppa una luminosit? minerale nitida e distintiva, pur mantenendo i caratteristici aromi della Malvasia. Il vino riflette alla perfezione il suo terroir ispirato dal mare: note di agrumi, sale marino e fiori selvatici.    Focaccia al pomodoro   I dettagli degli interni sono una fusione elegante e commemorativa della Sicilia pi? vera.   Il men? di oggi inizia con il gambero rosso e la ventresca di ricciola, che compongono un piatto giocato su delicatezza e rotondit?. Le due marinature, eseguite separatamente, permettono a ogni elemento di mantenere identit? e precisione, mentre il servizio a temperatura ambiente esalta la texture setosa e la componente grassa della ricciola. La cicoria al limone porta una spinta acida brillante, bilanciata dalla dolcezza profumata della mostarda di fico. A rifinire, la bottarga di ricciola aggiunge profondit? sapida e un finale marino elegante.    La Scaccia d?agnello ? un boccone che unisce tradizione e finezza tecnica. La pasta, tirata molto sottile, avvolge un ripieno di agnello stracotto morbido e intenso, mentre il pecorino aggiunge una nota sapida e cremosa che arrotonda l?insieme. L?insalata di finocchi porta freschezza e croccantezza, creando un contrasto piacevole con la ricchezza del ripieno. La salsa verde, montata a freddo e arricchita con clorofilla, dona brillantezza e un finale erbaceo che illumina il piatto.   Stappiamo Occhio di Sale 2024 – Giuseppe Cipolla Vino rosato ottenuto dall?assemblaggio di diverse uve, Nero d’Avola in prevalenza. ?Occhio? in siciliano spesso indica un piccolo spiraglio, pertanto Occhio di Sale va ad indicare una piccola area di terra, proprio un occhio, con concentrazione eccessiva di argilla e gesso, quindi salgemma.  In abbinamento al Gnocco ripieno di cinghiale,?un piccolo scrigno di sapori robusti e avvolgenti. L?impasto morbido e altamente idratato racchiude il cinghiale brasato, mentre la cipolla in agrodolce aggiunge una nota fresca e aromatica. La salsa verde all?erba cipollina e il fondo tirato completano il boccone, esaltando la sapidit? e il carattere deciso della carne.   Passiamo ora all?Anelletto in brodo di triglia,?un piatto elegante e armonioso. Il brodo limpido, estratto dolcemente da lische e teste, avvolge la pasta con delicatezza, mentre l?emulsione di ricotta aggiunge cremosit? e morbidezza. La caponata scomposta, servita in elementi separati, introduce contrasti di consistenze e sapori che rendono il piatto sorprendentemente dinamico.    Per il prossimo piatto: DBE Etna Rosso – Tenuta Solisciaro Di un intenso colore rosso rubino, il Etna Rosso Doc Tenuta Solisciaro si distingue per la sua buona consistenza e per i suoi profumi avvolgenti. Al naso emergono sentori di frutta di bosco matura, sfumature speziate e delicate note di vaniglia, mentre in bocca si presenta caldo, morbido e asciutto, con tannini dolci e una discreta sapidit? che ne esalta la persistenza.   Il sorso esalta la Ricciola in panko, che propone un triplice gioco di consistenze e aromi: marinata, fritta e cruda, ogni porzione rivela una sfumatura diversa del pesce. La frittura veloce in panko regala croccantezza, il fondo di fungo porta profondit? umami e i cardoncelli, cotti e crudi, aggiungono contrasti di texture e un tono terroso equilibrato.   Infine, Lattico ? un dessert salato che gioca su equilibrio e contrasti. Un lingotto di caciocavallo concentrato si accompagna a una spuma acidulata all?aceto ridotto, mentre la cialda croccante all?origano completa il boccone con leggerezza e aromaticit?, chiudendo il percorso con un finale sapido e raffinato.  Come pre-dessert dolce prepariamo il palato con il peperone crusco: viene delicatamente glassato nel cioccolato di Modica, valorizzando il gioco dolce-salato senza ricorrere a fritture. Un boccone breve ma intenso, che prepara il palato alle portate successive.  La piccola pasticceria chiude il percorso in leggerezza e allegria: zeppole e paste di mandorla, servite in formato mignon, mantengono la delicatezza dei classici dolci tradizionali, grazie a cotture brevi e servizio immediato. Il dessert ?Torrone non torrone? ? un omaggio creativo alla tradizione: una cake dolce con miele e frutta secca, leggermente affumicata per richiamare il carattere del torrone classico. La base montata al miele regala morbidezza, mentre la finitura affumicata aggiunge profondit? e memoria gustativa.     Uno scatto con i veri protagonisti di queste giornate!   Uno sguardo da vicino al resort…                 Con infinita gioia e gratitudine un immenso grazie, alla prossima! Cucina La cucina di Dodici Zappe nasce da una visione che unisce territorio e tecnica in un equilibrio misurato e incisivo. Lo chef Francesco Giura interpreta la materia prima con un approccio essenziale, lasciando che siano gli ingredienti ? spesso raccolti nei dintorni o selezionati da piccoli produttori ? a definire il ritmo del menu. Le sue esperienze nelle cucine stellate si percepiscono nella precisione dei tagli, nelle cotture millimetriche, nella pulizia del gusto. Ma ci? che colpisce davvero ? la capacit? di trasformare la memoria contadina in un linguaggio contemporaneo: piatti che non inseguono l?effetto, ma raccontano una storia attraverso consistenze nitide, sapori netti e una sensibilit? matura verso la tradizione siciliana. Servizio e accoglienza Il servizio rispecchia l?anima del luogo: misurato, cordiale, mai invadente. La sala accompagna l?esperienza gastronomica con un ritmo lento e rassicurante, lasciando spazio all?ospite di immergersi nei propri tempi. La conoscenza dei piatti e delle materie prime ? approfondita, ma condivisa con naturalezza. Il personale sa muoversi tra professionalit? e calore, creando un clima di accoglienza intima che amplifica il senso di autenticit? del ristorante. Ogni gesto, ogni parola, ogni dettaglio sembra pensato per far sentire l?ospite ascoltato, accolto e perfettamente a proprio agio. Conclusioni Dodici Zappe ? molto pi? di un ristorante: ? il completamento gastronomico di un progetto che celebra la Sicilia attraverso i suoi ritmi, i suoi sapori e la sua storia. L?esperienza qui ? coerente, armoniosa, capace di unire semplicit? e raffinatezza senza contraddizioni. ? un luogo in cui ci si nutre davvero di territorio, non solo attraverso i piatti ma attraverso un?atmosfera che invita a fermarsi, respirare e riconnettersi. Un indirizzo imprescindibile per chi cerca una cucina di identit?, profondit? e sincera eleganza. Braccialieri Noto Contrada Seggio Snc 96012 Avola (Siracusa) Telefono:?+39 376 241 4542 Da Mar a Sab 19:30/22:30 | Dom 12:30/15:00 https://braccialieri.com/ L'articolo Braccialieri Luxury Resort – Ristorante Dodici Zappe – Chef Francesco Giura – Noto (SR) proviene da ViaggiatoreGourmet alias AltissimoCeto!. | | TrackBack> |  |  |  |
| [11/22/2025, 08:38] | Ristorante Casa Romano ? Chef Luca Adobati ? Alzano Lombardo (BG) |  | Ci sono luoghi in cui la cucina non ? solo un mestiere, ma un?eredit?. Luoghi in cui il paesaggio non ? semplice cornice, ma parte integrante dell?esperienza. Casa Romano nasce esattamente qui: all?incrocio tra memoria familiare, vocazione territoriale e sguardo contemporaneo. Dalle colline bergamasche, dove tutto ebbe inizio negli anni Sessanta con la Trattoria Romano, la nuova generazione degli Adobati ha costruito un ristorante che ? insieme omaggio e nuovo capitolo, radice e slancio. Sedersi a un tavolo di Casa Romano significa entrare in una storia lunga sessant?anni, oggi riletta attraverso la sensibilit? autoriale di Luca Adobati, cuoco cresciuto tra le brigate pi? influenti d?Europa e tornato a casa con una visione limpida: valorizzare la materia viva, ascoltare il ritmo della natura, trasformare la tradizione bergamasca in un linguaggio gastronomico capace di guardare altrove. Ogni piatto ? un frammento di questo racconto: un intreccio di ricerca, memoria e terroir, supportato da una rete di pi? di cinquanta piccoli produttori locali e illuminato da una finestra che si apre letteralmente sul cielo. A Casa Romano non si mangia soltanto: si attraversa un paesaggio sensoriale in cui la cucina diventa emozione, la vista si fonde con il gusto, e il gesto dell?ospitalit? racconta ancora, e sempre, la forza silenziosa di una famiglia. In questo equilibrio sospeso tra passato e futuro, tra concretezza e visione, comincia il nostro viaggio. La squadra Chef: Adobati Luca Sous-chef: Sonny Carrara, Edoardo Codalli Pastry chef: Gianluca Cavalli Ma?tre: Valentina Adobati, Sara Adobati Sommelier: Marco Zanchi Entriamo e ci lasciamo subito rapire dal panorama di fronte a noi…  Le danze si aprono con?un’amuse-bouche?davvero allettante a vista, olfatto, gusto: tartare di ombrina, gazpacho alle pesche e cosmos.   Tipologia pane e burro serviti: - Pagnottella con farina petra tipo 1
- Focaccia a lunga maturazione con 80 per cento di idratazione
- Grissini tirati a meno con polvere di cipolla caramellata.
- Burro zangolato a mano fatto dalla zia dello Chef in una piccola azienda agricola ad Aviatico
  Iniziamo con una tartare di tonno, bagna cauda di lago eseguita con pesce di lago sostituendo le acciughe, nasturzio e gel di lime. Il nasturzio aggiunge una nota erbacea e leggermente piccante, mentre il gel di lime dona freschezza e verticalit?, bilanciando il piatto con un tocco agrumato e pulito. Un incontro raffinato tra mare, lago e giardino.  Proseguiamo con altrettanti colori assaggiando il casoncello di mare, gambero rosso, arancia sanguigna e la sua bisque. Un casoncello di mare che racconta un ricordo: l?ultima esperienza dello chef a Menton, tradotta in un boccone che unisce tecnica e memoria. La sfoglia racchiude una farcia lattica morbida e pulita, mentre la gourmandise del gambero rosso trova equilibrio nella gastrique di arancia sanguigna, vibrante e luminosa. La bisque intensifica la profondit? marina, e il pesto liquido richiama gli aromi mediterranei che hanno segnato quel periodo. Un piatto simbolico, dove mare, agrumi ed erbe diventano allegoria di un luogo e di un percorso personale.    In abbinamento con un calice di “SullaStella” Barbera d’Alba DOC Superiore 2019 – Hilberg-Pasquero Il suo colore ? un rosso rubino, con riflessi tendenti al porpora. Al naso ? elegante e minerale, e ricorda le visciole e le marasche, una nota di sigaro e un estro minerale. L?assaggio risulta fresco e succulento, con un bel carattere fruttato e dei tannini delicati.    Passiamo ora ai tagliolini al tartufo. Tagliolino 30 tuorli fatto in casa con burro e parmigiano, demi glace al marsala e tartufo bianco a profumare.    Facciamo un salto verso la Francia con “Viaggio a Parigi”: il Cordon Bleu XL con contorni di stagione. Un omaggio dichiarato agli anni trascorsi dallo chef nella capitale francese, reinterpretato con spirito giocoso e mano tecnica. Il protagonista ? un Cordon Bleu XL per due persone, realizzato con un controfiletto di vitello farcito con prosciutto cotto e fontina, racchiusi in una doppia impanatura dorata in burro chiarificato come da tradizione bistrot. A completare il piatto, una serie di contorni di stagione che richiamano il comfort casalingo, tra cui la peperonata di mamma Lory, ponte affettivo tra Parigi e casa. Un piatto ricco, conviviale, dal sapore nostalgico ma eseguito con rigore francese.     Ed eccoci al momento pi? dolce: cioccolato soffiato, cremoso al caramello salato e gelato ai funghi porcini. Un dessert dal carattere profondamente autunnale che gioca sull?equilibrio tra comfort e sorpresa. Il cioccolato soffiato apre con una texture leggera e avvolgente, mentre il cremoso al caramello salato aggiunge rotondit? e profondit? aromatica. A spezzare la linearit? interviene il gelato ai funghi porcini, scelta volutamente audace: una nota terrosa e sapida che vibra contro la dolcezza, creando piccole scosse sensoriali. Un finale che non cerca compiacenza, ma curiosit?.   Chiudiamo con il caff? Gourmet 100 di Torrefazione Trismoka:?una miscela che racconta quarant?anni di ricerca e selezione, unendo sei delle migliori Arabiche provenienti da Guatemala, Per?, Brasile, Tanzania e India. In tazza si presenta con crema chiara e leggermente tigrata, tessitura fine e un corpo avvolgente. Al naso e al palato emergono note di frutta matura e agrumi, che al secondo sorso lasciano spazio a un profilo pi? caldo e profondo, dominato da cioccolato e cacao. Un caff? elegante, persistente, costruito con equilibrio e pensato per chi cerca una tazzina raffinata ma ricca di personalit?. Immancabili le coccole finali con la piccola pasticceria: - Mini-cheesecake
- Pralina al cioccolato bianco e pistacchio
- Cremoso al cacao, hibiscus e aceto balsamico.
 Grazie di tutto e…alla prossima!! Cucina La cucina di Casa Romano vive in quel punto esatto in cui la tradizione bergamasca smette di essere rassicurante e diventa materia viva, pronta a essere trasformata. Luca Adobati firma piatti che parlano il linguaggio del territorio senza mai cadere nell?ovvio: la stagionalit? guida ogni gesto, mentre tecniche assimilate nelle brigate pi? visionarie d?Europa modellano contrasti, texture e profili aromatici con precisione chirurgica. La filiera locale, pi? di cinquanta piccoli produttori selezionati personalmente, si traduce in ingredienti che arrivano in cucina gi? portatori di una storia: erborinati a latte crudo, ortaggi biodinamici, pescato fresco, tagli che restituiscono l?identit? rurale della regione. Ogni piatto ? un frammento narrativo che unisce concretezza, estetica e memoria con una sensibilit? contemporanea. Servizio e accoglienza Il servizio ? quello di una casa che ha fatto dell?ospitalit? un valore generazionale. Valentina e Sara Adobati portano in sala la stessa dedizione che da decenni definisce la famiglia: attenzione senza rigidit?, calore senza invadenza, una capacit? rara di anticipare i tempi dell?ospite mantenendo un ritmo naturale. L?ambiente, sospeso tra cielo e colline, accompagna l?esperienza con eleganza misurata: luci che cambiano al calare del sole, una sala che valorizza ogni stagione, un?atmosfera che invita a rallentare e lasciarsi avvolgere. La narrazione dei piatti ? chiara, competente, mai leziosa; il racconto del territorio emerge sincero, sostenuto da una profonda conoscenza della propria identit?. Conclusione Casa Romano rappresenta l?evoluzione di una storia familiare che ha saputo trasformarsi senza tradirsi. Dalla trattoria degli anni Sessanta al ristorante panoramico di oggi, tutto parla di un passaggio di testimone che non ? solo generazionale, ma culturale. Qui la cucina diventa un atto di gratitudine, il territorio il filo conduttore, la ricerca un orizzonte aperto. ? un luogo che invita a guardare lontano pur restando profondamente radicato, un ristorante in cui l?emozione entra nel piatto e si riflette sulle colline che lo circondano. Un?esperienza che non si limita a soddisfare: racconta, coinvolge e lascia un segno. CASA ROMANO Via belvedere 55, Alzano Lombardo Tel: 035515135 Mail: info@casaromanoristorante.it Sito web: www.casaromanoristorante,it L'articolo Ristorante Casa Romano – Chef Luca Adobati – Alzano Lombardo (BG) proviene da ViaggiatoreGourmet alias AltissimoCeto!. | | TrackBack> |  |  |  |
| [11/13/2025, 20:26] | Nuove Stelle MICHELIN Italia 2026: tutti i ristoranti stellati della Guida Michelin Italia 2026 |  | Guida MICHELIN Italia 2026 Un nuovo 3 Stelle, nuove stelle dappertutto? l?Italia brilla ancora di pi? La Guida MICHELIN Italia 2026 ? stata svelata al Teatro Regio di Parma, confermando l?Emilia-Romagna come palcoscenico d?elezione della grande kermesse. Un?edizione simbolica, che inaugura i festeggiamenti per i 120 anni di Michelin in Italia e porta con s? una pioggia di riconoscimenti. Un nuovo 3 Stelle MICHELIN Sale a 15 il numero dei ristoranti 3 Stelle MICHELIN in Italia grazie all?ingresso di: La Rei Natura by Michelangelo Mammoliti ? Serralunga d?Alba (CN) La cucina di Michelangelo Mammoliti, immersa tra i vigneti di Langa, ? un concentrato di precisione, poesia e memoria gustativa. Piatto dopo piatto, la materia prima viene celebrata con accostamenti audaci ma armonici, in un percorso totale per i sensi: non solo si mangia, si viaggia. Confermano le 3 Stelle MICHELIN, e quindi lo status di ristoranti ?che valgono il viaggio?: -
Casa Perbellini 12 Apostoli ? Verona -
Villa Crespi ? Orta San Giulio (NO) -
Piazza Duomo ? Alba (CN) -
Da Vittorio ? Brusaporto (BG) -
Le Calandre ? Rubano (PD) -
Dal Pescatore ? Canneto sull?Oglio (MN) -
Osteria Francescana ? Modena -
Enoteca Pinchiorri ? Firenze -
La Pergola ? Roma -
Reale ? Castel di Sangro (AQ) -
Uliassi ? Senigallia (AN) -
Enrico Bartolini al MUDEC ? Milano -
Quattro Passi ? Nerano (NA) -
Atelier Moessmer Norbert Niederkofler ? Brunico (BZ) Nuovi 2 Stelle MICHELIN Due nuovi ingressi nella categoria dei ristoranti che ?valgono la deviazione?: -
Famiglia Rana ? Oppeano (VR) ? chef Francesco Sodano Un racconto di unione e ricerca, tra orto, laboratorio e Mediterraneo: tecnica, materia e sensibilit? si incontrano in una cucina che parla di armonia e autenticit?. -
I Tenerumi ? Isola di Vulcano (ME) ? chef Davide Guidara Una visione radicale sul mondo vegetale, portato al centro della scena con etica, studio e leggerezza creativa. Ogni piatto ? un gesto, ogni assaggio un?idea che resta. 22 nuovi ristoranti 1 Stella MICHELIN Sono 22 le nuove 1 Stella MICHELIN, distribuite lungo tutta la penisola, con un forte segnale sulle nuove generazioni: 8 chef hanno 35 anni o meno, di cui 2 under 30. Tra le novit? (elenco selezionato): -
Le Petit Bellevue ? Cogne (AO) ? Valle d?Aosta -
Cracco Portofino ? Portofino (GE) ? Liguria ? under 30 -
Rezzano Cucina e Vino ? Sestri Levante (GE) -
Senso Lake Garda Alfio Ghezzi ? Limone sul Garda (BS) ? Lombardia -
Abba ? Milano (MI) -
Procaccini ? Milano (MI) ? under 30 -
Olio ? Origgio (VA) -
Porcino ? Badia (BZ) ? Trentino-Alto Adige ? under 35 -
Quellenhof Gourmetstube 1897 ? San Martino in Passiria (BZ) -
Agli Amici Dopolavoro ? Venezia / Isola delle Rose (VE) ? Veneto -
Cavallino ? Maranello (MO) ? Emilia-Romagna ? under 35 -
Da Lucio ? Rimini (RN) -
Luca?s by Paulo Airaudo ? Firenze (FI) ? Toscana -
Sciabola ? Forte dei Marmi (LU) -
Al Madrigale | Nuova Cucina Rurale ? Tivoli (RM) ? Lazio -
INEO ? Roma (RM) -
La Terrazza ? Roma (RM) -
Casa Bertini ? Recanati (MC) ? Marche -
Zunica 1880 a Villa Corallo ? Sant?Omero (TE) ? Abruzzo -
Il ristorante Alain Ducasse Napoli ? Napoli (NA) ? under 35 -
Umberto a Mare ? Forio / Ischia (NA) ? Campania -
Capogiro ? Baja Sardinia (SS) ? Sardegna (In grassetto, nel comunicato originale, i ristoranti segnalati come novit? in corso d?anno.) In totale, la selezione 2026 conta 394 ristoranti stellati: -
15 ristoranti *** -
38 ristoranti ** -
341 ristoranti * 5 nuove Stelle Verdi MICHELIN Si allarga anche la community della Stella Verde MICHELIN, che premia le pratiche virtuose e sostenibili in cucina. Entrano: -
La Bursch ? Campiglia Cervo (BI) ? Piemonte -
Kircherhof ? Albes (BZ) ? Trentino-Alto Adige -
JOHANNS ? Molini di Tures (BZ) ? Trentino-Alto Adige -
C? Matilde ? Rubbianino (RE) ? Emilia-Romagna -
Une ? Capodacqua (PG) ? Umbria Il totale sale cos? a 72 ristoranti con Stella Verde in Italia. SONO 5 I PREMI SPECIALI MICHELIN NELLA SELEZIONE ITALIANA 2026 MICHELIN YOUNG CHEF AWARD 2026 offerto da Metro Italia, assegnato a Mattia Pecis del ristorante Cracco Portofino, Portofino (GE). ?Da zero a duemila: ? la giovane ma gi? intensa traiettoria di Mattia Pecis, capace di assorbire il meglio da maestri indiscussi della cucina italiana e di restituirlo con una voce propria, autentica e brillante. La sua cucina attraversa con naturalezza le vette alpine e le coste marine, sempre nel rispetto profondo del territorio in cui opera, valorizzandone le eccellenze agricole con sensibilit? e intelligenza. Spontanea, gioiosa, personale: la sua cucina riflette il suo carattere, e conquista per la capacit? di trasformare il piacere in esperienza.? MICHELIN SERVICE AWARD 2026 offerto da Intrecci ? Alta Formazione di Sala assegnato a Giulia Tavolaro del ristorante Maxi, Vico Equense (NA). ?Colonna portante di questo angolo incantevole della Costiera Sorrentina, Giulia accoglie e guida una clientela internazionale con eleganza, gentilezza e una passione autentica. La sua determinazione trasforma ogni incontro in un?esperienza memorabile, dove l?ospite ? sempre al centro e il servizio diventa la cornice perfetta che esalta la magia della proposta culinaria? MICHELIN CHEF MENTOR AWARD 2026 offerto da Blancpain, assegnato ad Heinz Beck del ristorante La Pergola, Roma. ?In oltre vent?anni di tre Stelle MICHELIN, Heinz Beck ha trasformato La Pergola in un laboratorio di eccellenza gastronomica, dove generazioni di giovani cuochi hanno potuto formarsi sotto la guida di un maestro capace di trasmettere una visione unica della cucina: quella della leggerezza, dell?equilibrio, del benessere. Il suo approccio, frutto di una costante collaborazione con il mondo accademico e scientifico, ha ridefinito il concetto di alta cucina, coniugando gusto e salute in modo innovativo. Heinz Beck ? non solo uno chef di straordinario talento, ma anche un instancabileGUIDA MICHELIN divulgatore e formatore, che ha contribuito in modo decisivo alla crescita culturale della gastronomia contemporanea.? MICHELIN SOMMELIER AWARD 2026 offerto dal Consorzio Franciacorta, assegnato a Ivana Capraro del ristorante Castel fine dining, Tirolo (BZ). ?Ivana ? un punto di riferimento per chi cerca emozioni pure nel calice. Con competenza e sensibilit?, interpreta i gusti dell?ospite e crea abbinamenti perfetti, valorizzando i piccoli produttori e rappresentando con eleganza i grandi vini pregiati. I suoi consigli sono un viaggio tra le vigne, raccontato con entusiasmo e passione, che trasforma ogni esperienza in un momento indimenticabile.? MICHELIN OPENING OF THE YEAR AWARD 2026 offerto dal Agnelli 1907, assegnato a Gian Marco Bianchi del ristorante Al Madrigale | Nuova Cucina Rurale, Tivoli (RM). ?La storica Tivoli apre le porte a un nuovo ristorante d?eccellenza, dove lo chef Bianchi e la sua squadra trasformano ogni esperienza in un viaggio attraverso le tradizioni gastronomiche della regione. Non un viaggio qualsiasi, ma un percorso personalizzato, in cui i sapori autentici si fondono con una visione contemporanea, avvolti da un servizio impeccabile e dall?eleganza di un ambiente storico.? Numeri, geografia e panoramica -
Lombardia conferma la leadership con 64 ristoranti stellati -
Seguono Campania (48), Toscana (45), Piemonte (34) e Veneto (34) -
Tra le province, guida Napoli (27 stellati), davanti a Roma (26), Bolzano (21), Milano (20) e Salerno (16) Sul fronte Bib Gourmand (la ?buona cucina a prezzi contenuti?): -
Piemonte ed Emilia-Romagna condividono la vetta con 34 insegne ciascuna -
Seguono Toscana (26), Lombardia (23) e Veneto (18) Complessivamente, il panorama 2026 della Guida MICHELIN Italia conta: Per un totale di 1971 ristoranti nella selezione. ATTENZIONE!? ? DECLASSAMENTI e CHIUSURE  La selezione Italia 2026 della Guida MICHELIN ? disponibile gratuitamente su sito e app ufficiale dalle 15:00 del 19 novembre 2025, con possibilit? di prenotare direttamente ristoranti e hotel selezionati.   VG con Michael Ellis, ex direttore internazionale Guide Michelin – I miei primi anni…con qualche kg di meno   Permette un ballo ? Super evviva!??  Se desideri diventare un autentico Viaggiatore Gourmet e scoprire in anteprima, tappa dopo tappa del nostro VG Roadshow, le nuove stelle della ristorazione, entra nel nostro Club e vivi con noi queste esperienze da protagonista. (Link che segue sotto per maggiori informazioni) https://altissimoceto.com/prodotto/green-card/ Scopri il nostro calendario di eventi esclusivi, tra cui molti dei ristoranti protagonisti della nuova guida Michelin 2026! https://altissimoceto.com/meeting-eventi/ #GuidaMichelinIT #MichelinStar26 Arrivederci per l’edizione 2027! [VG Broadcasting LIVE in full effect]… Viaggiatore Gourmet   { "@context": "https://schema.org", "@type": "NewsArticle", "headline": "Nuove Stelle MICHELIN Italia 2026: tutti i ristoranti stellati", "datePublished": "2025-11-19T12:30:00+01:00", "dateModified": "2025-11-19T12:30:00+01:00", "author": { "@type": "Person", "name": "Claudio Sacco" }, "publisher": { "@type": "Organization", "name": "Altissimo Ceto", "logo": { "@type": "ImageObject", "url": "https://www.altissimoceto.com/path-al-logo.png" } }, "image": [ "https://www.altissimoceto.com/path-immagine-copertina.jpg" ], "description": "Nuove Stelle MICHELIN 2026 in Italia: elenco completo di 3, 2 e 1 stella, ristoranti, chef e regioni, con analisi firmate Altissimo Ceto." } L'articolo Nuove Stelle MICHELIN Italia 2026: tutti i ristoranti stellati della Guida Michelin Italia 2026 proviene da ViaggiatoreGourmet alias AltissimoCeto!. | | TrackBack> |  |  |  |
| [11/12/2025, 10:20] | Persona Non Grata |  | | Retrieved from my spam file ?* * --- Editor's note: No actual consortia were consulted in the writing of this memorandum. wine blog + Italian wine blog + Italy W | | TrackBack> |  |  |  |
| [11/10/2025, 21:49] | CORIA Ristorante ? Chef Patron Domenico Colonnetta e Francesco Patti ? Catania (CT) |  | Nel cuore pulsante di Catania, tra le mura eleganti di Palazzo San Demetrio, il Ristorante Coria ridisegna l?esperienza del gusto con un linguaggio nuovo e profondamente radicato nel territorio. Qui, la citt? si racconta in una chiave inedita: la raffinatezza delle antiche dimore nobiliari dialoga con un?estetica contemporanea fatta di equilibrio e misura, mentre la cucina di Domenico Colonnetta e Francesco Patti diventa la voce narrante di un progetto che unisce memoria e visione. E al centro di questa narrazione c?? un numero, il due, simbolo che pi? di ogni altro esprime l?identit? di Coria. Due come gli chef patron, Colonnetta e Patti, fianco a fianco dal 2008 in un percorso condiviso che ha saputo conquistare nel 2012 la Stella Michelin e un posto di rilievo nella scena gastronomica italiana. Due come le citt? che hanno accolto il ristorante: prima Caltagirone, dove tutto ? iniziato, e oggi Catania, nuova cornice di un?esperienza umana e professionale intimamente legata al cuore della Sicilia. Due come la tradizione e il territorio, fonti d?ispirazione costante, e come le mani che danno loro forma, plasmando la materia prima con la sapienza dell?artigiano e la creativit? dell?artista. Due anche come i poli verso cui tende la loro ricerca: custodire e rinnovare il patrimonio gastronomico siciliano, nel solco tracciato dal colonnello Giuseppe Coria, autore del celebre Profumi di Sicilia e figura a cui il ristorante ? dedicato. In quel due vive anche una C, sintesi perfetta della filosofia di Coria: un equilibrio tra passato e presente, tra radici e slancio, tra rigore e poesia ? il tutto racchiuso in un?esperienza capace di parlare, con gusto e autenticit?, al cuore degli ospiti. La squadra Chef: Francesco Patti e Domenico Colonnetta Sous chef: Rosario Parisi Pastry chef: Maria Miceli Maitre: Nino Azzara Entriamo e godiamo subito di una mise en place scarlatta…      Facciamo un giro al mercato con lo chef per scegliere la materia prima…   Nel mentre ci lasciamo travolgere dagli scorci colorati e caratteristici…    Iniziamo con un calice di aperitivo: Spumante Metodo Classico Etna Extra Brut 2016 -Murgo La grande acidit?, la bassa concentrazione in colore e molti altri elementi che provengono dal terroir, rendono queste uve molto adatte alla produzione di spumanti elaborati con il Metodo Classico. Un vino dotato di grande personalit? e struttura. Il lungo affinamento sui lieviti crea un perlage molto fine, pienezza, complessita? che si integra in un perfetto equilibrio tra acidita? e morbidezza e per questo motivo non viene effettuato dosaggio. Si crea inoltre una notevole complessita? in equilibrio tra freschezza ed evoluzione.  In abbinamento l’amuse bouche: - brioche con il tuppo, cantalupo affumicato e menta
- tartelletta, insalatina di tonno, salsa tartara
- meringa salata al topinambur
- croccante alla norma
- macarons pecorino e marmellata di cipolla
- assoluto di carota alla brace
- grissino con cipolla bruciata
   Arriva anche un’intrigante bloody mary con acqua di mare, sfincione palermitano.  Abbinato a un meraviglioso pan brioche alle erbette della macchia mediterranea e all’insalata della nonna, un gelato al pomodoro con un velo di cipolla rossa, ricotta salata e cappero candito.    Brilla al calice Etna Bianco DOC ?1903??Cuv?e delle Vigne Niche?– Tenute Paratore Si tratta di un vino che esprime perfettamente il volto di una terra dai forti contrasti: il vulcano e il mare, il sole torrido e il vento freddo, la montagna e il Mediterraneo. ? un vino dinamico, di forte tensione espressiva, limpido e cristallino nella sua?tagliente purezza espressiva. Nel calice si presenta di colore giallo paglierino con riflessi dorati. Il profilo olfattivo ? raffinato e intenso, con profumi di zagara, di erbe aromatiche di macchia mediterranea, cenni iodati, aromi di agrumi, frutta a polpa bianca e note di pietra focaia. Il sorso ? teso e verticale, con aromi delicati e complessi, che anticipano un finale sapido fresco e di notevole persistenza. Un fuoriclasse!  Adesso ? il momento del crudo di pesce in 3 varianti: -
ricciola all?eoliana, cappero di salina, oliva, pomodoro e acciuga -
gambero rosso con mandorla, mandarino di ciaculli e liquirizia -
ostrica con salsa al metodo classico e frigitelli   Pane servito, fatto in casa, con burro  Passiamo a Minnuzza di sant?agata,?un omaggio alla Santa Patrona alla quale le pasticcerie del territorio dedicano un dolce con questo nome. La versione di Coria ? salata, composta da un velo di seppia ripieno con il suo nero, crocchetta di piselli, limone e pomodoro candito.?Una delicatezza disarmante…    Assaggiamo ora un calice di Damarete Bianco Doc Siracusa Moscato 2021 – Cantine Pupillo Di colore giallo oro, al naso ? fine con profumi di?origano selvatico,?macchia mediterranea e spezie con una?nota balsamica pronunciata. Al palato ? equilibrato, un mix tra sapidit? e acidit?, un moscato contraddittorio, aromatico ma con il tipico finale mandorlato, salmastro, complesso.   Abbinato al merluzzo alla pantesca con salsa di fegati di seppia al mosto cotto, insalatina di molluschi. Un piatto che unisce in modo raffinato la profondit? del mare e la solarit? mediterranea. Il merluzzo, pesce dalle carni delicate e versatili, trova nella salsa di fegati di seppia un contrappunto intenso e materico, quasi umbratile, amplificato dal mosto cotto, che aggiunge una nota dolce-acidula di grande complessit?.    A seguire sua maest? l’astice in doppia cottura al bbq e gratin, radici croccanti, beurre blanc. Un piatto che celebra la tecnica e l?equilibrio. L?astice, protagonista di grande nobilt?, viene lavorato con una doppia cottura che ne esalta al tempo stesso la succosit? e la complessit? aromatica: la griglia regala note affumicate e carnose, mentre il gratin aggiunge una superficie dorata e golosa. Le radici croccanti portano texture e un accento terroso che dialoga con l?intensit? marina del crostaceo, mentre la beurre blanc, classica salsa francese, chiude l?insieme con una carezza burrosa e acidula. Il risultato ? un piatto elegante, costruito su contrasti armonici e una regia gustativa precisa, che rivela una cucina matura, consapevole e profondamente sensoriale.    Sbicchieriamo ora un Vigna San Francesco Chardonnay Sicilia DOC 2016 – Tasca d?Almerita? Un masterpiece: secco, minerale, austero, una bandiera siciliana pianta nel lontano 1985 dal colore giallo dorato intenso con riflessi verdognoli nel bicchiere. Al naso rivela aromi complessi di ananas, mela e pesca, note agrumate, completate da sfumature di pera, ananas candito, cioccolato bianco e brioche. Al palato, questo Chardonnay siciliano delizia con la sua struttura elegante, la pienezza e l’equilibrio, sostenuti da un’acidit? naturale e piacevole. Il finale ? lungo, armonioso, morbido e cremoso.  Segue il delizioso consomm? di cappone con infusione di marsala e carapaceo di gambero rosso.  Nel quale viene immerso il tortello di ceci, ripieno alla mandorla, gambero di mazzara. Un piatto che fonde creativit? e radici territoriali in un gioco di contrasti raffinato. Il tortello di ceci, dalla consistenza morbida e avvolgente, racchiude un ripieno alla mandorla che dona dolcezza e struttura, mentre il gambero di Mazara porta una freschezza marina intensa e sapida. Il consomm? di cappone al Marsala lega il tutto con eleganza, aggiungendo profondit?, calore e una sottile nota liquorosa che esalta i sapori senza sovrastarli. Il risultato ? un piatto equilibrato e armonico, capace di raccontare la Sicilia contemporanea attraverso tecnica, materie prime d?eccellenza e un approccio sensoriale sofisticato.   Non pu? di certo mancare la linguina con telline, cicale di mare, pistacchio di Bronte, polvere di limone e alloro.   Assaggiamo ora “FORFICE” Cerasuolo di Vittoria DOCG Classico 2020 – Paolo Cal? Cerasuolo di Vittoria Classico che nasce nella vigna di Forfice, nell’angolo pi? assolato dell?isola, nel cuore dell’unica DOCG del sud. Frutto di un blend naturale in vigna di uve Frappato e Nero d’Avola raccolte esclusivamente nel vigneto di Force. Macerazione sulle bucce, a cappello sommerso, di circa 100 giorni. Affinamento in botte grande di rovere di Slavonia. Dal gusto unico, suadente e fresco. Perfetto bilanciamento tra acidit? e sapidit?, tannini ben integrati.  Abbinato perfettamente all’ ?agnello abbuttunatu? come un?impanatigghia, arancia, marsala e scorzonera. Un piatto che celebra la tradizione siciliana con un tocco contemporaneo.?Il risultato ? un equilibrio tra memoria e innovazione, tra sapori decisi e dettagli raffinati, che racconta la Sicilia attraverso un gesto culinario autentico e creativo.    Segue la squisita quaglia alla brace datteri e fichi, scalogno e porro, melassa al melagrana.   Stappiamo Suber 2008 – Daino Dalla coltivazione di tre vitigni autoctoni siciliani ??Nero d?Avola,?Frappato,?Alicante?? nasce il Suber, un vino di colore rosso intenso e dal gusto deciso, complesso e aromaticamente ricco. I tre vitigni si combinano tra loro e contribuiscono a dare corpo e carattere al vino. Il Nero d?Avola contribuisce con un aroma di frutti rossi, come le more o i gelsi; il Frappato aggiunge un retrogusto di pesca gialla; l?Alicante d? al Suber forza alcolica e lo arricchisce con una nota di profumate spezie.   Piacevolmente abbinato al falsomagro di guancia di vitello, spinacino, piselli e spuma di vastedda del belice. Un piatto che unisce robustezza e delicatezza in un?interpretazione contemporanea della cucina siciliana.?Il risultato ? un equilibrio tra forza e raffinatezza, tra radici siciliane e tecnica moderna, capace di coinvolgere il palato in un?esperienza intensa e armoniosa.  Passiamo ora ai dessert! Iniziamo con la spuma al marsala con nespole affumicate.  Abbinato a Milocca 2008 ? Barraco Un leggero appassimento che regala note incredibili di china e liquirizia supportate da freschezza che spinge la beva e una tannino che invoglia il sorso successivo. Un vino dolce, ma non troppo, nuovo, ma con ricordi che corrono tra gli Amaroni della Valpolicella e la storia antica Siciliana, un unicum davvero incredibile.    Secondo dessert: ciliegia e nocciola, caramello salato e amaretti.   Vuoi non scegliere dal carrello dei formaggi…?   Per finire anche la piccola pasticceria: - praline con pistacchio, moscato, basilico e limone, malvasia delle lipari
- bavarese alle fragole, cocco e frutto della passione, caff? e vaniglia
- savarins al rum
- profitterols al cioccolato
 Abbinata a un sorso di Marsala Vintage 1980, Riserva Vergine – Francesco Intorcia Un Marsala autentico, dal colore giallo dorato luminoso con tonalit? vivace e calda di oro antico. Dolci e garbate note vanigliate di erbaceo che richiamano il fieno. Evidenti note fruttate ed agrumate, di frutta secca e sotto spirito, dai fichi secchi alle noci e mandorle tostate, alla scorza d?arancia, dal finale minerale e salino. Il gusto ? pieno, secco, caldo e morbido con una perfetta corrispondenza delle sensazioni profumate all?olfatto, grande freschezza e sapidit? quasi salmastro. Un vino elegante, strutturato e persistente.  Che viaggio!! Grazie di cuore e…alla prossima!! Cucina La cucina del Ristorante Coria nasce dall?incontro perfetto tra tradizione siciliana e visione contemporanea. I due chef patron, Domenico Colonnetta e Francesco Patti, hanno fatto della Sicilia e del suo patrimonio gastronomico il cuore pulsante della loro proposta, ispirandosi ai preziosi insegnamenti del colonnello Giuseppe Coria e alla sua opera Profumi di Sicilia. Ogni piatto ? una combinazione di tecnica raffinata, creativit? e materie prime eccellenti, spesso locali e di stagione, che raccontano storie di territorio e memoria. I menu degustazione ? ?Magma?, ?Origini? ed ?Equilibrio? ? offrono percorsi sensoriali diversi ma complementari, in cui i signature dish degli chef evolvono costantemente attraverso nuove ispirazioni e scoperte quotidiane. La cucina di Coria ? quindi un viaggio sensoriale che unisce impatto e delicatezza, immediatezza e profondit?, offrendo esperienze memorabili che colpiscono il gusto e accarezzano il palato. Servizio e accoglienza Il Ristorante Coria non ? solo cucina, ma un luogo dove l?accoglienza e il servizio diventano parte integrante dell?esperienza gastronomica. L?intesa e l?alchimia tra Colonnetta e Patti si riflettono nella sala, dove sobriet? ed eleganza convivono con garbo, attenzione e cura dei dettagli. Gli ospiti sono guidati in un percorso che valorizza ogni momento del pasto, dalla scelta dei vini alla presentazione dei piatti, con spazi dedicati come lo Chef?s Table, che permette un contatto diretto e immersivo con i creatori dei piatti. L?atmosfera, calibrata tra storia e modernit?, tra il fascino del palazzo barocco e l?eleganza contemporanea degli arredi, rende ogni visita un?esperienza intima, rilassante e memorabile. Conclusioni Il Ristorante Coria rappresenta oggi un punto di riferimento per la ristorazione siciliana e nazionale, capace di coniugare memoria, territorio e innovazione in un progetto coerente e riconoscibile. Dalla cucina all?accoglienza, tutto ? pensato per offrire un?esperienza completa e immersiva, in cui ogni dettaglio racconta la passione, la visione e l?impegno dei due chef patron. Il nuovo spazio di Catania, all?interno di Palazzo San Demetrio, raccoglie l?eredit? del passato e la proietta in una dimensione pi? ampia e matura, confermando il valore di Coria come luogo dove il gusto diventa emozione, scoperta e cultura. RISTORANTE CORIA Via Prefettura 21, Ct, Italy Email: prenotazioni@ristorantecoria.it Tel: +39 095 286 4291 Sito web: www.ristorantecoria.it L'articolo CORIA Ristorante – Chef Patron Domenico Colonnetta e Francesco Patti – Catania (CT) proviene da ViaggiatoreGourmet alias AltissimoCeto!. | | TrackBack> |  |  |  |
| [11/09/2025, 11:27] | Midnight in the Cellar: Wine, Sleep, and the Slow Burn |  | Wine, time and transformation
The scent woke me. Not an alarm, not a voice - just that yeasty, intoxicating pull of fermentation working in the dark. It reached through the window, through my first sleep, drew me from bed the way the aroma of those ripe figs had drawn me when we first arrived in Bucita that September of 1977. Siren calls, both of them. Irresistible. I made my way to the cellar. Cool stone underfoot, a single light carving shadows from the darkness. My cousins were already there, not doing much of anything. Just present. Just attending. We didn't talk much. Didn't need to. The wine was holding court - that gentle gurgle and hiss of wild yeast doing ancient work in wicker-wrapped demijohns that might have held our great-grandparents' wine. Outside, the stream. Wind whistling through the clay tiles. A light breeze carrying the scent of September hills. Outside, a waft of bergamot. Inside, just the slow burn of transformation. This was the wakeful hour between sleeps - that pause where nothing productive happens but everything important does. We weren't checking temperatures or consulting charts. We were simply there, breathing the same air as the working wine, letting time notice itself. Years later, I would learn that humans used to sleep this way: two sleeps with a conscious interval between. That our bodies still want to wake at 3am not because something's wrong, but because something's deeply right - something's remembering. In that Bucita cellar, I was living in that remembered rhythm without knowing its name. The wine taught me before science did: transformation cannot be rushed. Attention cannot be scheduled. The slow burn asks nothing but presence.
For most of human history, no one slept through the night. At least not the way we think of it now - that continuous eight-hour block we're told is "normal" and worry we're broken when we can't achieve it.
Our ancestors slept in shifts. First sleep, then a wakeful hour or two around midnight, then second sleep until dawn. Historical records from Europe, Africa, Asia describe this pattern as unremarkably as we might describe breakfast. People woke around midnight, tended fires, prayed, made love, visited neighbors, contemplated their dreams. Then returned to sleep. It wasn't insomnia. It was the rhythm. The interval between sleeps had a quality. Not dead time but noticed time - the kind of attention that shapes how we experience duration. Without artificial light, those midnight hours felt different. Slower, richer, more permeable. Time you could actually feel passing through you rather than rushing past you. We lost this rhythm through the steady creep of efficiency. First oil lamps, then gas lighting, then electricity turning night into usable waking time. Factory schedules demanding continuous blocks of rest to maximize continuous blocks of labor. By the early 20th century, eight uninterrupted hours had become the ideal, and anyone who woke in between was failing at sleep. But the body remembers. That 3am waking isn't malfunction - it's your biology looking for the pause that used to be there. Emotion changes how we experience time. Not metaphorically. Literally. When we're anxious, our internal clock slows and minutes stretch. When we're engaged and present, time flows. Sometimes it compresses. What's really happening is we stop measuring and start experiencing. In that Bucita cellar, time felt slow not because it was boring but because it was full. Rich with sensory detail, emotional presence, the kind of attention that creates memory. That's why I can still smell that cellar 48 years later, still feel the cool stone, still hear the gurgle of fermentation and the stream outside. This is what the slow burn creates: noticed time. Time you're actually present for. Traditional winemaking built this into its structure. You couldn't rush fermentation, couldn't force aging, couldn't engineer away the waiting. You had to attend. Check on things not because a timer went off but because the smell called you, because you were in relationship with the working wine. The worry, the satisfaction, the anticipation building over months or years - that was the emotional texture that made the wine, and the winemaker, who they were.But like sleep, wine got efficient. Temperature-controlled stainless steel eliminated the need for midnight visits. Cultured yeasts made fermentation predictable. Micro-oxygenation accelerated aging that used to take years. We learned to make technically perfect wine faster, more consistently, with less risk and less attention. We compressed the intervals out. And something strange happened: the faster wine got, the more anxious the wine business became. Will it score well? Will it sell? Is it ready yet? What's the trend? The constant low-grade stress of quarterly thinking, of wines engineered for immediate pleasure because no one wants to wait, of measuring everything in 90-day cycles and shareholder value. We traded the slow burn of deep engagement for the constant simmer of low-grade stress. The irony is brutal: efficiency was supposed to free us from the tyranny of time, but instead it just changed the quality of our captivity. The old way was slow but emotionally rich. The new way is fast but feels endless. We're always working, always optimizing, always behind. Time drags even though everything's supposedly faster. We compressed sleep into one efficient block and wonder why we wake anxious. We compressed winemaking into predictable timelines and wonder why wine has lost its story. Same problem. Same loss.
Some winemakers still work the old way. Still visit the cellar when the smell calls them. Still wait for fermentation to finish on its own terms. Still let wine sleep through winters in barrel, waking and resting in its own rhythm. They're not behind the times. They're remembering a different relationship to time itself.
This isn't about rejecting technology or romanticizing poverty. That Bucita cellar was hard work, make no mistake. But it was work done in human time, emotional time, noticed time. The slow burn isn't slower. It just feels different. Richer. More alive.I've spent forty years in the wine business translating the Italian wine message to a country that mostly wanted Chardonnay and Cabernet. I've seen wines score 95 points and disappear in a year. I've seen wines with no scores at all become someone's epiphany, their own golden bottle in the cabinet, their own jasmine and honey moment they'll remember decades later. What survives isn't the efficient wines. It's the ones that held their time. When researchers remove artificial light and clocks from people's lives - put them in conditions like our ancestors knew - they naturally return to the old rhythm. Two sleeps. The wakeful interval between. The body remembers what the culture has forgotten. I think about that Bucita cellar often now. How the smell called me. How we just stood there, cousins in the half-dark, breathing with the working wine. How time felt - not fast or slow but present. The slow burn isn't a technique. It's a relationship with time itself - the kind our ancestors knew in their bones, in their two sleeps and wakeful intervals, in their patient attendance to things that cannot be rushed. We're not behind the times when we wake at 3am or make wine the long way or wait for figs to ripen in their own season. We're remembering what time is for.
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| [11/02/2025, 10:30] | The Great Inversion: How Italian Wine's Future Moved South |  | Here's the thing nobody's saying out loud: northern Italy is dying faster than the south. Not literally. Not yet. But the vines are telling a story that contradicts oodles of years of wine history. Barolo is sweating. Chianti is scrambling. Prosecco is looking nervously at the thermometer. Meanwhile, on a volcano in Sicily and in the forgotten hills of Basilicata, indigenous grapes that have spent millennia dealing with heat and drought are suddenly looking like the smartest bet in Italy. For the first time in modern wine history, the center of gravity is shifting. Not because of fashion or critics or investment. Because of physics. Because southern Italy?the part that was always too hot, too rustic, too other?turns out to be the part that already knows how to survive what's coming. This isn't about eight random wines from across Italy. It's about eight wines from the south?Sicily, Basilicata, Puglia, Calabria?that show what the next twenty years might look like. The Counterintuitive Reality In 2024, climate scientists published projections that should terrify anyone who loves Italian wine: 90% of traditional wine regions in coastal and lowland areas could be at risk by century's end.1 Not "might struggle." At risk of disappearing. But here's the twist. Northern vineyards?Nebbiolo in Piedmont, Sangiovese in Tuscany, even Chardonnay in Emilia-Romagna?are showing more heat stress than vineyards in Sicily and Basilicata, despite getting more rain.2 Why? Because northern vines evolved for cool, damp conditions. They're planted on steep hillsides with shallow soils designed to shed water. When extreme heat arrives, they have no defense. They're climate refugees on their own land. Southern indigenous varieties?Aglianico, Nero d'Avola, Carricante, Nerello Mascalese?have been coping with drought and sun for eons. Deep roots. Late ripening. Thick skins. They're not adapting to climate change. They were built for it.3 Winemakers in Emilia-Romagna are already ripping out Chardonnay they planted thirty years ago and replanting indigenous varieties.4 Some experts now predict Chardonnay won't be viable anywhere in Italy within a generation.5 Meanwhile, on Mount Etna and in Vulture, production is expanding. The wines that will define the next twenty years aren't the ones fighting the future. They're the ones that already live there. The Evidence: High-altitude volcanic viticulture as the blueprint. James Suckling named this Italian Wine of the Year for 2025.6 Not as a trend pick?as a model. Made from Nerello Mascalese planted in the 1950s at 600-900 meters on volcanic ash, it captures everything the future demands: late ripening, natural acidity, minerality, freshness despite warmth. Etna isn't just making great wine. It's showing other regions what survival looks like. Ungrafted vines on porous volcanic soil. Elevation that creates natural cooling. Indigenous varieties that ripen slowly even when the mercury climbs. This isn't innovation?it's validation of what southern Italy knew all along. The next twenty years will see this model replicated: higher, cooler, volcanic, indigenous. Etna got there first. Elena Fucci "Titolo" (Aglianico del Vulture, Basilicata) The Evidence: Southern volcanic terroir competing with the North?and winning. Aglianico has always been Italy's secret weapon. Planted on the slopes of an extinct volcano in Basilicata, it makes wines with the structure of Barolo, the aging potential of Brunello, and the effortless ability to handle heat.7 Elena Fucci's "Titolo" is single-vineyard, ungrafted, aged in large oak?proof that southern Italy doesn't need to imitate Piedmont. It already has the goods. Basilicata is positioned to become what Etna was fifteen years ago: the overlooked southern region that suddenly everyone realizes has been making world-class wine all along. Volcanic soils, high altitude (600-800m), late-ripening indigenous grapes. All the climate advantages, none of the hype. When collectors discover Vulture?and they will8?Elena Fucci will be one of the reasons. Cantine del Notaio "L'Atto" (Aglianico del Vulture, Basilicata) The Evidence: Biodynamic viticulture + research = understanding what actually works. Gerardo Giuratrabocchetti isn't just making wine?he's running experiments. Testing how altitude affects ripening. Studying ancient cave-aging systems carved into volcanic tuff in the 1600?s. Documenting which biodynamic practices actually build resilience in a warming climate. "L'Atto" is the estate's research-driven single vineyard bottling. It's structured, mineral, built to age for decades. But more importantly, it represents southern Italy doing the unglamorous work of figuring out why these vineyards work?so the knowledge can travel. If Basilicata emerges as a serious global player, it'll be because producers like Cantine del Notaio did the science. Maugeri "Carricante" (Etna) The Evidence: Volcanic whites rivaling the world's great expressions?and just getting started. While the world fell for Etna Rosso, Carricante was quietly evolving into one of Italy's most compelling white grapes. Electric acidity, volcanic minerality, precision that draws comparisons to Chablis and Mosel Riesling. High-altitude (eastern slopes, 700-900m), cool microclimate, built to age. Carla Maugeri's family estate is making some of the most profound whites in Italy9?proof that Etna's potential goes far beyond red wine. In twenty years, this could be the white wine sommeliers obsess over. The architecture is already there. The Evidence: The next generation claiming the volcano?on their own terms. Benedetto Alessandro represents the third wave.10 He grew up making wine in western Sicily, studied the pioneers (de Grazia, Foti), then convinced his cousins to buy land on Etna's northeastern slopes in 2016. His wines are modern, fruit-forward, precise?intentionally different from the brooding traditional style. Some will call them too clean. Others will call them the future. What matters: young Sicilian winemakers are taking over Etna, and they're not interested in imitating anyone. That creative tension?between reverence and rebellion?is where the next twenty years will be written. Tenute Rubino "Torre Testa" (Susumaniello, Puglia) The Evidence: Rescued indigenous varieties that thrive in drought. Susumaniello nearly went extinct in the 1990s. The grape's production drops dramatically after a decade?less than a kilogram per plant?which made it economically unviable when Puglia focused on volume. But Luigi Rubino understood something others missed: those few bunches that remain produce wines of extraordinary concentration and elegance.11 The grape is naturally hardy and resistant to extreme climate.11 Bush-trained vines with deep root systems, grown in Salento's arid soils with minimal water, Susumaniello is precisely what climate resilience looks like. Tenute Rubino's "Torre Testa" is their flagship single-vineyard bottling?intense, structured, built for aging?proof that Puglia's forgotten grapes are actually its future. When the Mediterranean gets too hot for irrigation-dependent varieties, Susumaniello will still be thriving. Librandi "Duca Sanfelice" (Cir? Riserva, Calabria) The Evidence: Ancient terroir meeting the future head-on. Cir? is considered one of the oldest wines in the world?allegedly served to Olympic champions in ancient Greece. The Librandi family brought it to international attention in the 1990?s, proving that Calabria's indigenous Gaglioppo grape, grown on calcareous marl soils near the Ionian Sea, could make world-class wine.12 Gaglioppo has thick skins and thrives in hot, dry conditions.12 Sea breezes moderate the intense summer heat. Many vineyards still use alberello?traditional bush-vine training that's naturally drought-resistant. "Duca Sanfelice" is Librandi's top Cir? Riserva, aged two years before release, made from old alberello vines. It's structured, complex, and built for the long haul. Calabria faces "harsh climate, persistent drought and high temperatures"12?but Gaglioppo was born for this. While northern Italy scrambles to adapt, Cir? just keeps doing what it's done for ages. Planeta"Santa Cecilia" (Nero d'Avola, Sicily) The Evidence: Drought-tolerant indigenous variety as climate solution. Nero d'Avola is Sicily's most important red grape, and for good reason: it thrives in scorching heat, retains refreshing acidity at high sugar levels, and requires minimal irrigation thanks to deep root systems.13 In a region receiving under 550mm of rain annually, these aren't luxuries?they're survival traits. Planeta's "Santa Cecilia" comes from the Noto hills in southeastern Sicily, where Nero d'Avola originated. Dry-farmed, grown on sandy soils in extreme heat, this is wine made exactly as the climate crisis would design it. The 2024 InnoNDA research project is exploring how to reduce alcohol levels by up to 4% without sacrificing flavor13?direct response to both consumer and climate pressures. Nero d'Avola isn't adapting to climate change. Climate change is proving that Nero d'Avola was right all along. What They Share Every wine on this list is responding to the same pressure: a world that's getting hotter, drier, more extreme. But they're not responding by adapting?they're responding by being exactly what they've always been. Southern volcanic terroir. Indigenous late-ripening varieties. Drought-resistant root systems. Traditional bush-vine training. These aren't innovations. They're inheritances. But none of them is pretending the climate isn't changing. The great irony is that southern Italy?historically dismissed as too hot, too rustic, too far from the action?is suddenly the part of Italy with structural advantages. Volcanic soils retain water. High altitude creates cooling.14 Indigenous varieties already know how to handle stress. These aren't adaptations. They're inherent in the legacy of Southern Italy. Northern Italy will adapt?it's already happening. But the momentum, the resilience, the built-in advantages? For the first time in modern history, they belong to the south. Twenty years from now, when someone asks what defined Italian wine in the 2020s and 2030s, will the answer be Super Tuscans or cult Barolos? Or will it be the moment Italy remembered that the grapes that thrived before air conditioning, before irrigation, before chemical interventions? ?the ones that inherently knew how to survive? The future was always there. It just had to get as hot as a volcano to be noticed. Notes 1. Van Leeuwen, C., et al. "Climate change impacts and adaptations of wine production." Nature Reviews Earth & Environment, March 26, 2024. Study projects that "about 90% of traditional wine regions in coastal and lowland regions of Spain, Italy, Greece and southern California could be at risk of disappearing by the end of the century because of excessive drought and more frequent heatwaves." 2. Guado al Melo, "Climate change and viticulture: appropriate or irresponsible choices?" The analysis notes: "It may sound absurd, but in recent summers there have been more stress problems in certain parts of the north of Italy than in the center and south, albeit that it has rained even less here." The explanation: northern vines evolved for cool conditions with shallow root systems on steep hillsides designed for drainage, while southern varieties and growers are already adapted to semi-arid conditions. 3. Decanter, "Beating the heat: How Italy's winemakers are responding to climate change," January 19, 2023. - by Aldo Fiorelli. Consultant Antonini: "The most resistant varieties are usually the indigenous ones in specific regions, for example Carricante in Sicily." 4. VinePair, "Italian Winemakers Are Finding Creative Ways to Battle Climate Change," - by Rebecca Van Hughes. January 6, 2022. Expert Bordini notes that "many wine producers in the region he lives in, Emilia-Romagna, began favoring Chardonnay over native varieties like Albana around 30 years ago. Now, however, they are returning to the indigenous varieties." 5. Ibid. Bordini states: "I think soon, it will not be possible to cultivate Chardonnay anywhere in Italy." 6. James Suckling, "Top 100 Wines of Italy 2025." The Tenuta delle Terre Nere Etna Rosso San Lorenzo 2023 was named Italian Wine of the Year with a 98/100 score. Available at jamessuckling.com. 7. Eric Guido, "Getting in on the Ground Floor: Aglianico del Vulture." Vinous, May 2024. Comprehensive report on the region's producers, including Elena Fucci, Basilisco, Grifalco, and Cantine del Notaio. 8. WineNews, "Vulture is 'Citt? Italiana del Vino' 2026," September 23, 2025. The Vulture region was selected for the prestigious 2026 designation, recognizing its "strategic vision and inter-municipal cooperation" in wine tourism and territorial development. 9. Gambero Rosso, "Italy wine guide 2025: the special awards," October 17, 2024. Maugeri was recognized with a special award: "In just three harvests, the winery of Renato Maugeri and his daughters Carla, Michela, and Paola has established itself as one of the denomination's most significant." 10. Wine Spectator, "The Volcano's Third Wave: What's New in Etna Wine?" February 23, 2024. By Robert Camuto. Feature on Benedetto Alessandro and other young Sicilian winemakers representing Etna's new generation. 11. Vinissimus, "Susumaniello." The grape is described as "vigorous, resistant to extreme climate, excellent for blending." Tenute Rubino's website notes: "Despite its notorious hardiness and resistance to pathogens, for many years Susumaniello was on the verge of falling into oblivion, until Tenute Rubino recovered it, enhancing its versatility and making it the emblem of its production philosophy." 12. Concours Mondial de Bruxelles, "Cir? ? Calabria's flagship wine." Raffaele Librandi, head of the Consortium of Doc Cir?: "In addition to our unique terroir, a great tradition of winemaking is reflected in the quality of our wines." Gaglioppo has thick skins and is genetically linked to Sangiovese. VinoVoss notes that Calabria's "harsh climate, with its persistent drought and high temperatures" has shaped the region's viticulture. 13. Vinerra, "Nero d'Avola: An In-Depth Grape Profile." The grape "retains a lively acidity even at high sugar levels, producing fresh, balanced wines in extreme heat." It excels under dry-farmed conditions thanks to "its deep root system and drought resistance." The 2024 InnoNDA Project is "aiming to reduce alcohol levels by up to 4% without sacrificing flavour or intensity?a direct response to consumer and climate pressures." 14. Gambero Rosso International, - by Donato Notarachille. "Above 1,000 meters: wine moves to higher altitudes to face climate change," October 17, 2024. Winemaker Michele Lorenzetti: "There are areas where high-altitude winemaking has been practiced successfully for a long time, like Valtellina, Valle d'Aosta, and Mount Etna, where excellent wines are made around 1,000 meters." wine blog + Italian wine blog + Italy W | | TrackBack> |  |  |  |
| [10/31/2025, 07:37] | World?s 50 Best Hotels 2025: Rosewood Hong Kong ? No.1 ? Passalacqua primo in europa e miglior boutique |  | ROSEWOOD HONG KONG ? IL NO.1 NELLA LISTA THE WORLD?S 50 BEST HOTELS 2025 La migliore entry europea ? Passalacqua (No.4) con Best Boutique Hotel Award; tra gli italiani compaiono anche Four Seasons Firenze (No.9), Bulgari Roma (No.22, new entry) e Hotel Il Pellicano (No.26, new entry). Un elenco che abbraccia 22 destinazioni in sei continenti, con numerosi premi speciali, svelato in una cerimonia dal vivo a Londra Rosewood Hong Kong (No.1) ? stato nominato The World?s Best Hotel 2025. Nella classifica spiccano gli hotel in Asia (20), seguiti da Europa (17), Nord America (6), Africa (3), Oceania (2) e Sud America (2). L?elenco accoglie 20 nuove entrate in 16 destinazioni, tra cui Australia, India e Brasile. I Premi Speciali ? pensati per affiancare la classifica e celebrare eccellenze di categoria ? includono, per il 2025, un nuovo riconoscimento: il Johnnie Walker Art of Design Award. -
Il Best Boutique Hotel Award va a Passalacqua (No.4) sul Lago di Como, per il secondo anno consecutivo. -
Desa Potato Head (No.18) a Bali ottiene l?Eco Hotel Award dopo un rigoroso audit della Sustainable Restaurant Association. -
Mandarin Oriental Qianmen a Pechino (No.14) vince il Nikka Best New Hotel Award. -
Ian Schrager ? insignito del SevenRooms Icon Award. -
Al debutto, il Johnnie Walker Art of Design Award premia Singita ? Kruger National Park (No.40). -
Il Ferrari Trento Most Admired Hotel Group Award va a Four Seasons. -
Royal Mansour (No.13) a Marrakech conquista il WhistlePig Highest Climber Award, con un balzo di 25 posizioni (da No.38 a No.13). -
Copacabana Palace (No.11) a Rio de Janeiro vince il Lavazza Highest New Entry Award. -
Il Lost Explorer Best Beach Hotel Award viene assegnato ad Atlantis The Royal (No.6) a Dubai. 30 ottobre 2025 ? La terza edizione di The World?s 50 Best Hotels ? stata svelata a Londra, celebrando l?ospitalit? pi? visionaria e d?eccellenza nel mondo. Leader del settore e appassionati di viaggi si sono riuniti all?Old Billingsgate di Londra per riconoscere esperienze alberghiere straordinarie, fissando nuovi standard di riferimento e offrendo ispirazione a viaggiatori e professionisti dell?h?tellerie. Il No.1: Rosewood Hong Kong Affacciato sul Victoria Harbour, lungo la waterfront di Kowloon, Rosewood Hong Kong (No.1) conquista la vetta della lista 2025, scalando due posizioni dal No.3 del 2024 e aggiudicandosi anche il titolo di Best Hotel in Asia. Aperto nel 2019, l?iconico grattacielo di 65 piani offre viste spettacolari sulla baia e sullo skyline di Hong Kong. Progettato dal celebrato designer taiwanese Tony Chi, l?hotel contemporaneo conta 413 camere e suite, undici ristoranti e bar, una splendida infinity pool con vista e il rinomato Asaya, centro wellness su pi? livelli con nove cabine per trattamenti terapeutici, estetici e olistici. Due Asaya Lodges su una terrazza solarium, distaccate dal corpo principale, propongono camere private per i rituali spa e tecnologie per il sonno. Emma Sleight, Head of Content per The World?s 50 Best Hotels, commenta: ?Siamo lieti di condividere la lista 2025 e di celebrare il No.1 di Rosewood Hong Kong ? un?icona presente nella top three fin dal debutto dei premi nel 2023. Un hotel eccezionale, dal servizio world-class e dalle esperienze memorabili, nel cuore di una delle destinazioni pi? dinamiche al mondo. Il primato di Rosewood Hong Kong consolida ulteriormente l?Asia come meta di punta per il lusso, sia business sia leisure. La lista di quest?anno celebra il meglio di 22 destinazioni in sei continenti: continueremo a sostenere la crescita e il successo di The World?s 50 Best Hotels.? Focus Asia Al No.2 si posiziona Four Seasons Bangkok at Chao Phraya River, rifugio urbano di 299 camere nel distretto creativo; Capella Bangkok, No.1 nel 2024, scende al No.3. L?Asia guida la lista con 20 hotel, tra cui quattro a Tokyo: Bulgari Tokyo (No.15), Aman Tokyo (No.25), Janu Tokyo (No.37) e The Tokyo Edition Toranomon (No.45); in Kyoto figura Hotel The Mitsui (No.46). Hong Kong e Bangkok confermano il ruolo di hub globali, entrambe con tre indirizzi in classifica: -
Hong Kong: Rosewood Hong Kong (No.1), Upper House Hong Kong (No.10), Mandarin Oriental Hong Kong (No.41) -
Bangkok: Four Seasons Bangkok (No.2), Capella Bangkok (No.3), Mandarin Oriental Bangkok (No.7) Crescono anche Raffles Singapore (No.5) (+1) e Desa Potato Head (No.18) a Bali (anche Eco Hotel Award). Otto new entry asiatiche arricchiscono la selezione: The Taj Mahal Palace (No.38) a Mumbai, Mandapa (No.50) a Bali e Mandarin Oriental Qianmen (No.14) a Pechino (vincitore del Nikka Best New Hotel Award). Alle Maldive, Soneva Fushi (No.28) ottiene il SeiBellissimi Art of Hospitality Award. Dubai firma tre presenze: Atlantis The Royal (No.6) ? anche Best Beach Hotel 2025 ?, Jumeirah Marsa Al Arab (No.20) e The Lana (No.35). Focus Europa (con Italia protagonista) L?Europa vanta 17 indirizzi: cinque nel Regno Unito, quattro in Francia e Italia. Prima europea in classifica ? Passalacqua (No.4), che conquista anche il Best Boutique Hotel Award. (Per 50 Best, boutique hotel = meno di 50 camere, indipendente da grandi catene, servizio personalizzato e tratti unici del luogo). Completano la presenza italiana: Four Seasons Firenze (No.9) e le new entry Bulgari Roma (No.22) e Hotel Il Pellicano (No.26). Nel Regno Unito compaiono Claridge?s (No.16), The Connaught (No.29), Raffles London at The OWO (No.31) e The Emory (No.32) ? tutte a Londra ? oltre a Estelle Manor (No.47) a Witney (new entry). A Parigi, Le Bristol (No.19) sale di 21 posizioni, mentre Cheval Blanc Paris (No.21) e H?tel de Crillon (No.23) confermano il proprio status; H?tel du Couvent (No.27) a Nizza entra in lista. Chiudono il quadro europeo Four Seasons Astir Palace (No.17) in Grecia, H?tel de Paris Monte-Carlo (No.36) a Monaco, Grand Park Hotel Rovinj (No.48) in Croazia e Hotel Sacher Vienna (No.49) in Austria. Le Americhe, Africa e Oceania Il Nord America conta sei indirizzi: Chabl? Yucat?n (No.8) ? uno dei quattro hotel in Messico con Maroma (No.33), One&Only Mandarina (No.39) e la new entry Las Ventanas al Para?so (No.44). Negli USA, entrano Hotel Bel-Air (No.42) e The Mark (No.43) a New York. Il Sud America ? rappresentato da Copacabana Palace (No.11) a Rio (anche Lavazza Highest New Entry Award) e Rosewood S?o Paulo (No.24). In Africa figurano Royal Mansour (No.13) e La Mamounia (No.30) a Marrakech, oltre a Singita ? Kruger National Park (No.40). In Oceania entrano Capella Sydney (No.12) (new entry) e The Calile (No.34) a Brisbane. I premi continentali ? Best Hotel per continente -
Asia: Rosewood Hong Kong (No.1) -
Europa: Passalacqua (No.4), Italia -
Medio Oriente: Atlantis The Royal (No.6), Dubai -
Nord America: Chabl? Yucat?n (No.8), Messico ? sponsor: Monte Vibiano -
Sud America: Copacabana Palace (No.11), Rio de Janeiro -
Oceania: Capella Sydney (No.12), Australia ? sponsor: Bocktailed -
Africa: Royal Mansour (No.13), Marrakech Il riconoscimento ai gruppi e alla sostenibilit? Four Seasons vince il Ferrari Trento Most Admired Hotel Group Award, votato in modo indipendente come parte del processo complessivo, a riconoscimento di misure e innovazioni che hanno inciso in modo significativo sul settore negli ultimi 24 mesi. Desa Potato Head conquista l?Eco Hotel Award. Guidato dal motto ?Good Times Do Good?, il brand ? stato il primo in Asia a raggiungere la carbon neutrality, con focus su approvvigionamento responsabile e uso di materiali riciclati. Per questo premio, 50 Best collabora con la Sustainable Restaurant Association, invitando gli hotel in lista a presentare una candidatura dettagliata delle iniziative green per una revisione rigorosa. L?Icona: Ian Schrager Votato dall?Academy, Ian Schrager riceve il SevenRooms Icon Award. Imprenditore, albergatore e sviluppatore immobiliare statunitense, co-fondatore nel 1977 della leggendaria Studio 54, ? pioniere del concetto di boutique hotel dagli anni ?80 (Morgans), fondendo design, lifestyle e servizio personalizzato. Con designer di fama internazionale, ha continuato a innovare con hotel come The Royalton, Delano e il brand Edition Hotels in collaborazione con Marriott. La serata ha inoltre celebrato i premi preannunciati, tra cui Southern Ocean Lodge in Australia (Kangaroo Island), nominato American Express Travel One To Watch Award, e Soneva Fushi (No.28), vincitore del SeiBellissimi Art of Hospitality Award per l?eccezionale arte dell?ospitalit?. Come funziona il voto di 50 Best L?Academy che genera la lista The World?s 50 Best Hotels conta oltre 800 votanti ed ? suddivisa in 13 regioni geografiche, ciascuna guidata da un Academy Chair esperto del proprio territorio. I panel uniscono albergatori, giornalisti di viaggio, docenti del settore, business traveller e travel aficionado. Ogni membro pu? votare per qualsiasi hotel del mondo in cui ha soggiornato nei due anni del periodo di voto, esprimendo sette preferenze in ordine. Le votazioni sono individuali e strettamente confidenziali su piattaforma sicura; gli Academy Chair non sono a conoscenza dei voti espressi dai panelist. Almeno il 25% della giuria viene rinnovato ogni anno. La societ? di consulenza Deloitte ? adjudicator indipendente del processo di voto, con pieno accesso per verificare integrit? e autenticit? delle procedure e della lista risultante. 1?50: La Lista Completa 2025 -
Rosewood Hong Kong ? Hong Kong -
Four Seasons Bangkok at Chao Phraya River ? Bangkok -
Capella Bangkok ? Bangkok -
Passalacqua ? Lago di Como -
Raffles Singapore ? Singapore -
Atlantis The Royal ? Dubai -
Mandarin Oriental Bangkok ? Bangkok -
Chabl? Yucat?n ? Chochol? -
Four Seasons Firenze ? Firenze -
Upper House Hong Kong ? Hong Kong -
Copacabana Palace ? Rio de Janeiro -
Capella Sydney ? Sydney -
Royal Mansour ? Marrakech -
Mandarin Oriental Qianmen ? Pechino -
Bulgari Tokyo ? Tokyo -
Claridge?s ? Londra -
Four Seasons Astir Palace ? Atene -
Desa Potato Head ? Bali -
Le Bristol ? Parigi -
Jumeirah Marsa Al Arab ? Dubai -
Cheval Blanc Paris ? Parigi -
Bulgari Roma ? Roma -
H?tel de Crillon ? Parigi -
Rosewood S?o Paulo ? San Paolo -
Aman Tokyo ? Tokyo -
Hotel Il Pellicano ? Porto Ercole -
H?tel du Couvent ? Nizza -
Soneva Fushi ? Maldive -
The Connaught ? Londra -
La Mamounia ? Marrakech -
Raffles London at The OWO ? Londra -
The Emory ? Londra -
Maroma ? Riviera Maya -
The Calile ? Brisbane -
The Lana ? Dubai -
H?tel de Paris Monte-Carlo ? Monaco -
Janu Tokyo ? Tokyo -
The Taj Mahal Palace ? Mumbai -
One&Only Mandarina ? Riviera Nayarit -
Singita ? Kruger National Park ? Kruger National Park -
Mandarin Oriental Hong Kong ? Hong Kong -
Hotel Bel-Air ? Los Angeles -
The Mark ? New York -
Las Ventanas al Para?so ? Los Cabos -
The Tokyo Edition Toranomon ? Tokyo -
Hotel The Mitsui ? Kyoto -
Estelle Manor ? Witney -
Grand Park Hotel Rovinj ? Rovigno -
Hotel Sacher Vienna ? Vienna -
Mandapa ? Bali Premi Speciali -
Nikka Best New Hotel Award ? Mandarin Oriental Qianmen, Pechino -
SevenRooms Icon Award ? Ian Schrager -
Eco Hotel Award ? Desa Potato Head, Bali -
American Express Travel One To Watch Award ? Southern Ocean Lodge, Kangaroo Island -
Lost Explorer Best Beach Hotel Award ? Atlantis The Royal, Dubai -
SeiBellissimi Art of Hospitality Award ? Soneva Fushi, Maldive -
Best Boutique Hotel Award ? Passalacqua, Lago di Como -
Ferrari Trento Most Admired Hotel Group Award ? Four Seasons -
WhistlePig Highest Climber Award ? Royal Mansour, Marrakech -
Lavazza Highest New Entry Award ? Copacabana Palace, Rio de Janeiro -
Johnnie Walker Art of Design Award ? Singita ? Kruger National Park 50 Best ? Social Instagram: @50Best_Hotels X: @50Best_Hotels Facebook: @50BestHotels YouTube: 50 Best Sito: https://www.theworlds50best.com/hotels/ About The World?s 50 Best Hotels Dopo il successo di The World?s 50 Best Restaurants e The World?s 50 Best Bars, nel 2023 50 Best ha lanciato The World?s 50 Best Hotels, primo debutto globale dal 2009. La lista ? curata dall?Academy di oltre 800 esperti indipendenti, selezionati per la loro visione internazionale dell?h?tellerie. Il programma ? cerimonia e unveiling ? riunisce albergatori, ristoratori, bar owner, media, business e luxury traveller in una celebrazione di ospitalit?, passione e talento. Le prime due edizioni (2023 e 2024) si sono tenute a Londra nel mese di settembre. Partner American Express Travel (Official Credit Card & Travel Agency Partner) ? sponsor American Express Travel One To Watch Award Nikka Whisky (Official Whisky of the World Partner) ? sponsor Nikka Best New Hotel Award Lavazza (Official Coffee Partner) ? sponsor Lavazza Highest New Entry Award Ferrari Trento (Official Sparkling Wine Partner) ? sponsor Ferrari Trento Most Admired Hotel Group Award Johnnie Walker (Official Scotch Whisky Partner) ? sponsor Johnnie Walker Art of Design Award Vermouth Carlo Alberto (Official Vermouth Partner) The Lost Explorer Mezcal (Official Mezcal Partner) ? sponsor Lost Explorer Best Beach Hotel Award SevenRooms (Official Booking Platform Partner) ? sponsor SevenRooms Icon Award WhistlePig (Official American Whiskey Partner) ? sponsor WhistlePig Highest Climber Award SeiBellissimi (Official Italian Cocktails Partner) ? sponsor SeiBellissimi Art of Hospitality Award Perrier (Official Sparkling Water Partner) Natura Biss? (Official Spa Brand Partner) London Essence (Official Premium Mixers Partner) No.3 London Dry Gin (Official Gin Partner) Altamura (Official Vodka Partner) Kaviari (Official Caviar Partner) Monte Vibiano (Official Olive Oil Partner) ? sponsor The Best Hotel in North America Bocktailed (Official Bespoke Pre-Mixed Cocktail Partner) ? sponsor The Best Hotel in Oceania Official venue hosts: The Peninsula London (Opening Banquet Host) ? The Chancery Rosewood (Welcome Drinks Host) ? Four Seasons Park Lane (#50BestTalks: Unpacked Host) ? The Cadogan (Official Venue Host) L'articolo World?s 50 Best Hotels 2025: Rosewood Hong Kong ? No.1 – Passalacqua primo in europa e miglior boutique proviene da ViaggiatoreGourmet alias AltissimoCeto!. | | TrackBack> |  |  |  |
| [10/30/2025, 15:50] | Lido Restaurant at The Surf Club (Fine Dining) Chef Marco Calenzo ? Four Seasons Surfside Miami |  |  Lido Restaurant at The Surf Club ? Fine Dining italiano a due passi dall?oceano Four Seasons Hotel at The Surf Club, Surfside (Miami) Nel gioiello Art D?co di Surfside, tra sale storiche e terrazze affacciate sull?Atlantico, Lido Restaurant at The Surf Club firma una cucina di riviera italiana al tempo stesso contemporanea e filologica: crudi nitidi, paste fatte in casa, cotture pulite e un servizio dal portamento Four Seasons. L?indirizzo ? oggi una delle tavole pi? solide del litorale di Miami per chi cerca ?italianit?? di livello con vista oceano. Cucina & piatti La regia ? di Marco Calenzo: una cucina di matrice mediterranea con lucidit? tecnica e tocchi di eleganza ?classica?, talvolta attraversata da sfumature nipponiche. Tra le firme segnalate dalle guide: Tagliatelle all?astice con pesto ?siciliano? (must-try), Cotoletta alla milanese, risotto allo zafferano, branzino al vapore e il carpaccio di scampi con doppio caviale; perfetta ouverture al Crudo Bar sulla terrazza vista mare. Carta dei vini agile ma centrata sulle grandi denominazioni italiane (Piemonte, Campania, Umbria). Cosa ordinare (shortlist AC): -
Crudi del giorno dalla terrazza (aperitivo tecnico). -
Tagliatelle all?astice. -
Risotto allo zafferano / Branzino al vapore. -
Carpaccio di scampi con caviale. Sala, atmosfera, posizione Ambiente elegante e luminoso, oceanfront terrace tra le pi? scenografiche della contea; servizio puntuale in stile Four Seasons, ritmo rilassato ma preciso. Prenotazione consigliata. Riconoscimenti & guide -
Gambero Rosso ? Tre Forchette 2025 a Lido (massimo punteggio internazionale) e Chef of the Year a Marco Calenzo. -
MICHELIN Guide Florida 2024 ? selezione (MICHELIN Recommended) per Lido; nello stesso complesso c?? anche The Surf Club Restaurant di Thomas Keller, 1 stella. Approfondimento ? Marco Calenzo, l?Executive Chef Fiorentino, formazione alberghiera (Bernardo Buontalenti) e un percorso internazionale in cucine di alto profilo: Four Seasons Beijing (Mio), Four Seasons Hawaii, Zuma London, quindi Executive Chef di Al Mare al Carlton Tower Jumeirah (Londra) prima dell?approdo in Florida nel 2023. Lo stile? Chiarezza di sapori, tecnica elegante, creativit? misurata e un?attenzione quasi sartoriale alla pasta fresca e al pesce. Premi recenti: Chef of the Year (Gambero Rosso, 2024); sotto la sua guida Lido conquista le Tre Forchette 2025. Info utili Dove: Four Seasons Hotel at The Surf Club, 9011 Collins Ave, Surfside (Miami). Stile di cucina: Costiera italiana contemporanea, crudi, paste, secondi di mare/terra. Quando: colazione, pranzo, cena e Sunday brunch; prenotazioni via OpenTable. Nostro giudizio (Altissimo Ceto) Una tavola che parla italiano con accento internazionale: grande materia prima, misura, e un equilibrio tra comfort e finezza che la rende destinazione per pubblico locale e viaggiatori. Nel panorama di Miami, Lido ? oggi benchmark della cucina italiana d?autore fronte oceano.   Team di Cucina: Marco Calenzo ? Executive Chef Amedeo Melotto ? Chef de Cuisine Sharitzel Desfassiaux ? ?Pastry Chef Team di Sala: Restaurant General Manager – Carlo Pecchio Ma?tre d?hotel – Fabrizio Madeddu Sommelier – Cristian Zaffarano Director of Bars – Jonathan Gabby    Partiamo con la nostra serata: Aperitivo allo Champagne Bar    Bollicina di Benvenuto al Ristorante by Ferrari Trento     ? Chawanmushi al dashi con gambero rosso ?carabineros? Crema d?uovo al dashi leggermente affumicata al bonito (katsuobushi), con carabineros all?interno ed edamame, rifinita con estratto dei carapaci (bisque), erba cipollina e cracker di riso ai gamberi rossi spolverato con polvere ottenuta dai carapaci essiccati. Servito nel guscio d?uovo adagiato su fieno. Nota di degustazione: setosa, iodio gentile e affumicato in filigrana; la dolcezza del gambero ? bilanciata dall?umami profondo dell?estratto. ? Cracker all?aonori con riccio di mare di Hokkaid? e caviale Daurenki Cialda di pasta fillo a 5 strati, spennellata con burro chiarificato e aonori tra gli strati, cotta al forno. In superficie uni di Hokkaid?, caviale Daurenki e zeste di lime. Nota di degustazione: croccantezza eterea e marea umami; grassezza marina dell?uni, sapidit? precisa del caviale, chiusura agrumata a pulire. ? Vellutata di funghi selvatici Zuppa vellutata di cinque variet? di funghi potenziata dal liquido di porcini fermentati, servita con caprino montato, emulsione di erbe fresche (aneto, prezzemolo, erba cipollina), funghi in agrodolce, polvere di porcini fermentati e un filo di olio extravergine. Nota di degustazione: trama cremosa, umami terroso e profondit? balsamica; l?acidit? dei pickles vivacizza e allunga il sorso.     ? Ricciola ? rilettura ?cacio e pepe? in chiave peruviana Omaggio a un classico italiano riletto con tecnica nikkei: una leche de tigre ?cacio e pepe? ottenuta dagli ingredienti peruviani di base, infusa con pecorino, pepe nero e un??acqua? ricavata dalle croste di Parmigiano. La salsa ? tarata con colatura di alici, lime e olio all?aneto per la nappatura. La ricciola ? marinata con sale, pepe nero e limone, avvolta in insalatina di finocchio e finita con finocchio bronzeo. Nota di degustazione: crema acidula-umami, pepe in filigrana, agrume a rinfrescare; la dolcezza del pesce si allunga sulle erbe. ? Ostrica Selezione variabile secondo mercato e qualit? (frequente la West Coast, es. Virginica, Glass Bay). Servita con wafu di mela verde e scalogni, ponzu all?arancia e peperoncino serrano. Nota di degustazione: salmastro nitido, frutto verde a sgrassare, piccantezza misurata; chiusura tesa e pulitissima. ? Tonno Tataki di bluefin (Balfeg?, Spagna ? filiera sostenibile), scottato dolcemente, affettato e condito con dressing al tartufo nero su base tosazu (aceto di riso, salsa di soia, mirin) arricchita con katsuobushi, miso e tartufo nero invernale; finitura con scaglie di Tuber melanosporum fresco. Nota di degustazione: umami profondo e balsamico, grassezza nobile del tonno, tartufo in persistenza elegante.        Risotto allo zafferano, scampi ed echi di liquirizia Riso Carnaroli Acquerello affinato (invecchiato), cotto espresso in pentola a pressione con brodo vegetale per un chicco integro e una mantecatura all?onda. Profumato allo zafferano e rifinito con burro acido e un sentore d?arancia. In superficie, eminc? di scampo (lamelle sottili) conditi a crudo con olio extravergine, fiocchi di sale marino e polvere di liquirizia Amarelli della Calabria.  ?Cremosit? seducente e zafferano in eleganza; lo scampo regala dolcezza iodina e succosit?, l?agrume illumina il finale, mentre la liquirizia Amarelli introduce un contrappunto balsamico-amaricante di grande finezza.  Agnolotti ?Carbonara di mare? all?Aori-ika Reinterpretazione della carbonara in chiave marinara, utilizzando tutte le parti dell?Aori-ika (seppia/calamaro giapponese). Sfoglia al nero di seppia, ripieno di sabayon d?uovo profumato con Ragusano e pecorino: cuore liquido che ?scoppia? al morso. Gli agnolotti sono saltati con brodo vegetale, vino bianco, yuzu-kosh? e supr?mes di limone. La seppia viene grigliata su carbone binch?tan con un velo di paprika, zeste di limone e sale, poi affettata e aggiunta alla pasta. Chiusura aromatica con polvere di bucce di cipolla bruciate. Pasta sottile e saporita, anima cremosa dal carattere cacio-e-pepe; mare scuro del nero di seppia, pungenza agrumata dello yuzu-kosh?, fumo elegante dal binch?tan. Finale lungo, appena amaricante, della cipolla bruciata che pulisce e invita al bis.  Pasta sottile e saporita, anima cremosa dal carattere cacio-e-pepe; mare scuro del nero di seppia, pungenza agrumata dello yuzu-kosh?, fumo elegante dal binch?tan. Finale lungo, appena amaricante, della cipolla bruciata che pulisce e invita al bis.  Bread Course ? Brioche al miso Saiky? & burro al tartufo nero invernale Brioche arricchita con Saiky? miso (miso dolce di Kyoto): cottura a vapore e breve passaggio in forno al minuto per preservare fragranza, morbidezza e profumo. In abbinamento, burro di casa lavorato con pasta 100% di tartufo nero invernale, cotta sous-vide e poi emulsionata con sale Maldon e acqua di funghi fermentati; finitura con polvere di porcini (cep) fermentati che avvolge il burro. Perch? la fermentazione dei porcini? Tecnica tradizionale di conservazione (diffusa nei Paesi nordici e in Asia), oggi utilizzata per esaltare l?umami, modificare il profilo aromatico e aggiungere spinta acida e salinit? naturale, aumentando profondit? e persistenza gustativa. Brioche soffice e burrosa, con dolcezza miso in filigrana; il burro ? opulento e tartufato, con ritorni boschivi. La polvere di porcini fermentati dona una scia umami-acidula che pulisce il palato e invoglia al morso successivo.  Brioche soffice e burrosa, con dolcezza miso in filigrana; il burro ? opulento e tartufato, con ritorni boschivi. La polvere di porcini fermentati dona una scia umami-acidula che pulisce il palato e invoglia al morso successivo.  Anatra Pekin (Long Island) dry-aged, kasu & binch?tan Anatra Pekin (nota anche come Long Island duck), allevata in barn aperti senza antibiotici n? ormoni, secondo pratiche rispettose e con dieta a base di cereali ? per una carne succulenta e dal gusto delicato. Il petto ? frollato a secco ~10 giorni, poi marinato con sake kasu, mirin e sak?. Cottura rosa (medium-rare) e finitura alla brace su carbone binch?tan. In accompagnamento: barbabietola in agrodolce, pur? di carota e zenzero, kumquat candito 3 giorni (mandarino cinese) e salsa bigarade rifinita con un tocco di Grand Marnier e aceto di calamansi. Nota di degustazione (Altissimo Ceto): trama tenerissima e succosa, profilo agrumato-amaricante (bigarade/kumquat) di grande pulizia; il fumo fine del binch?tan accarezza la dolcezza della carne, mentre il calamansi dona slancio acido e brillantezza al finale.    Sgroppino ?Kakig?ri style? La firma del Chef Marco su due classici di tradizioni diverse: lo sgroppino veneziano e il kakig?ri giapponese. Il piatto apre con una perla di litchi ? tocco esotico che richiama la vibrazione tropicale di Miami ? quindi una granita di Moscato d?Asti e limone dalla texture di neve (in omaggio al kakig?ri). Chiusura cremosa con gelato alla vaniglia Tahiti e zeste di lime a rifinire. Freschezza citrica e bollicina aromatica del Moscato, dolcezza floreale del litchi, cremosa rotondit? della vaniglia; finale luminoso e pulito grazie al lime. Dessert giocato su contrasti di temperatura e consistenze: leggero, elegante, irresistibilmente rinfrescante.    Cioccolato ? gioco di origini, aromi e consistenze Dialogo tra gianduia (latte + nocciola) e fondente 72% del Venezuela. Si sceglie il sorbetto al cioccolato (non gelato) per esaltare le sfumature vanigliate e bois? del cacao; in finitura, sale marino a evocare i laghi salati della penisola venezuelana. A rinfrescare e alleggerire il morso, una neve di lampone ? preparata al nitrogeno liquido (-196 ?C) alla postazione del crudo ? che illumina e chiude il percorso degustazione.  Struttura profonda di cacao, nocciola vellutata e un guizzo salino che amplifica gli aromi; la acidit? nitida del lampone ripulisce il palato e regala un finale teso e brillante, tra contrasti di temperatura e texture perfettamente calibrati.  Nonino ?Il Merlot? ? Grappa Monovitigno? Nota di degustazione -
Colore: limpido, cristallino. -
Naso: soffice e floreale, con richiami a petali di rosa e nocciolo di ciliegia; in secondo piano frutta rossa croccante e lievi accenti erbacei. Grappa NoninoFine DramsWhiskey Caviar -
Palato: ingresso puro e rotondo, trama setosa; ritorni di ciliegia/uva, cenni di spezia fine e grapey elegante. Finale asciutto e persistente, con un tocco appena pepato che allunga il sorso. Whiskey CaviarBottleBuzz -
Gradazione & stile: tipicamente 41% vol., non affinata in legno per preservare la trasparenza varietale del Merlot. The Barrel Tap Servizio -
Bicchiere: tulipano piccolo/medium per concentrare i profumi. -
Temperatura: 12 ?C (leggermente fresca), lasciando 2?3 minuti di apertura nel calice. The Barrel Tap Abbinamenti (uso & pairing) -
Fine pasto ?tecnico?: pasticceria secca (lingue di gatto, brutti ma buoni), tortino di nocciola/gianduia, crostatina di frutti rossi o amarene che dialoga col registro di ciliegia/mandorla. -
Cioccolato: fondente 70?80% in purezza o con nocciola piemontese. -
Caff?: perfetta anche in caff? corretto o come chaser dopo espresso. (Abbinamenti pensati per esaltare la pulizia aromatica e la tessitura setosa tipiche del Merlot Monovitigno.) Breve storia della distilleria / famiglia Nonino ? una dinastia friulana che ha rivoluzionato la grappa: fondata nel 1897 da Orazio Nonino (distilleria oggi a Percoto, Udine), prosegue con Giannola e Benito Nonino, artefici nel 1973 della prima Grappa Monovitigno? della storia (da Picolit), elevando il distillato da ?popolare? a Made in Italy d?eccellenza. Grappa Nonino+1Wikipedia La linea I Vigneti Monovitigno? ? di cui Il Merlot fa parte ? nasce dalla distillazione di vinacce di singolo vitigno provenienti da aree vocate, con alambicchi a vapore discontinui in rame, per un profilo limpido e varietale. Grappa NoninoFine Drams Nota redazionale (Altissimo Ceto) Grappa didattica e raffinata: floreale/mandorlata al naso, setosa e asciutta al palato, con persistenza nitida. In pairing, privilegiamo dolci asciutti e cioccolato fondente; in purezza, d? il meglio a 12 ?C in tulipano. Una firma storica della scuola Nonino che continua a dettare standard sulla grappa monovitigno. Petit Fours Trio ? Baci di Dama Classico del Nord Italia: due piccoli biscotti alla nocciola che ?si baciano? grazie a un cuore di cioccolato. Nota di degustazione (Altissimo Ceto): friabilit? fine, nocciola tostata in evidenza, chiusura cacao elegante dal dolce-amaro misurato. ? Tartelletta caff?, rum & lampone Base sabl? al caff? tostato, sormontata da sabayon al cioccolato bianco profumato Rum Zacapa 23, finitura di lampone fresco. Nota di degustazione: calore speziato del rum e cremosit? del sabayon, contrastati dall?acidit? viva del lampone; equilibrio tra amaro, dolce e fresco. ? Gianduiotto (nostra versione) Gianduia di nocciola e cioccolato con inserto croccante di feuilletine. Il nome ?Gianduiotto? rimanda alla maschera piemontese Gianduja, il cui cappello ispir? la forma. La leggenda vuole che l?uso della nocciola nasca ai tempi del blocco napoleonico: con il cacao raro e costoso, i maestri torinesi allungarono il cioccolato con nocciole tostate locali, creando un equilibrio unico tra grassezza e profumo. Nota di degustazione: scioglievolezza setosa, nocciola rotonda e persistente, croccantezza sottile delle feuilletine a dare ritmo al morso.  Caff? ? Per?la Coffee (Miami) ? Blend ?Espresso Fino? Marchio locale di Miami impegnato in pratiche agricole sostenibili. Il blend Espresso Fino ? una tostatura scura di sole Arabica provenienti da Guatemala, Brasile e Sumatra, lavorate con lavaggio completo e asciugatura accurata per valorizzare la purezza aromatica. Profilo sensoriale -
Naso & palato: cioccolato fondente, frutta secca tostata (nocciola/mandorla) e un accenno di lampone che dona una lieve dolcezza fruttata. -
Struttura: acidit? bilanciata, corpo pieno ma scorrevole, finale setoso e pulito. -
Stile d?estrazione: pensato per un espresso classico dall?equilibrio immediato. Nota di degustazione (Altissimo Ceto): tazza rotonda e precisa, con cacao in primo piano, tostato elegante e guizzo di frutto rosso che illumina la chiusura. Ottimo da solo o macchiato, perfetto in abbinamento a piccola pasticceria al cioccolato/gianduia o dessert ai frutti rossi.  Anche a Miami il Gin & Tonic defaticante non pu? mancare. ?Con il fascino lento dell?estate italiana, Lido at The Surf Club propone la sua raffinata cucina costiera in uno degli Hotel pi? iconici di Miami – Four Seasons Hotel at The Surf Club?  Gratitudine sincera a Marco Calenzo e alla mitica Daniela Trovato?? Regional Vice President & General Manager (in foto sotto) ? per l?inconfondibile touch Four Seasons: eleganza naturale, accoglienza col sorriso e quell?irrinunciabile ?home away from home? ovunque nel mondo.  Indirizzo: Lido Restaurant at The Surf Club ? Four Seasons Hotel at The Surf Club 9011 Collins Ave, Surfside, FL 33154, USA. Orari di apertura Dress code Smart Casual. Contatti & Prenotazioni -
Telefono (diretto ristorante): +1 (305) 381-3333 -
Telefono (Four Seasons Dining/Reservations): +1 (786) 482-2280 -
Email: LidoRestaurant.SurfClub@FourSeasons.com. -
Booking online: disponibile via OpenTable dal sito ufficiale. L'articolo Lido Restaurant at The Surf Club (Fine Dining) Chef Marco Calenzo – Four Seasons Surfside Miami proviene da ViaggiatoreGourmet alias AltissimoCeto!. | | TrackBack> |  |  |  |
| [10/26/2025, 10:00] | The Economics of Bullshit: Wine's Junket Folly |  | Scroll through Instagram on any given Tuesday and you'll see them: sun-drenched vineyard photos, perfectly plated lunches in Tuscan courtyards, selfies with winemakers, glasses raised against golden-hour light. Don't forget the hashtags ? #blessed #winetasting #sponsored (maybe). The aesthetic is flawless. The credibility? Not so much. But here's what you won't see: the unspoken contract. The implicit understanding that this week in Chianti, these meals, this business-class ticket, comes with an expectation. Not a requirement, mind you. Just an... understanding. You don't bite the hand that flies you first class and puts you up in a restored monastery. That would be ungrateful. Is this journalism? Marketing? Or something murkier that we've all agreed not to examine too closely? The Quid Pro Quo No One Mentions Let's be honest about what's happening here. When a winery or consortium spends thousands of euros bringing writers to their region, they're not funding some noble pursuit of truth. They expect return on investment. And the writers? They know it. They're not stupid?just conveniently flexible about what "editorial independence" means. The selection process itself tells you everything. You don't get invited back if you wrote that the wines were overpriced or the hospitality was lacking. The system self-selects for the pliable, the positive, the ones who'll post pretty pictures and talk about "hidden gems" and "undiscovered terroirs." It's Darwinian, really. Survival of the most compliant. Compare this to traditional journalism. The New York Times forbids staff and freelancers from accepting comped travel?a strict ethical policy against even the smallest hint of undue influence. The practical reality, as one editor explained, is that newspapers live in glass houses: you can't run expos?s on lobbyist junkets while your wine writer sips Barolo on someone else's dime. Ethics and optics are intertwined when credibility is your currency. This is access journalism?when reporters become so dependent on their sources that they lose the ability to be critical. Ask the wrong question at a White House press conference and watch your credentials disappear. Wine writers face the same trap. When your livelihood depends on maintaining relationships with the very people you're covering, objectivity isn't just compromised. It's impossible. But hey, the Brunello is fantastic. The Professional Junket Circuit: Serial Abusers of the System But the real problem isn't the occasional press trip. It's the professional hangers-on?the serial junket-takers who've built entire careers on free travel. They're living the dream, funded by someone else's marketing budget. You know them when you see them. Check their Instagram: Tuscany today, Pened?s tomorrow, Bordeaux next week, Napa by month's end. They're not wine writers who travel; they're travelers who occasionally mention wine between selfies. The telltale signs are everywhere: more photos of themselves than the wines, captions that could apply to any winery anywhere ("What a magical day!"), and a concerning ratio of exclamation points to actual information. Here's the math that should alarm every winery owner: If someone is doing twelve or more press trips a year, when exactly are they writing? When are they developing the deep knowledge that makes coverage valuable? The answer: they're not. They're spreading shallow coverage thin, posting a TikTok video (one of 34 million posted daily!) that fades in twenty-four hours, maybe a blog post if you're lucky. But don't worry?they'll definitely tag you. Yet wineries keep inviting them. Why? Because PR firms need to "fill seats." Because follower counts create an illusion of influence. Because nobody wants to admit they can't measure the return on investment. So let's just keep doing it and hope the algorithm rewards us. Let's talk about what this actually costs. A week-long press trip to Italy?flights, hotels, meals, ground transportation, winery visits?runs easily three to five thousand dollars per person. Multiply that by eight or ten invitees. What did the winery get? A few social media posts that'll be buried in the algorithm within days? Maybe a blog entry that'll get a hundred views from other wine bloggers? But look?thirty-seven likes! That's basically virality. That money could have hired a sales rep for a month. Could have upgraded the tasting room. Could have paid for a presence at a major trade show where actual buyers congregate. Instead, it funded someone's personal brand. And their next passport renewal. And that's the perpetual motion machine at work. Each trip makes these "influencers" look more influential, which gets them invited on the next trip, which makes them look even more influential. They're building their brand on your dime. Rinse, repeat, provide minimal value. It's the circle of life, Tuscan villa edition. The FTC Disclosure Theater The Federal Trade Commission requires disclosure of "material connections"?which includes free trips. Influencers must use clear language like "#ad" or "#sponsored." Must place it prominently. Must make it "hard to miss." In practice? You get "#ad" buried seventeen hashtags deep. Or "Thanks to XYZ Winery for hosting!" without clarifying that "hosting" meant five thousand dollars in expenses. Very transparent. Very ethical. But here's the thing: even perfect disclosure doesn't solve the ethical problem. It just makes it legal. You can disclose a conflict of interest without eliminating it. Readers don't need labeled bias?they need unbiased information. There's a difference. Though apparently not one the FTC cares much about. When the Influencer Becomes the Brand We've reached a strange inflection point where people make their living as "wine content creators." Their full-time job is posting about wine. Which raises an uncomfortable question: when wine coverage is your livelihood, who's really the client? The readers, or the wineries paying for your lifestyle? Trick question. It's neither. It's the algorithm. The metrics game compounds the problem. Analysis shows more than sixty percent of influencers admit to buying followers, likes, or comments. Fake accounts number in the millions. Yet wineries make decisions based on these numbers, unable to verify what's real and what's manufactured. It's the economics of bullshit?spending real money on fake influence, measuring success in meaningless impressions while actual sales remain a mystery. But the engagement rate looks great in the PowerPoint. And some of these folks have developed quite the sense of entitlement. I've heard stories?the blogger who demanded a business-class ticket before ever visiting a region, the influencer who refused to post without additional "compensation" beyond the free trip. When did we start treating wine producers like ATMs? Oh right?when someone figured out they'd actually pay. The Uncomfortable Truth Here's the question nobody wants to answer: Can you accept a five-thousand-dollar trip and still be objective? Maybe the answer is simpler than we've been admitting. Maybe you can't. Maybe we need to stop pretending there's some magical ethical framework that makes it okay. Either commit to independence?pay your own way, accept the limitations?or admit you're doing PR and market yourself accordingly. Just don't call it journalism while you're working on your tan in someone else's vineyard. But don't insult us by calling it journalism while posting from a Tuscan villa someone else paid for. Wine lovers trying to navigate this increasingly murky information landscape deserve to know what's genuine. Which recommendations come from expertise and which from expedience? The trust that took decades to build in wine media is eroding, replaced by cynicism. Wine deserves better than song-and-dance men and Instagram hangers-on. The hardworking farmers and winemakers pouring their lives into bottles deserve advocates who can't be bought. And consumers deserve to know whether they're reading a review or an advertisement. As they say in carpentry: measure twice, cut once. It's time the wine world cut the bullshit. ? written and photo-synthesized (with inspiration from the ancient Roman mosaics at Villa Romana del Casale in Piazza Armerina, Sicily) by Alfonso Cevola limited rights reserved On the Wine Trail in Italy wine blog + Italian wine blog + Italy W | | TrackBack> |  |  |  |
| [10/22/2025, 11:00] | Has Wine Lost Its Moorings? A Response to Eric Asimov |  | Eric's been thinking hard about wine's troubles in his latest New York Times piece, laying out prescriptions for an ailing industry: lower prices, lose the snobbery, simplify offerings. Thoughtful stuff. But reading through it, one question kept nagging at me: Has wine lost its cultural moorings? Because if that's what's happening?if wine no longer fits into how people define pleasure, connection, the good life?then the fixes Eric proposes are like treating symptoms while the disease progresses underneath. You can adjust pricing and tone all you want, but if the fundamental relationship between wine and culture has frayed, we're dealing with something deeper than pricing or presentation. Eric's piece might be evidence of this drift. Look at the tangles: He champions small producers making meaningful wine from real places?I'm right there with him?then says the industry needs to dramatically lower prices. But sustainable farming and artisanal production cost more. He notes wineries like Matthiasson, whose regular tier wines run $30-50, have "introduced lower-priced wines that maintain the high standards already set up" as "few younger people are willing to spend more than $20 for a glass of wine in a restaurant or $50 to $100 a bottle in a wine shop." This move suggests an industry with shifting goal posts, caught between maintaining quality standards and meeting a price point younger drinkers will actually pay ? a dilemma whose solution is elusive. Or consider his "drinking less but drinking better" observation. That's been happening for decades, driven partly by economics ? tighter budgets mean fewer bottles but better ones. If this pattern has been steady all along, what's different now? Eric acknowledges the long trend but frames the current moment as crisis. Maybe what's changed isn't consumption patterns but the culture itself ? different priorities, different values ? and wine hasn't figured out how to speak to that.
He's right about the gatekeeping, though. As he puts it, "Nobody explains how an electric guitar works before a concert." Wine bars that lecture folks who just want to relax embody the elitism under siege in our moment of cultural convulsion. And his diagnosis of the fragmentation?getting this fractured community to act in unison is impossible, like herding very opinionated, terroir-obsessed cats. But here's what nags at me: Eric divides wine drinkers into deeply committed geeks and those who "mostly want an inexpensive alcohol delivery system that tastes good." What about everyone in between? People who might care about wine if it connected to something they value. They're not looking for education or cheap alcohol - just something that meets them where they are. Not above them, not below them. And maybe that's not just a wine problem - we're living through a moment where people feel dismissed, talked past, left out of the conversation. Has wine become just one more place where that's happening? From where I stand in Middle America ? up on that rickety ladder reorganizing shelves at my local Italian store, or in my office reporting on wine ? the interest is still there. People are curious. They want to explore. But they're doing it in a wine world that mostly talks to itself, that fights internally while most folks just want something that lands where they are, here and now. Maybe the crisis isn't about pricing or snobbery. Maybe it's about whether wine still has a story that matters to anyone outside the wine world. Eric's at least swinging at the problem. I just wonder if the pitcher is throwing curves or change-ups. ? written and photo-synthesized (with inspiration from Michelangelo Caravaggio and Robert Surtees, cinematographer of the 1959 film Ben Hur) by Alfonso Cevola limited rights reserved On the Wine Trail in Italy wine blog + Italian wine blog + Italy W | | TrackBack> |  |  |  |
| [10/19/2025, 10:26] | Prophecy and Perspective on the Blackland Prairie |  | The buffalos are coming back. The soccer moms in Escalades have upgraded to Teslas. And the crystal ball I peered into a decade ago sits on my desk, a little cloudier, a little wiser, mocking me gently as I thumb through that 2015 post about Italian wine regions to watch. Ten years I wrote 5 Italian Wine Regions to Watch in 2015. Ten years - long enough to age a Barolo, to see a vineyard replanted reach maturity, to watch trends rise and fall like the tides at San Benedetto del Tronto. So what did I get right? What did I miss? And what does the murky sphere tell me now? The Damage Report Alto Piemonte - The Prophecy Fulfilled I'll take a bow here. Boca, Gattinara, Ghemme, Sizzano ? these names that once drew blank stares from sommeliers are now spoken with reverence. Roberto Conterno's purchase of Nervi-Conterno wasn't just an investment; it was a coronation. The cult producers I mentioned ? Le Piane, Vallana, Monsecco, Ferrando ? they're harder to find now, more expensive, more sought after. This one I got right, and it feels good. The wines still deliver what I loved then: transparency, terroir, affordability (relatively speaking), and that Nebbiolo character that doesn't need the Barolo price tag to prove itself. If anything, I understated it. Alto Piemonte didn't just arrive ? it conquered.
Lazio and Cesanese - The Slow Burn Here's where humility sets in. Cesanese has gained ground, yes. Damiano Ciolli is still making beautiful wines, and the word is out among the cognoscenti. But did Lazio become the red wine destination I envisioned? Not quite. It remains an insider's game, a wine for those who seek rather than those who trend. Rome's food and wine culture has certainly evolved, but Cesanese hasn't stormed the gates the way I hoped. Maybe I was early. Maybe I'm still right, just on a longer timeline. Or maybe some wines are meant to remain beautiful secrets, shared among friends over plates of rigatoni con la pajata rather than splashed across wine lists in Manhattan. Sicily Beyond Etna - Leave the Gun, Take the Cannoli Gaetano di Carlo's L? continues to prove that Sicily has more stories to tell than just Etna. Indigenous whites have found their audience, and the island's diversity remains compelling. But did non-Etna Sicily become the story I predicted? It's complicated. Etna itself became such a juggernaut that it overshadowed everything else on the island. The whites I championed are still there, still good, still reasonably priced. But the spotlight moved to the volcano, and everything else became supporting cast. Chianti Rufina and Montespertoli - The Steady Hand Selvapiana remains Selvapiana ? timeless, reliable, a wine that makes me feel smarter than I am. Sonnino continues its quirky excellence. These weren't dramatic predictions, and they didn't produce dramatic results. They're the tortoise in a world obsessed with hares. Sometimes being right means being steady, and I'll take it.
Abruzzo Trebbiano - Through a Lens Lightly Trebbiano d'Abruzzo is still affordable, still clean, still perfect with grilled fish. It didn't become trendy. It didn't need to. Perhaps this was less prediction than affirmation ? a love letter to a wine that has always been there and always will be. The cult bottles (Valentini, Pepe) are now absurdly expensive, but the everyday expressions remain honest and true. Maybe that's victory enough. Onward Through the Fog So what does the crystal ball show now, in 2025? I see producers in unexpected places ? Campania's whites beyond Fiano, the volcanic soils of Lazio's Castelli Romani being taken seriously for red wine, the continued rise of Alpine wines from Alto Adige and Valle d'Aosta as climate change reshapes what's possible. I see a world where "natural" has become less dogma and more integrated, where small importers continue to unearth treasures, where affordability becomes increasingly precious as global wine prices march upward. But mostly I see what I've always seen: Italy's endless capacity to surprise, to reward curiosity, to offer joy to those willing to look beyond the obvious. Time to dust off the crystal ball here in flyover country and see what the future has in store. Stay tuned.
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| [10/15/2025, 10:00] | Your Essential Guide to Italy's DOC and DOCG Wines - 2025 Version |  | You're standing in front of a wine list. Barbaresco, Barolo, Brunello?all those B's swimming together. Someone at the table asks what the difference is between DOC and DOCG, and you realize you're not entirely sure yourself. Or maybe you are sure, but explaining it without sounding like you're reading from a textbook is another matter entirely. I've spent forty years navigating Italian wine in America, and I still find myself circling back to these fundamentals. Not because they're complicated?they're not, really?but because understanding them changes how you see the entire Italian wine landscape. It's like learning to read the grain in a piece of wood before you start carving.
The Architecture of Italian Wine Think of it as a pyramid, if you must have a structure. At the base, generic wines?what we used to call table wines before that term fell out of favor. Then IGT/IGP, wines with geographic indication but breathing room in the regulations. And at the top, DOC and DOCG. But here's what matters about IGT, which was initiated in 1992: there are 119 of them, and some of Italy's most expensive and sought-after wines have carried this designation. The Super Tuscans that rewrote the rules in the 1970s and 80s started as vino da tavola, before there was even an IGT classification ?wines like Sassicaia (now Bolgheri Sassicaia DOC) and Ornellina (now Bolgheri DOC) that planted Cabernet in Tuscany when that was heretical. These producers deliberately chose to work outside the DOC system because they didn't want to be bound by regulations that prohibited what they were trying to do. IGT was created later, in part to accommodate these wines. IGT doesn't mean inferior. It means different choices. Interestingly, Piedmont?despite having 60 denominations?has zero IGT wines. The region has structured its entire quality wine production within the DOC and DOCG framework. Currently, Italy has 410 quality wine denominations. That's 78 DOCGs and 332 DOCs. Both are technically the same level under EU law?DOP, Denominazione di Origine Protetta?but Italy maintains the distinction because DOCG is meant to represent the pinnacle. The guarantee. What makes a DOCG? It has to have been a DOC for at least ten years first. The wines must pass tasting panels. The rules are stricter?specific grape varieties, precise production areas, aging requirements. When you see that numbered band wrapped around the neck of a bottle, you're looking at Italy's way of saying this wine matters. This place matters. Where the Wines Come From Piemonte dominates the count with 60 total denominations?19 of them DOCGs. Barolo, Barbaresco, Gavi, Nizza. Names that mean something when you put them on a wine list. Toscana follows with 52, including Brunello di Montalcino and Chianti Classico. Veneto brings 43 to the table, among them Amarone della Valpolicella and the various Prosecco designations. But the distribution tells you something about Italian wine politics and history. Piemonte and Veneto have the most DOCGs?19 and 14 respectively. Meanwhile, Trentino-Alto Adige and Liguria have zero DOCGs but produce excellent DOC wines. Does that mean their wines are lesser? Not to anyone who's tasted a good Alto Adige Pinot Bianco or a Rossese di Dolceacqua. Then there's the south. Puglia has 32 denominations but only 4 DOCGs. Sicilia? Just one DOCG?Cerasuolo di Vittoria?but 23 DOCs. The designation doesn't tell you everything about quality. It tells you about tradition, about how long a region has been navigating the bureaucracy, about political will and consortium organization.
The Original Four and What's Happened Since In 1980, the first DOCGs were awarded. Brunello di Montalcino and Vino Nobile di Montepulciano from Tuscany. Barolo and Barbaresco from Piedmont. Two regions, four wines. Since then, in 45 years, only 74 more have been added. That tells you something. Italy doesn't hand out DOCGs like participation trophies. The most recent? Just five since 2011: Canelli, Nizza, Terre Alfieri, Terre Tollesi/Tullum, and Cir? Classico. That last one?Cir? Classico?just received EU recognition in July 2025. It's Calabria's first DOCG, a significant moment for southern Italian wine. The designation elevates what was previously Cir? Rosso Riserva DOC, made from at least 90% Gaglioppo in the historic communes of Cir? and Cir? Marina along the Ionian coast. Thirty-six months of aging required, minimum six in wood. The application process started in 2019. Years of work by the Consorzio di Tutela Vini DOC Cir? e Melissa. Proving historical significance, demonstrating consistent quality, navigating layers of bureaucracy at both Italian and EU levels. When a new DOCG appears, it matters. Beyond that, the real movement in recent years has been at the DOC level. Delle Venezie DOC and Riviera del Garda Classico DOC, both approved in 2017. These multi-regional DOCs?spanning Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige in the case of Delle Venezie?reflect how Italian wine law is adapting to market realities while still trying to respect terroir-based traditions. It's a slow evolution, and probably that's as it should be. What This Means in Practice When you're building a wine list or training staff or just trying to make sense of what you're tasting on a buying trip through Piemonte, this system gives you a framework. A DOC isn't automatically inferior to a DOCG. Some producers make outstanding DOC wines that drink circles around DOCGs from less talented winemakers. But the system does tell you something. When someone orders a Barolo, you know it's Nebbiolo from specific hillsides, aged according to regulations that have been argued over and refined for decades. When they ask for Chianti Classico, you know it's at least 80% Sangiovese from the historic heart of the Chianti zone, not from the expanded areas that were added later. Some denominations span multiple regions?Prosecco DOC covers parts of Veneto and Friuli-Venezia Giulia, Lugana DOC straddles Lombardia and Veneto. These inter-regional denominations remind us that great terroir doesn't always respect administrative boundaries drawn on maps in Rome. Italy's wine classification system can seem Byzantine. In some ways it is. But it exists to protect tradition, ensure quality, give consumers confidence in what they're buying. You don't need to memorize all 410 denominations. But understanding the structure?knowing where to find the complete list when you need it?that serves you well. Every single day in this business. * further reference: Denominations of Italy by Region (from Italian Wine Central) wine blog + Italian wine blog + Italy W | | TrackBack> |  |  |  |
| [10/12/2025, 09:59] | Ten Years After: What I Got Right (and Wrong) About Italian Wine in America |  |
A decade ago, I threw some educated guesses into the wind about *where Italian wine in America was headed. Looking back is still easier than looking forward, but at least now I have some data. The past is dust, remember? But sometimes it's instructive dust. The Hits Barolo's Trophy Pricing - Called it. The Burgundization of the Langhe is now a fait accompli. Top producers command hundreds of dollars per bottle now. Kiss affordable Barolo goodbye. Those alternative Nebbiolo zones I mentioned - Carema, Boca, Ghemme - they're the only game left for those without offshore accounts. Private Labels - From national chains to one-man pizzerias, I said. It got even crazier. Captured labels are massive business. Those Italian wineries making bank on this? Still spending August on the beach. The Sommelier Love Affair - After years of tastevin-wielding abuse about French superiority, those young lions won their battles. Italian wine is essential sommelier knowledge now. Have they gotten normal people beyond the Big Four? Not really. But they've made headway. Of course, if you ask them, they ?discovered? Italian wine for the rest of us. Red Blends - Still camping on wine lists everywhere. Sicily, Puglia, the Marche - all found their footing with blends as the entry point, just like I said.
The Faceplants Seven Fifty Daily - I put all my money on this baby. Called it brilliant, said I was all in. It's still around, but it never became the game-changer I thought it would be. The bridge between three-tier and newer communication? Not as revolutionary as I hoped. Delectable - "I get no kick from (pics of) Champagne." Called it narcissistic wine selfies and predicted it would morph or die. It's limping along, but Vivino won. Right diagnosis, wrong survivor. Franciacorta's Time - "It's time," I said. It wasn't. No breakthrough. No $12.99 bottles at Trader Joe's. Prosecco kept winning. Etna's Fetishization - "We're going to beat this one with a stick," I wrote. We didn't. The rustic, hard-to-navigate Sicilian cultural crust actually protected it from trend followers. It had its moment without becoming the overexposed mess I feared.
What Blindsided Me Natural Wine - Mentioned it in passing but "misunderestimated" how it would become the darling of the eno-warrior set. Still niche, but low-intervention and organic Italian wines gave certain producers serious cachet. AI and Wine - Here's what I couldn't see: AI sommelier apps, ChatGPT writing tasting notes, algorithms recommending wines based on your dinner photo. Machine learning curating lists, generating content faster than any blogger. Whether it helps or hurts wine education is debatable, but it's here. And it might be writing better tasting notes than half the people who got paid to do it. Social Media's Evolution - Instagram mattered more than I thought, then TikTok arrived. Wine TikTok? YouTube wine education? I was driving around in a Model T waiting for the next model. Turns out there were several daily drivers. The Pandemic - Recalibrated DTC and dented the three-tier system I was watching crumble. Mid-size distributors still can't get critical mass or capital. They come and go, like I said. The Drinking Decline - Here's the big one I missed: people aren't drinking like they used to. Older generations cutting back for health reasons. Younger ones for health and economic reasons - they can't afford rent, much less a $40 Chianti. And now we've got a medical establishment trending towards neo-prohibitionistic behavior, with every study screaming that no amount of alcohol is safe. This isn't just a headwind for Italian wine. It's a category five hurricane.
The Scorecard I focused too much on specific platforms instead of understanding the ecosystem would keep evolving. Seven Fifty and Delectable were symptoms, not the cure. What I got right: pricing trends, distribution dysfunction, the sommelier trajectory. That Dalla Terra model I praised? Still working. Mid-size distributors? Still dying the slow death I predicted. Wine blogging was already post-mortem when I wrote that piece - a chicken running around after its head was cut off. What rose from the corpse? Everything from Substack to TikTok to AI that may or may not know Barolo from a hole in the ground. What hasn't changed: I'm still keeping vigil for Italian wine's success in America. Still making sure the squirrels don't eat my eggplants. The next ten years? Ask me in 2035. But I'm done betting on any single platform. And I'm watching those machines with one eyebrow raised. Oh, and now there are Trump's tariffs to contend with - because apparently Italian wine needed another obstacle course. Twenty-five percent on European wines? That's going to reshape pricing, margins, and what gets imported in ways we're just starting to understand. Add that to inflation eating everyone's discretionary spending, a generation that can barely afford groceries much less wine, and a medical establishment hell-bent on telling us every glass is poison. Maybe it pushes more DTC. Maybe it kills off more mid-size importers. Maybe it finally forces that distribution paradigm shift I've been on the lookout for. Or maybe we're all just screwed.
Either way, I'll be here with a glass of Trebbiano in hand, watching it all unfold. wine blog + Italian wine blog + Italy W | | TrackBack> |  |  |  |
| [10/05/2025, 07:00] | A Hundred Years Wrapped in Etna?s Fiery Embrace |  | Mapping the Life and Soul of a Wine Born from Fire and Time "A fascinating wine showing flower stems, orange peel and bark with some dried mushrooms. The structure and length are exceptional with a medium to full body and tight, focused tannins. Ends with a persistent, polished and refined finish. Caresses in every sense. Better in five years but if you get the chance to drink now, go for it!" 98/100 So wrote James Suckling in 2024 about the 2022 Terre Nere Etna Rosso 'Prephylloxera' La Vigna di Don Peppino/ Caldera Sottana Last week, a few of us friends gathered for a long, laughter-filled luncheon?one of those radiant affairs where time bends, stories sprawl, and the corks keep popping. Among the bottles opened that day, one stood out?not just for what it was, but for what it promised to become. The 2022 Terre Nere Etna Rosso 'Prephylloxera' La Vigna di Don Peppino is a wine forged in fire?literally, born on the volcanic slopes of Mount Etna, where ancient vines dig deep into ashen soil. It inspired something more than just notes and ratings. It begged for a myth. So I decided to trace this wine?s imagined evolution over a hundred years?through time, memory, and metamorphosis. To help, I enlisted my clandestine consigliere, ???fonso?an arcane ignis fatuus who whispers tweaks, nudges metaphors, and occasionally channels the Ancient Greeks. ???f claims to see the long arc of a wine?s soul. I'm simply the relayable messenger. Who better to guide such a journey than Empedocles, the 5th-century B.C. Greco-Sicilian philosopher-poet who believed all matter arose from the eternal dance of Earth, Air, Fire, and Water?and who famously dove into the molten mouth of Etna in a bid for godhood. There's also a dollop of Isaac Asimov in these notes (with a bob to his nephew, Eric, who once critiqued the entire genre in his famed Napa lecture ?The Tyranny of the Tasting Note.?) These are not a tasting notes in the conventional sense. This is something else entirely. So, with Empedocles as our mythic narrator, and ???fonso in the co-pilot seat, let?s imagine what a hundred years in the life of this wine might look like. 2022 Terre Nere Etna Rosso 'Prephylloxera' La Vigna di Don Peppino/Caldera Sottana - 100 years of tasting notes 2025 ? The Youthful Wanderer In its youth, the wine is a bright-eyed wanderer, full of restless energy and sharp curiosity. It dances lightly with flower stems and bursts of fresh orange peel, carrying the rough bark of the earth on its shoulders and the secret scent of dried mushrooms in its pocket. Its body is strong, taut with focused flavonoids like the sinews of a runner eager to sprint. It moves with promise, leaving a polished trail that caresses the senses, a lover?s gentle touch. Though still learning, it beckons you to join its journey now, even as it dreams of future horizons. 2027 ? The Poised Artisan Now in its 5th year, the wine has grown into a poised artisan?confident, composed, and richly layered. The bright spark of youth softens into the grace of dried rose petals and candied citrus, its hands skilled in weaving the earth?s gifts?aged leather, forest floor, truffle whispers?into a tapestry of flavor. Its once taut tannoids have relaxed into velvety strength, carrying the wine with effortless balance. It smiles knowingly, finishing with a long, contemplative sigh of dried herbs and savory spice. It invites you to drink with patience or now, savoring its elegant mastery.
2037 ? The Wise Guardian Fifteen years have tempered the wine into a wise guardian?steady, deep, and full-bodied. The youthful brightness has matured into layered memories: dried roses, aged citrus, and the quiet strength of forest earth enriched with umami. Its frame is silky, polyphenols softened like worn leather; it stands firm yet gentle, guarding its secrets with quiet dignity. The finish lingers like a thoughtful nod, polished and persistent. This guardian envelops the senses now, embracing patience as its greatest virtue. It welcomes those who listen deeply.
2047? The Distinguished Elder After twenty-five years, the wine has become a distinguished elder?a figure of quiet authority and rich history. The bright tones of youth have gracefully bowed to a tapestry of aged aromas: dried rose, tobacco leaf, worn leather, and the subtle earthiness of truffle. Beneath this wisdom flicker faint echoes of citrus, softened by time. Its phyto-kems have resolved into a velvety cloak, medium-bodied but profound in presence. The elder moves with calm confidence, finishing like a fading memory?long, elegant, complete. It does not seek to impress but to be respected and understood.
2072 ? The Reflective Sage At fifty, the wine is a reflective sage?no longer chasing the brilliance of youth but savoring the richness of experience. Its youthful vibrancy has mellowed into introspective calm. Dried herbs and worn leather mark its weathered face; old wood and earth breathe softly in its presence. Its frame has thinned but stands strong, a quiet strength that needs no boasting. The finish is gentle, lingering like a soft farewell spoken in a quiet room. It invites you to listen carefully?not to drink, but to commune with memory and wisdom, a voice shaped by time itself. 2122? The Revered Ancestor At one hundred years, the wine is a revered ancestor?a stooped but sharp-eyed elder in the cut of a Hari Seldon-esque visage, seated in the deep chair of time. Its vibrant youth has faded to the scent of dried letters in a cedar box, the citrus and mushroom notes mere whispers of a life well-lived. Its structure is fragile yet proud, catechins softened to gentle memories. It speaks not in loud tones but in slow, thoughtful whispers, inviting you to sit and listen. This ancestor does not dazzle or delight?it remembers, reflects, and shares the dignity of centuries passed. Drinking it is not an act of tasting but a meditation over the persistence of memory and the soul of time. wine blog + Italian wine blog + Italy W | | TrackBack> |  |  |  |
| [09/28/2025, 10:29] | Examining Cultural Appropriation in Italian-Inspired Cuisine: A Closer Look |  | Recently, I read an article in the local paper about a chef who opened an Italian-styled restaurant and the food they are serving. One dish on the antipasti list was a late addition after the chef tried a ros? vinegar and decided it had to be incorporated. The result was Prosciutto e Melone made with Texas cantaloupe, culatello (an Italian cured ham similar to prosciutto but from a different cut and aged differently), lightly candied hazelnuts, figs, and basil. The dish is dressed simply with olive oil and the lightly sweet ros? vinegar.The chef noted ironically, ?We have a lot more of what people consider traditional Italian,? but also admitted, ?we couldn?t skip the opportunity to put chicken parmesan on the menu.? What Does ?Traditional? Really Mean? Before we proceed, let?s clarify what we mean by traditional. - Traditional refers to beliefs, customs, and practices handed down from generation to generation, often by word of mouth or continued practice.
- It implies adherence to customs, values, or styles that are long established and, sometimes, old-fashioned.
Similarly, the root of the word appropriate comes from the Latin ad propriare, meaning ?to make one?s own.? With these definitions in mind, I wonder: when looking at Italian menus ? both in America and in Italy ? are the dishes truly traditional? Or are they inspired? When chefs take liberties to ?make a dish their own,? are they improving on tradition, or veering away from authenticity? And importantly, is that necessarily a good thing?
Tradition as a Living, Evolving Practice It?s worth remembering that Italian cooking itself has always been dynamic. Italian cooks have adapted recipes since Roman times, incorporating ingredients like tomatoes, peppers, potatoes, and corn ? all introduced to Europe from the Americas centuries ago. Tradition has never meant static or unchanging. Take the example of Prosciutto e Melone. Its beauty lies in simplicity: the salty fat of the prosciutto balanced by the ripe sweetness of melon creates a harmonious dance of flavors ? salty and sweet, acid and fat. Where Does the Chef?s Dish Fit? The chef?s version swaps prosciutto for culatello, adds lightly candied hazelnuts, figs, and basil, and dresses it with olive oil and a lightly sweet ros? vinegar. Let?s consider these ingredients: - Culatello is a close relative of prosciutto, differing only slightly in cut and aging.
- Hazelnuts predominantly come from Piedmont in Italy.
- Basil, while grown in many Mediterranean climates, is famously associated with Liguria (think pesto Genovese).
- Figs mainly hail from Southern Italy ? Sicily, Calabria, Campania, and others.
- Prosciutto is traditionally from Emilia-Romagna and Friuli, but can also be found in the Marche and other regions.
The use of Texas cantaloupe, however, introduces a distinctly American element.
Is This Fusion Respectful or Confusing? Does this dish risk becoming a ?culinary bastard? ? a confusing mix of flavors that struggle to balance sweet, fat, and acid? Or is it a respectful evolution ? a food that reflects a reunified Italy, combining regional flavors into a single dish? The chef insists the menu is ?traditional,? yet the additions ? candied nuts, figs, sweet vinegar ? push the boundaries of what one might consider classically Italian. The dressing of oil and vinegar might even shift the dish toward something resembling a salad rather than a traditional antipasto. Cultural Appropriation or Culinary Dialogue? At its core, cultural appropriation is about making something ?one?s own,? but it also carries questions about respect, authenticity, and power. In the case of culinary matters, maybe culinary appropriation is more apt. But questions still remain. When does borrowing from a culture become exploitation or misrepresentation? This chef?s dish raises important questions: - Is it an homage to Italian tradition, thoughtfully re-imagined with local ingredients?
- Or is it an example of cultural appropriation ? using Italian cultural symbols and flavors without full context or respect for their origin?
- Who decides what is ?traditional,? and who benefits from this reinvention?
A ?Dialogue of the Deaf?? The French phrase dialogue de sourds ? literally, a ?dialogue of the deaf? ? describes a situation where two parties talk past each other without understanding. This seems relevant here. In culinary culture, appropriation risks becoming a one-way act: a culture?s dishes and symbols taken and transformed without meaningful exchange or respect, leading to misunderstandings and tensions. Why Culinary Appropriation Is Not a Neutral Act Some may argue that culinary appropriation is simply part of cultural exchange and evolution. Yet, it is crucial to recognize the deeper harms appropriation can cause. It often strips dishes of their cultural significance and context, reducing rich traditions to mere trends or exotic novelties. More troublingly, it can perpetuate power imbalances where dominant cultures profit from the foods of marginalized or colonized communities without acknowledging or respecting their origins. In the case of this Italian-inspired dish, the casual blending of ingredients and reinvention under the guise of ?traditional? risks erasing the authentic stories and histories embedded in those foods. It becomes less about respect and more about commercializing culture. Thus, culinary appropriation is not a neutral or benign act. It can reinforce cultural misunderstandings and contribute to the commodification of heritage. This is why it demands critical scrutiny rather than celebration. Respectful culinary exchange requires more than just borrowing flavors ? it requires deep engagement, acknowledgment, and responsibility. Invention or Capitulation? The Battle for Authenticity This dish and the chef?s approach exemplify the complex tension between tradition and innovation, cultural borrowing and appropriation. While culinary traditions are naturally evolving, appropriation can cross a line when it disregards the histories, meanings, and power dynamics tied to the food. The chef?s dish prompts us to ask: Is this an informed and respectful homage, or does it simply repurpose a culture for profit and novelty? Without awareness and respect, such acts risk perpetuating cultural erasure rather than fostering genuine dialogue. In the end, cultural respect in cuisine is not optional ? it is essential. When borrowing from a culture?s food, chefs and diners alike must engage with humility, understanding, and responsibility to ensure that culinary exchange honors, rather than exploits, cultural heritage.
And we haven't even gotten to the wine part. Not yet. wine blog + Italian wine blog + Italy W | | TrackBack> |  |  |  |
| [02/21/2025, 09:06] | Ho pubblicato un reel |  | Un reel, uno short, s? insomma quei filmati veloci, hai presente. Non ? farina del mio sacco, l'autore ? questo gentiluomo, ma ? perfetto per descrivere come io la pensi circa questo: in breve, si parla di un fatto, l'alcol fa male o no? Il cliente che frequenta il luogo analogico della mia enoteca gi? lo sa, perch? glielo ripeto anche io: l'alcol fa male. Che a dirlo sia quello che vende alcol poco importa, sarebbe (sempre) il caso di dire le cose come stanno. Dopodich?, io (e il mio cliente) siamo gente che beve alcolici, solo dovremmo farlo con attenzione, misura, cautela, posto che bere alcolici fa parte di una serie di comportamenti che ci mettono a rischio: andare in moto, fumare, intrattenere frequenti rapporti con l'Agenzia delle Entrate: posso garantire che sono tutti comportamenti dannosi per la salute. Per questo le supercazzole che negano il fatto si meritano il reel che segue. | | TrackBack> |  |  |  |
| [04/12/2024, 09:45] | Genova Wine Festival 2024, due o tre cose che so di lui |  | La seconda edizione del Genova Wine Festival, da qui in poi GWF, anno 2020, era bella che pronta a partire ma il lockdown ce l'ha levata di sotto il naso. Annullata, cancellata, non si fa. Tutto quel che ? successo dopo ? storia, ma ora che parlo di GWF 2024 non posso non iniziare con questo ricordo spiacevole. Un giorno studieranno questo incipit nelle scuole di scrittura creativa e lo indicheranno come esempio negativo: non iniziate un racconto con una menata. Quindi per emendarmi un po' da questo attacco respingente vi dico che succede adesso, ma a modo mio, per punti, elencando con attenzione le cose che non leggerete nei comunicati stampa. Che non cielo dicono.
Nota di stile: i link li metto tutti alla fine cos? se non vuoi sorbirti il pippone scrolla gi? in fondo.
Il Genova Wine Festival ? una figata Nel panorama delle infinite rassegne enoiche questa ? una fiera su invito. Significa cio? che noi, il team di Papille Clandestine che organizza, ci siamo tolti lo sfizio di creare il nostro dream team degli espositori, scegliendo chi ci piace. Questa cosa ha creato infiniti guai per un motivo essenziale: le aziende eno che hanno successo e vendono tutto il prodotto senza alcuna fatica non fanno fiere. "Non ho vino. A che mi serve? La domenica riposo. Non ne ho voglia. Quel giorno ho judo": normalmente ci hanno risposto cos?. Quindi li abbiamo implorati (alcuni anche moltissimo): per favore, siamo simpatici, siamo creativi, siamo umili, facciamo cose. Ha funzionato con una cinquantina di loro, che qui adesso ringrazio ancora, mentre a quelli che ci hanno risposto gne gne posso solo dire: vabb? tanto ci riproviamo l'anno prossimo. (Che a dirla tutta, veramente no, c'? pure qualcuno che ci siamo detti: "questo ? simpatico come un ausiliario del traffico e lo depenniamo forever". Sei forse tu, che leggi ora, quello? Eh, saperlo).
Papille Clandestine ? una macchina da guerra L'associazione che organizza GWF si chiama Papille Clandestine ma nessuno la chiama cos?, ci chiamano tutti Papille Gustative e io ormai ci ho rinunciato a correggere, ragazzi cambiano nome che tanto usano quell'altro. Comunque sia l'associazione ? composta da una cupola di (circa) una dozzina di pazzi furiosi, quorum ego, ognuno dedito a uno o pi? aspetti che compongono una fiera del vino: il termine "logistica" non spiega niente, ci sono un milione di dettagli che vanno incastrati con precisione e i papilli (chiamiamoli cos? che faccio prima), durante innumerevoli riunioni operative nottetempo che manco i carbonari, sono esattamente i cavalieri che fecero l'impresa. Ogni dettaglio ha avuto il suo curatore, e ogni associato ha lavorato assai. Io per esempio mi sono occupato tra l'altro di laboratori (alcuni), eventi off GWF (alcuni) ma soprattutto una parte che ho amato molto, sognare a occhi aperti: "Fiorenzo chi chiameresti? - Ecco, io vorrei questo e quello". E poi via cos?.
La ricaduta sul territorio Questo capoverso ha un titolo troppo serio, era meglio se lo cambiavo con uno cazzaro. Per? un po' ? vero, ci piaceva l'idea che la citt? risentisse in positivo di questa rassegna. Per questo ci sono numerosi eventi che collegano alla rassegna le realt? produttive cittadine (sto parlando come un assessore leghista, lo so, ora la pianto). Insomma ci sono queste serate in diversi ristoranti ed enoteche di citt? che comunque generano una vibe positivissima intorno al GWF. (Ho usato "vibe", ora sono a posto). Inoltre questa fiera consente l'accredito gratuito agli operatori, e signori miei questo succede a Genova, scusate ma mi pare rilevante. Di nuovo, ci piace accogliere gli enofili e ci piace avere un occhio di riguardo per quelli che fanno del vino il loro lavoro: come mi disse una volta un signore che stimo, "il vino si fa per venderlo".
E direi che basta, come post che annuncia "arriva il GWF 2024". Ci si vede il 4 e 5 maggio. Ecco i link come promesso.
Genova Wine Festival ? una (orgogliosa) produzione di Associazione Culturale Papille Clandestine. La homepage di GWF ? qui, contiene tutto quel che c'? da sapere (tipo quali aziende ci sono). Siccome tutto accade a Palazzo Ducale a Genova, date un'occhiata alla location (La grande bellezza, proprio). | | TrackBack> |  |  |  |
| [02/22/2024, 12:23] | Report, quello di adesso, 2024 |  | Perch? scrivere l'ennesimo wall of text quando c'? gi? chi se la sbriga meglio, e pure velocemente? Allora tanto vale linkare Ernesto Gentili, che dice tutto quel che va detto sulla nuova puntata di Report dedicata, con modi sommari, alla nostra bevanda del cuore. Giusto una citazione:
"Dopo aver sentito definire WineandSiena come uno degli eventi pi? importanti del panorama nazionale e aver scoperto, bont? loro, che ci sono perfino due produttori (uno scovato in Abruzzo e uno in Veneto) dall?animo puro, qualche dubbio che ci stiano prendendo in giro pu? anche sorgere". | | TrackBack> |  |  |  |
| [11/03/2023, 10:09] | Di Fornovo, fiere, fastidi, e un libro (fondamentale) |  | Sono partito per Fornovo avendo in testa questo passaggio, tratto dall'opera pi? fondamentale recente sul vino (Epistenologia, cio?).
?Esco dall?ennesima fiera del vino, vivo vitale naturale indipendente nudo critico resistente e corsaro, con consueto disagio e un gran mal di testa. Non sono i solfiti, certo che no, e poi tanti vini che ho amato son qua, gli irregolari e scomposti. Non ? questo, non ti agitare: non ho cambiato gusti rispetto al precedente viaggio. ? piuttosto il chiacchiericcio costante da indulgenze plenarie, tutta quella polvere che l?ambulare continuo da un banco a un altro, da un ?prova questo? a quest?altro solleva, insieme alle solite baggianate sulle annate e le frasi fatte che le accompagnano. Tutto questo mi procura un po? di fastidio, ma sono io, non ? certo colpa del vino. Abbiamo conosciuto dei vecchietti siciliani un po? persi e sperduti per la prima volta evidentemente portati a Milano perch? ora il loro ?prodotto? si vende. Mi piace il loro vino ma non per quel misero assaggio al banchetto, dosi talmente omeopatiche che sembra di essere in quel film di Antonioni dove si gioca a tennis senza pallina; mi ? piaciuto perch? mi piacciono loro, e questo non ? un surrogato rispetto al piacere del vino. Anzi, ormai sono questi gli aspetti del vino che noto: quella frase ?conta solo quel che ? dentro il bicchiere? ? qualcuno ancora lo dice, e con supponenza, come se rivelasse una verit? persino profonda ? non vuol dire nulla. Non c?? nulla solo dentro il bicchiere, perch? quel che ? dentro ? sempre anche fuori. Nemmeno dal rigoroso punto di vista delle ricerche sul percepire: perch? gustare, come ormai sanno tutti, ? multi- e cross-sensoriale. Poi una volta che esco m?infastidisco anche di me che ho provato fastidio?
Insomma ero malmostoso, preventivamente. Ma poi quell'ultimo passaggio, "mi infastidisco anche di me che ho provato fastidio", per me arriva a proposito, siccome mi ci specchio dentro da un pezzo. A Fornovo pioveva (ma che notizia ?, del resto)Fatto sta che ho improvvisato qualcosa per evitare il fastidio. Questa edizione di Fornovo era per me pi? libertaria del solito, non avevo mappe o desideri. Cos? in mezzo ai molti produttori notissimi, con folle di assaggiatori al tavolo, ho scelto sempre i tavoli dove il produttore meno noto, o proprio sconosciuto, era da solo, mezzo triste mezzo assonnato. Ecco, ho fatto una raffica di assaggi cos?. E sono stati quasi tutti assaggi molto interessanti, al punto che pure essendo partito per Fornovo pensando "non mi serve nulla" adesso ho tre o quattro nomi che considero con favore. Forse questa formula destrutturata si rivela ideale, ma comunque Fornovo non ha deluso nemmeno quest'anno.
Sconosciuti a me, sconosciuti al mondo come lo frequento, il mondo digitale, internet, la conoscenza condivisa. Che nel frattempo ? diventata cosa? Pure quella vittima di una forma di enshittification, ovvero: alcune cose cambiano, ma inevitabilmente in peggio. Potrei fare qualcosa in proposito per rimediare, uno di quei post riassuntivi di nomi, aziende, assaggi, schede, punteggi. Ma ci sono due problemi: ho detto che ho scelto in via preventiva produttori depressi e abbandonati, ora che figura ci faccio ad elencarli? Ma soprattutto: siccome non possiamo non dirci perulliani, cio? seguaci della filosofia di tanto autore, che smonta senza scampo chi fa il mestiere del redattore di schede (io, tra l'altro!), come si fa?
Ci? ? fastidioso, no? E ovviamente m?infastidisco anche di me che ho provato fastidio. | | TrackBack> |  |  |  |
| [10/18/2023, 11:58] | Due assaggi della domenica e si scopre che |  |  Quando arriva domenica metto da parte qualche assaggio della festa, e riservo a quel giorno bevute che immagino pi? divertenti. Anche se come sempre quando apro una bottiglia di vino non so mai davvero cosa mi aspetta, come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump. C'? un'idea di massima, spesso delle aspettative, che finiscono sempre per intralciare l'assaggio, o ti deludono o resti sorpreso, ma appunto non sai mai.
Ecco il Rosso di Montalcino 2022 di Tiezzi: produttore molto stimato per il lungo cursus honorum, per aver fatto cose grandiose col sangiovese a Montalcino su due piccoli vigneti, il Poggio Cerrino e Vigna Soccorso. Dunque mi aspettavo la sangiovesitudine e la montalcinit? (non saprei come dire meglio) in fondo a quel bicchiere. Aspettative molto soddisfatte: il Rosso subito ha un naso truculento di sangue e macelleria, poi si quieta piano verso il mentolato (un naso di erba aromatica, verde, direi) e il frutto. Bocca super salda, tannino davvero squillante, sorso dritto e verticale, come a dire di grande soddisfazione, nel complesso un vino che mi piace perch? non rinuncia al carattere ruvido e nello stesso tempo ? appagante, sul finale risulta confortevole a dispetto delle premesse e del quadro generale. Ma come ci riesce? Beh, ci riesce. Il genere di assaggio che vorrei rifare il giorno dopo.
E una retro etichetta non ce la vuoi mettere?
Nel relax del fine pranzo risento il Rum Millionario 15 Reserva Especial, solera, che viene dal Per?. Posso ripetere quel che ho detto l? per l?: non me lo ricordavo cos? buono. Assaggio che supera le aspettative quindi, perch? io guardo spesso al Rum (quello nello stile dolcione, perlomeno) come a una bevuta un po' appesantita dalla zuccherosit?, tant'? che il Rum migliore ? quello che riesce a maneggiare la botta mielosa alternandola ad altro - ma a cosa? Qui c'era in effetti un alcol pulito, l'invecchiamento col metodo solera lo ha asciugato, la bocca era sollecitata ma non stuccata di dolcezza lasciva. Caspita, mi dico da solo, bravo Millionario, bel lavoro. Ancora adesso non so come mai non lo ricordassi cos? bene, serviva proprio il ripasso della lezione.
Ora mi devo studiare qualcosa di nuovo per la prossima domenica, vediamo che mi invento.
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| [10/10/2023, 10:05] | Brut Tradition Vorin-Jumel. Le basi, proprio |  | Qualche considerazione dopo l'assaggio del nuovo Champagne Brut Tradition di Voirin-Jumel. Nuovo in quanto c'? stato un piccolo cambiamento nelle percentuali delle uve dell'assemblaggio, ora predomina il pinot nero col 61%, il restante ? chardonnay. Fino a un paio d'anni fa era cinquanta-e-cinquanta. Essendo arrivato fresco fresco, potevo esimermi dall'assaggiare subito, curioso come sono? Non potevo. Direttamente dalla mia galleria personale
Quindi ecco: il pinot nero prevale quanto basta, senza strafare, cio? non esagera in potenza ma fa il suo bel lavoro, conferisce una certa fierezza. Lo chardonnay segue a ruota, in secondo piano ma certo non dimesso, col suo corredo di crema pasticcera, insomma un po' di delicatesse che serve a completare il quadro. La retro etichetta ? del genere parecchio esplicativo, ci tiene a dire tra l'altro che la cuv?e in questione ? essenzialmente figlia della vendemmia 2020, e fa bene siccome ? una bellissima annata, col tradizionale saldo di vini di riserva.
Questo ? il genere di Champagne-base che praticamente ogni maison ha nel suo listino, in un certo senso ? il vino che rappresenta lo stile e le capacit? appunto basiche di chi produce. Per me i brut tradition (spesso si chiamano tutti cos?) sono assai significativi, perch? definiscono la champagnitudine (esiste 'sta parola? Boh) in maniera essenziale: eccolo qui, lo Champagne. Un po' come quando metti alla prova lo chef chiedendogli di fare la pasta al burro: vediamo un po' quanto sei bravo. E succede che quello ti stupisce tirando fuori un gran piatto, fatto di semplici materie prime di alto livello, e classe nell'esecuzione.  La retro in tutta la sua dettagliata spiegazione
Ma questo brut tradition, si diceva: bello e godevole, profuma di agrume e pan brioche, in bocca ha la vena salata tipica del genere, con quel dosaggio zuccherino che non ? n? poco n? tanto, ma ? in grado di sedurre le masse. Nuovamente, questa ? la missione delle cuv?e basiche, essere facili senza tradire la verve della tipologia. E farsi bere con volutt?. Il tradition di Voirin non mi delude nemmeno stavolta col piccolo cambiamento nel dosaggio. Ce ne sono tanti come lui, ma questo ? il mio. In quanto scelto da me. | | TrackBack> |  |  |  |
| [07/07/2023, 08:23] | Com'? fatto un produttore di vino |  | Oggi ho mandato un mail ad un vigneron che mi fornisce cose buone. L'indirizzo mail solito ha un autorisponditore, ed ecco la risposta:
Tradotto liberamente: ciao ma ho avuto una bimba, la seconda (la famiglia cresce!) quindi fino ad agosto ho il mio da fare, parlane con mia sorella o col cantiniere (seguono email relativi). Ecco, quando si parla, molto, di differenza tra produzione artigianale e produzione industriale, io ci mettere pure questo, come distinguo: il vignaiolo (vignaiola, in questo caso) artigianale ? un umano, al quale capitano felicemente cose umane, quindi regolati di conseguenza, aspetta un attimo, parlane con chi mi sostituisce perch? adesso non posso. Questo, spero sia chiaro, ? alquanto meraviglioso, ? l'essenza dell'avere a che fare con umani, e non con misteriose SpA, o gente che in vigna ci va per sport, se ci va. E again spero sia chiaro, questa enoteca sceglie pervicacemente fornitori della prima specie. | | TrackBack> |  |  |  |
| [06/09/2023, 12:32] | Di ritorno da Pantelleria, assaggi e cogitazioni laterali |  | Pantelleria ? una terra aspra. Distante, ai confini meridionali dell'Europa, spazzata da un vento impietoso che non a caso ? all'origine del suo nome arabo. Terreno vulcanico, ovunque la lava spunta con le sue lame di pietra nera e affilata. Isola senza spiagge, circondata da scogli inaccessibili fatti della stessa lava che scartavetra le estremit? degli umani, i quali pensando di essere al mare cercano un punto dove, chess?, fare un tuffo. Molto meglio fare camminate in mezzo a quella natura, meglio il trekking. Le strade sono spesso strettissime e inerpicate, ricordano le single track road viste in Scozia, quando preghi di non trovare nessuno in direzione opposta, perch? non sapresti dove accostare. Ma cos? hai la scusa buona per percorrere quelle strade molto lentamente, per goderti i paesaggi spettacolari tutto intorno. Nei pochi giorni in cui ho pilotato la vettura noleggiata, ho tenuto praticamente sempre la seconda marcia. La terza quasi mai. La quarta e la quinta sono praticamente inutili. Il vigneto pantesco (di Pantelleria, cio?) ? fatto cos?. Pantelleria ? una terra estrema e difficile, le piante della vite sono alberelli infossati a proteggersi dal vento, e sono un bel disagio da vendemmiare, l? in basso. Questa terra dove l'uomo ha dovuto creare residenze, i dammusi, fatti di mura spessissime a proteggersi dal caldo che diciamo africano per amore dell'iperbole ma qui lo ? davvero, siccome siamo davanti all'Africa, questa terra durissima produce uno dei vini pi? dolci, flessuosi, accoglienti, confortevoli e deliziosi del globo. Il Passito di Pantelleria sembra la reazione opposta al suo contesto, quasi a contraddire le premesse. Qui sostanzialmente c'? un'unica uva, il moscato di Alessandria o moscatellone o zibibbo, clone diverso dal piemontese moscato bianco di Canelli. Vinificato come vino secco, senza alcun residuo zuccherino, ha l'aromaticit? gradevole del vitigno con un carattere spiccato e, questo s?, direi territoriale, indomito. Nella versione passita tocca il suo vertice, come dicevo pare un negativo fotografico di quella terra. La situazione produttiva enologica a Pantelleria non ? dissimile da quella del resto del mondo: esiste un artigianato encomiabile che propone passiti da tuffo al cuore, struggenti e sensazionali. Esiste anche qualche tipo di industria che fa numeri ed ? certamente pi? pittoresca e turistica, diciamo. Nelle loro cantine si trovano pi? facilmente etichette disponibili e milanesi imbruttiti. I vini della prima categoria sono eternamente introvabili, e pure la visita in cantina ? meno agevole ("venite pure ma vino non ce n'?"). Lascio al mio lettore indovinare quello che piace a me. A questo proposito, ecco un paio di assaggi.
Salvatore Murana Produttore storico, amato, stimato, rispettato. Vini inappuntabili e densi non solo nella struttura della dolcezza, ma anche densi di suggestioni e richiami. Murana ha diverse versioni del suo passito, Martingana imperativo e solenne, Mueggen una pietra miliare, Turb? apparentemente pi? delicato. Gad? ? la versione secca della stessa uva, salino e ampio. Il "Creato" ? raro e prezioso, ora si beve il 1983 (non ? un refuso) perch? affina per decenni, letteralmente. Ho provato a chiedere il suo prezzo, e alla risposta ("costa come un biglietto aereo per Pantelleria") non ho ritenuto di fare altre domande. Certo, che meraviglioso privilegio averlo nel bicchiere, con quel colore brunito e il finale interminabile.  Gli assaggi da Murana. I vigneti intorno.
Da Murana ? visitabile, tra l'altro, il giardino pantesco: costruzione circolare a proteggere, di solito, una pianta di agrume, che senza il riparo non potrebbe crescere.
La retro etichetta del Creato racconta gi? molto.
Mueggen ha un equilibrio perfetto tra frutta essiccata e note marine.
Salvatore Ferrandes Ci vuole un po' di fortuna, nel caso di Ferrandes: per trovarlo, anche geograficamente intendo, e trovarlo disponibile perch? gli impegni che ha sono numerosi, il lavoro in vigna per esempio. E comunque ? un altro produttore che, dati i numeri, ha scarsissimo vino disponibile - abbiamo prenotato qualcosa, abbiamo incrociato le dita, ora speriamo. Il suo passito ha una tensione dolce struggente, tiene impegnato l'assaggiatore per mezz'ore col naso infilato nel bicchiere perch? ogni olfazione ? un nuovo riconoscimento, una nuance inedita. In bocca pressoch? infinito.
La strada per arrivare da Ferrandes ? una cosa cos?. Assaggio di grande intensit?, definitivamente. La (micro) cantina di Ferrandes, solo acciaio, niente legno.
L'uva appassita, peraltro buonissima.
E gli altri che non nomino Nei miei giri per cantine naturalmente ho visitato anche il fashion e il decadente, poi c'? quello che non risponde al telefono e quello che non risponde alla mail, tutti questi non li nomino essenzialmente perch? non ho voglia di grane. Io comunque consiglio, nei preparativi delle visite di cantina, di infilare sempre un produttore che potrei definire industriale, o modaiolo, quello che ha sempre vino e ha la struttura fatta apposta per accogliere l'enoturista: ? un tipo di conoscenza utile, didattica, spesso costoro hanno numerosi meriti, consentono la visione ampia e soprattutto consentono di fare la scelta finale, viste tutte le opzioni. | | TrackBack> |  |  |  |
| [04/01/2023, 09:27] | Aspettati l'inaspettato |  | In questi giorni ho scaricato tra le altre cose il Dolcetto d'Alba 2022 di Francesco Principiano. Produttore di formidabili nebbiolo e Barolo in Monforte, Principiano riesce a stupire pure con cose solo apparentemente piccole, come questo dolcetto.La denominazione del dolcetto ? vasta e varia: Ovada, Alba, Dogliani, Acqui, Asti, e altre che dimentico perch? sono troppissime. Io sono un fan di Ovada, per molteplici motivi che hanno a che fare col chilometro zero (praticamente Ovada ? entroterra di Genova) e col fatto che l? la mia famiglia aveva vigneti, lo scorso millennio, e io facevo vendemmie e lavori connessi. Senza dire che molti Dolcetto di Ovada sono buoni come il pane - e a questo proposito ultimamente da un ovadese fatto assaggi molto interessanti, ma questo ? un altro discorso, e un altro post. Il Dolcetto d'Alba di Principiano, dicevo. Si conosce bene, nel nostro giro, la triste storia del dolcetto albese: volentieri espiantato per far posto al nebbiolo che ? pi? figo e, ops, remunerativo, sta diventando raro (quello buono). Anche per questo ho preso al volo l'occasione di aggiungere il dolcetto agli altri rossi del produttore. E adesso scusate, mi faccio i complimenti da solo, ho fatto proprio bene: che meraviglia nel bicchiere. Floreale di violetta come da accademia dell'assaggio, frutti neri fitti, bocca succosissima e viva, tannini e un po' di agrume rosso su quel finale cos? langarolo, ruvido con simpatia. Un po' non te lo aspetti, ma vedi? Bisogna aspettarsi l'inaspettato. A voler dare punteggi io direi 87/100, in enoteca circa 11 euro, roba da prenderne a casse, ecco. | | TrackBack> |  |  |  |
| [01/11/2023, 08:54] | Intelligenza naturale |  | Probabilmente sapete gi? cosa sia Chat GPT, la miglior versione di intelligenza artificiale in grado di elaborare testi e semplicemente chattare sulla qualsiasi. Oggi ci siamo intrattenuti in una simpatica conversazione, e il risultato, direi, non ? niente male. "Il vino naturale ? un tipo di vino che viene prodotto senza l'utilizzo di additivi artificiali o conservanti e con il minimo intervento possibile durante il processo di produzione. La fermentazione avviene generalmente con lieviti presenti naturalmente sull'uva, senza l'aggiunta di lieviti selezionati in laboratorio. Inoltre, tali vini spesso non vengono filtrati o chiarificati prima dell'imbottigliamento". Con Chat GPT si accede facilmente con l'account Google, per chi non ha voglia di ulteriori login. E con il robot uso modi educati, perch? quando Skynet prender? il potere si ricorder? che sono una personcina a modo, e non mi sterminer?. | | TrackBack> |  |  |  |
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